Una poesia sulla voce dell'ispirazione poetica, a volte troppo fuori dalle
calcolate opportunità una volta che lo scrittore si sia affermato ed è costretto
spesso a perpetuare la macchietta di se stesso nell'idea che ne ha il suo
lettore.
Ma anche una poesia su quel mistero dentro di sé, quel mistero silente, che
forse non ha nulla da dire, nulla di rivelare, ma che è così importante.
Importante come il sentirlo, il custodirlo, il mantenerlo a riparo. Anche dal
nostro pensarlo eccessivamente.
Nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire,
ma con lui sono inflessibile,
gli dico: rimani dentro, non voglio che
nessuno ti veda.
Nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma gli verso addosso whisky e aspiro
il fumo delle sigarette
e le puttane e i baristi
e i commessi del droghiere
non sanno che lì dentro c'è lui.
Nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
ma io con lui sono inflessibile,
gli dico: rimani giù, mi vuoi fare
andar fuori di testa?
vuoi mandare all'aria tutto il mio lavoro?
vuoi far saltare le vendite dei miei libri in Europa?
Nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
vuole uscire
solo di notte qualche volta
quando dormono tutti.
Gli dico: lo so che ci sei,
non essere triste
poi lo rimetto a posto,
ma lui lì dentro un pochino canta,
mica l'ho fatto davvero morire,
dormiamo insieme così
col nostro patto segreto
ed è così grazioso da far piangere
un uomo, ma io non piango,
e voi?