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"Spezzare l'io nel nulla" (Shizuteru Ueda)
Continuiamo a leggere alcuni brani tratti dal volume Zen e filosofia di Shizuteru Ueda:
"Il fiorire dei fiori si specchia nell'infinito Aperto [...].
L'infinito Aperto non viene aperto da una operazione umana; al contrario, nel
modo dell'assenza di sé l'uomo appartiene all'infinito Aperto [...]. Dove i
fiori fioriscono così come fioriscono, là l'uomo è essenzialmente, in abbandono
e senza sé nell'Aperto originario, nel quale l'uomo stesso, colpito dalla
presenza del fiorire dei fiori dal nulla, è aperto. [...]
Per il buddhismo zen è il «frammezzo» come tale ad essere il luogo della
negazione dell'egocentrismo dei due partner. [...] Per cui la reciproca
negazione dei due [...] è detta [...] un transito al nulla assoluto [...]. Si
tratta dell'infondato frammezzo sul non-fondamento del nulla assoluto. [...]
Nell'incontro, invece di rivolgersi immediatamente a colui che viene incontro,
ciascuno dei due partner si immerge prima senza sé nel nulla dell'infondata
assenza di fondamento propria del frammezzo; solo allora, emergendo dal profondo
del nulla, rinascendo, si coinvolge nell'io-tu del reciproco stare di fronte. Io
e tu sono allora penetrati nel nulla dal «né io né tu» e aperti nel «frammezzo»
all'Aperto. [...]
L'incontro e la comunicazione [...] potrebbero essere meglio chiariti con il
modo tradizionale giapponese di salutare: inchinarsi, ossia spezzare l'io nel
nulla nella profondità del «frammezzo», dove non c'è né io né tu; e solo allora
raddrizzarsi dalla profondità del nulla, volgendosi alla comunicazione. [...]
I due partner innanzitutto s'inchinano reciprocamente. È qualcosa di più della
mera cortesia. Invece di entrare subito nella relazione io-tu, nell'inchino ci
si tuffa dapprima nella profondità dell'assenza di fondamento propria del
frammezzo; ossia, spezzando l'ego, ci si rende entrambi nulla [...]. Si tratta
quindi di una sorta [...] di un disfacimento nelle profondità del nulla, dove
non ci sono né io né tu. [...]
Ciascuno dei due si è dunque realizzato, nel nulla, nell'assoluta in-differenza
come il né-io-né-tu. In questo aperto frammezzo, volta per volta ciascuno dei
due può realizzare sul fondamento dell'in-differenza l'intera relazione io-tu
[...]. [...]
Il sé senza sé [...]. Si tratta [...] di un movimento da sé a sé. [...] Questo
movimento e-statico appartiene all'intima struttura del sé. Se si designa questa
struttura del sé con il termine di «e-sistenza», allora nel confronto l'altro
non è solo l'altro; nella sua alterità egli è anche l'incarnazione dell'«e-»
dell'e-sistenza, del «fuori di sé» del sé senza sé. [...] Io sono io-e-tu. E
questo vale anche per il tu. Questo rapporto sempre in divenire è però possibile
solo sul non-fondamento del frammezzo, sul fondamento del nulla nel quale
ciascun partner nell'incontro si disfa e dal quale rinasce alla comunicazione.
[...]
Non due diverse entità come ad esempio «uomo» e «trascendenza», ma una e-statica
integrità del sé senza sé sul non-fondamento dell'assenza di sé. [...]
Il sé senza sé dice: «io sono io, non essendo io»; in tal modo, nell'in-finito
Aperto del nulla il sé è essenzialmente unito dal «non essendo io» alla natura e
all'altro" (dall'articolo «Fenomenologia del sé nella
prospettiva del buddhismo zen»).
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