"Trovare il ritmo assoluto e seguirlo con assoluta fiducia"
(Zorba il greco)
Continuiamo a trarre alcuni brani dal romanzo
Zorba il greco
di
Nikos Kazantzakis:
"La vita umana è una strada tutta cunette e ripide salite. La
gente di buon senso usa i freni: io, invece - e questo, padrone, può forse dare
una indicazione del mio vero carattere - ho rinunciato ad azionarli da molto
tempo, perché non ho paura di una eventuale caduta. Quando una locomotiva esce
dai binari, noi macchinisti parliamo di «incidenti». Il diavolo sa quanti
incidenti io abbia avuto! Giorno e notte, filo a tutto vapore, facendo soltanto
ciò che mi piace; tanto peggio se deraglio e vado in briciole. Che cosa posso
perdere? Nulla. Anche vivendo con prudenza, non finirei un giorno nello stesso
modo? E allora andiamo avanti! [...]
Mi stesi sui ciottoli e chiusi gli occhi: «Che cosa è l'anima?» domandai a me
stesso: «E quale segreto legame esiste fra l'anima, il mare, le nubi, i profumi?
Si direbbe che l'anima sia insieme mare, nube, profumo...». [...]
Sapevo che l'eternità consiste di ogni minuto fuggente. [...] Mi guardai attorno
nel buio. [...] Nessuno poteva vedermi, ero completamente solo. Mi tolsi scarpe
e calze per tuffare i piedi in mare: poi mi rotolai nella sabbia. Sentivo il
bisogno di toccare le pietre, l'acqua, l'aria con il mio corpo nudo. [...]
Spiccai un salto nel tentativo di fuggire: volevo avvicinarmi alla terra e al
mare per assicurarmi che tali cose, effimere eppure amate, esistessero davvero.
«Oh, terra!» gridai nel mio intimo. «Tu sola esisti! Sono il tuo ultimo nato,
sto succhiando al tuo seno e non rinuncerò al nutrimento. Tu non mi permetti di
vivere più di un minuto; ma quel minuto si trasforma in un turgido seno al quale
io mi aggrappo succhiando». [...]
Le violette mammole, la saggina, la maggiorana e la salvia riempivano l'aria di
un intenso profumo. Gli insetti mi ronzavano intorno senza posa, mentre avidi
come pirati, si immergevano nei fiori per suggerne il miele. In lontananza le
montagne risplendevano, limpide, serene, un poco fluttuanti, simili a una lieve
nebbia che ondeggiasse nell'ardente luce del sole.
Chiusi gli occhi, rasserenato. Una tranquilla gioia arcana si impadronì di me -
come se il verde miracolo che mi circondava fosse veramente il Paradiso, come se
la freschezza e il nitido rapimento che provavo fossero la essenza stessa di
Dio. Egli muta il proprio aspetto a ogni secondo: beato l'uomo che sa
riconoscerLo in ogni sua trasformazione. Un momento lo si scorge in un bicchiere
d'acqua pura: un attimo dopo è il figlioletto che ci salta sulle ginocchia,
oppure una donna incantevole, o semplicemente una passeggiata nell'aria limpida
del mattino.
A poco a poco tutte le cose intorno, senza cambiare aspetto, divennero un sogno.
Ero felice. Paradiso e terra formavano una cosa sola. Un fiore dei campi con al
centro una larga stilla di miele: ecco come mi appariva la vita. E la mia anima
era un'ape selvaggia che suggeva quella dolcezza. [...]
Sotto la lieve brezza il mare si increspava lievemente: due gabbiani, con le
piume gonfie ed arruffate sul collo, si facevano cullare dalle brevi onde
gentili e gioivano del lento moto altalenante.
Mi riusciva facile immaginare la voluttà che essi dovevano provare sentendo
sotto il petto la frescura dell'acqua. Mentre li guardavo mi balenò alla mente
un pensiero: «Ecco la via da prendere: trovare il ritmo assoluto e seguirlo con
assoluta fiducia»" (pp. 178-179; p. 204; pp. 209-210; 250-251; 278).