"Non resistere a nulla, ecco la purezza suprema" (dal Zhuang-zi)
la meditazione come via
tra vipassana e zazen




 

home

presentazione

meditare

le lezioni

buddhismo

zen

tantra

gli esercizi

testi

poesie

bibliografia

insegnante

dizionario zen

stampa

cerca nel sito

email

seminari

newsletter


 

 


"Non resistere a nulla, ecco la purezza suprema" (dal Zhuang-zi)


Giovedì abbiamo continuato a leggere qualche brano tratto dallo classico taoista Zhuang-zi:

"La bontà e la giustizia sono soltanto locande di passaggio degli antichi sovrani [...]. L'uomo perfetto dell'Antichità passa per la bontà e sosta nella giustizia, ma gode della sua libertà, vive sobriamente e conserva così la propria indipendenza. Chi è veramente libero non agisce. Chi vive sobriamente è presto soddisfatto. Chi è indipendente non si dà facilmente. [...]
Chi si tortura lo spirito per elevare la propria condotta si allontana dal mondo e prende abitudini eccentriche, si fa un'alta opinione di sé e denigra gli altri; costui non ha che orgoglio. È solo un eremita dei monti e delle valli, un uomo che condanna il mondo. È questo l'ideale di coloro che aspirano a disseccarsi nell'ascesi e a gettarsi nell'abisso. [...]
Chi, amando la solitudine, va per laghi e stagni sempre in cerca di un angolo tranquillo per pescare con la canna, ha un solo scopo: non fare nulla. [...] Chi ha una condotta elevata pur senza torturarsi lo spirito, si perfeziona pur senza applicarsi alla bontà e alla giustizia, si mantiene nell'ozio pur senza vivere lungo i fiumi e presso il mare, raggiunge un'età avanzata pur senza estendere e contrarre il suo corpo [(riferimento a pratiche respiratorie e ginniche in uso presso certi taoisti)], dimentica tutto e possiede tutto. È pacifico e immenso. Riunisce in sé tutte le perfezioni del mondo. In lui risiede la via dell'universo e la virtù del Santo.
È stato detto: «Il distacco, il silenzio, il vuoto e il non-agire costituiscono l'equilibrio dell'universo e la sostanza della virtù».
È stato detto: «Il Santo tiene in pace il suo animo. La pace gli assicura l'equilibrio e la disinvoltura che gli consentono l'indifferenza, allontanano da lui le preoccupazioni, le pene e le influenze nefaste. Conserva l'integrità della propria virtù e del proprio spirito».
È stato detto: «Il Santo vive secondo l'azione del cielo [...]. Non si crea né felicità né infelicità. Non fa che rispondere a uno stimolo e non si muove se non quando è spinto. [...] Rifiutando l'intelligenza e l'intenzionalità, si conforma alla ragione naturale. [...] Vive come se galleggiasse; [...] non pensa né riflette; non fa progetti; illumina senza abbagliare; [...]il suo spirito è puro, la sua anima instancabile. Grazie al proprio vuoto e alla propria serenità, giunge alla virtù del cielo». [...]
Restare se stessi senza mai modificarsi conduce alla calma suprema. Non opporsi a nessuno, ecco il vuoto supremo; [...] non resistere a nulla, ecco la purezza suprema. [...]
È stato detto: «Rimanere puro,, senza mischiarsi, essere calmo e uno senza modificarsi, disinteressarsi delle cose e non agire, regolare la propria attività sul movimento del cielo, è questa l'arte di nutrire lo spirito». [...]
La purezza e la semplicità conservano lo spirito nel suo stato originario. [...]
Semplicità è ciò che esclude qualsiasi miscuglio, purezza è ciò che non corrompe l'anima. Chi possiede in sé purezza e semplicità è un uomo vero.
[...] Gli Antichi che coltivano il Tao nutrivano la loro intelligenza con la calma. Se in loro l'intelligenza non agiva più per se stessa, è perché nutrivano la calma con l'intelligenza. Se in loro intelligenza e calma si nutrivano reciprocamente, l'armonia e l'ordine sgorgavano dalla loro natura. La virtù è armonia [...]. La virtù nella quale nessuno è escluso è la bontà [...].
Se gli uomini comunicano tra loro grazie allo spirito individuale, non si può più conservare la pace. Perché così si addobba lo spirito con la lettera e lo si allarga con l'erudizione. Ma la lettera uccide lo spirito e l'erudizione lo annega. [...]
L'Antico che sapeva preservarsi non aggiungeva orpelli alla propria intelligenza con discorsi [...]. Prudentemente restava al proprio posto e ritrovava la propria natura. Perché agire? [...]
«Una grande intelligenza, che ha abbracciato il lontano e il vicino, non si sente umiliata dalla piccolezza né si inorgoglisce della grandezza, perché sa che ogni misura è infinita». [...]
Ho sentito dire: «L'uomo che raggiunge il Tao è ignorato dal mondo; l'uomo che possiede la virtù perfetta non ha successo [nel senso che nella forma non si eleva sugli altri]; il grand'uomo è senza io». Questa è la suprema rinuncia. [...]
Non vi aggrappate alle vostre idee; andreste contro il Tao. [...] Non legatevi nella vostra condotta a una sola cosa, sarebbe allontanarsi dal Tao. [...]
Siate come lo spazio infinito, che nulla divide né delimita e che abbraccia tutti gli esseri [...]. È quella che viene chiamata imparzialità.
[...] Non fondatevi su niente che sia definitivo perché, nelle trasformazioni del mondo, vuoto e pieno si alternano. [...]
«Voi mi chiedete quello che dovete fare e quello che non dovete fare? Ebbene, lasciatevi andare alle vostre trasformazioni naturali».
«Ma allora» chiese il signore del Fiume «che cosa c'è di così prezioso nel Tao?».
«Chi conosce il Tao» rispose Ruo del Mare del Nord «capisce necessariamente l'ordine dell'universo; chi capisce l'ordine dell'universo sa soppesare le circostanze; chi sa soppesare le circostanze sfugge al male che gli potrebbero causare le cose esteriori [...]»" (dai capp. XIV-XVII).

Abbiamo iniziato con la consapevolezza del respiro.
Poi la camminata.
L'esercizio della consapevolezza uditiva.
In ultimo: l'esercizio, da seduti, della consapevolezza dei micro-movimenti della colonna vertebrale.

A conclusione della lezione del lunedì, abbiamo continuato a leggere brani tratti dal primo volume dei Saggi sul Buddhismo Zen di Daisetz Teitaro Suzuki (clicca qui).