"Tutto quello che occorre per gustare la
felicità" (Zorba il greco)
Continuiamo a trarre alcuni brani dal romanzo
Zorba il greco
di
Nikos Kazantzakis:
"«Accade a te quello che accadde una volta a un corvo.»
«Sarebbe a dire?»
«Beh, era abituato a camminare dignitosamente, in modo degno di rispetto, come
si conveniva ad un buon corvo. Ma un giorno si mise in capo di imitare
l'incedere dei colombi... E da allora in poi il poveretto non riuscì più a
riprendere il suo abituale modo e a camminare. Si era confuso, capisci?
Saltellava e zoppicava: era incapace di recuperare il perduto decoro».
[...]
Ancora una volta compresi quale semplice e modesta cosa fosse la felicità, un
bicchiere di vino, qualche castagna arrostita, un braciere incrinato pieno di
carboni ardenti, il suono del mare. Null'altro. Tutto quello che occorre per
gustare la felicità nel luogo e nel momento adatto, è un cuore semplice e
modesto.
[...]
«La mia gioia è grande, perché è semplice e perché trova origine negli eterni
elementi: l'aria pura, il sole, il mare e il pane di grano».
[...]
«Senza dubbio tu sei soddisfatto della vita che conduci e, poiché la consideri
felice, essa lo è. Hai scelto la felicità»
[...]
Riappesi la lampada al gancio. Zorba era completamente assorto nel suo lavoro:
non pensava a null'altro, era divenuto una cosa sola con la terra, il piccone e
il carbone.
[...]
«[...] Sono tutto preso dal mio lavoro, tutto teso anima e corpo, con
l'attenzione fissa alla pietra, al carbone, al santuri. Se mi parli o mi
tocchi all'improvviso, ed io cerco di voltarmi, posso scattare. Hai capito,
ora?»" (pp. 85-86; 101; 112; 114; 135).
Custodire la propria natura è farla essere. Soprattutto
riconoscerla. Riconoscerla non è guardarla: è esservi aderenti, senza farne un
oggetto, un contenuto, una descrizione di conoscenze psicologiche. La
descrizione reifica, cristallizza la natura indicibile che ti abita e che cerca
in te la sua espressione. La descrizione blocca il suo essere, la costringe in
canali. Hai paura e allora non ti esponi totalmente a ciò a cui ti condurrà, a
ciò che non sai. Imiti modelli e allora appari posticcio, falso. Hai già perso
la tua nobiltà. Hai assunto artifizi, sei fuori dalla tua semplicità. Cerchi
soluzioni mirabolanti, ti esalti solo davanti ai grandi effetti speciali, alle
parole roboanti, alle sfrenatezze delle fantisticherie di una mente frustrata e
in gabbia. E allora perdi il suono del mare, il bicchiere di vino, la bellezza
dell'essere delle cose. Cerchi troppo in alto. Soprattutto il problema è che
cerchi. E allora non vedi. Lo sai, te l'hanno già detto tutti, ma non lo sai mai
fino in fondo: la retorica della felicità finalmente ha la sua fine quando
capisci che la questione non sta nei contenuti, ma nell'atteggiamento.
Allora quando non hai più tensioni, attese, aspettative verso questa o quella
cosa, questo o quell'evento, sei tutto aderente all'atto dell'attimo. Sei tutto
preso. Non c'è dualismo, non c'è domanda, non c'è ricerca.