"È quasi ridicolo chiedere «Perché meditare?»" (Alan W. Watts)
la meditazione come via
tra vipassana e zazen




 

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"È quasi ridicolo chiedere «Perché meditare?»" (Alan W. Watts)


Continuiamo a leggere qualche brano da L'arte della contemplazione di Alan W. Watts:

"Non esiste un sé (soggetto) separato che possa fare o non fare cosa alcuna in merito a questo problema [delle questioni e domande che nascono dalla nostra realtà illusoria]. Così può apparire evidente che se non c'è un io soggettivato ad essere perplesso la corrente dell'esperienza può semplicemente fluire da se stessa senza ostacoli. Da questa consapevolezza il verso:

Le montagne blu sono da se stesse montagne blu
Le bianche nubi sono da se stesse bianche nubi.

Questo fluire ininterrotto è il Tao, la via o il corso della natura [...] - un fluire della vita non forzato e non bloccato: spontaneo. [...]
Di regola, i mistici e i guru che non stanno più cercando nessun attingimento, continuano a praticare quelle che sembrano essere pratiche formali di meditazione. I vari Buddha e Bodhisattva sono in genere raffigurati nella posizione di meditare in padmasana (la posizione del loto) come un novizio qualsiasi [...]. È quasi ridicolo chiedere: «Perché meditare?», come se uno (meditando) deviasse dal proprio cammino per fare qualche cosa di bizzarro [...]. Perché guardare le stelle o guardare le nubi? Perché veleggiare senza destinazione? Nulla è veramente spiegato dalla sua causa o dalla sua motivazione, perché noi troviamo solo cause dopo cause finché non possiamo più inseguirle. È come un bambino che chieda: «Perché?! Perché?! Perché?! ...» finché suo padre, come un maestro Zen, non gli dica: «Taci!, succhia il tuo lecca-lecca».

Così la contemplazione [cioè la meditazione], in quanto «esercizio» particolare fatto in modo formale, è semplicemente il godimento rituale di quella basilare consapevolezza di ciò che sta accadendo ora, e che continua sempre di momento in momento. [...] Il bene della contemplazione è la contemplazione stessa, non un qualche risultato futuro che da essa possa derivare" (pp. 99-107).

Estremamente fondamentali queste ultime righe. La pratica meditativa è essere nel reale, immersi nell'attimo presente, pienamente arresi ad esso, pienamente riempiti del suo essere qui e ora. È l'entrata nel godimento.