"Quando ci si alza dallo zazen" (Shizuteru Ueda)
la meditazione come via
tra vipassana e zazen




 

home

presentazione

meditare

le lezioni

buddhismo

zen

tantra

gli esercizi

testi

poesie

bibliografia

insegnante

dizionario zen

stampa

cerca nel sito

email

seminari

newsletter


 

 


"Quando ci si alza dallo zazen" (Shizuteru Ueda)
 

Leggiamo anche oggi alcuni brani tratti dall'articolo «La pratica dello zen», che compare nel volume Zen e filosofia di Shizuteru Ueda:

"Lo zazen [...] è «non fare niente», in modo che durante lo zazen «niente» accade. Dal momento che è da questo stato di nullità che ci alziamo, l'alzarsi può essere visto come una sorta di evento originario. [...]
Nel momento in cui ci alziamo ci sono oggetti, ovvero ci sono cose separate dal sé che si alza e poste di fronte ad esso. Lo zazen è un modo di essere in cui non si è di fronte a nessuna cosa; si è semplicemente aperti all'infinito Aperto e perciò non si possiede alcun sé. Tuttavia, appena ci troviamo in piedi, esistiamo in quanto sé di fronte ad altre cose, in un modo d'essere completamente nuovo e differente. [...] Quando ci si alza dall'infinito Aperto dello zazen, si ritorna a un'esistenza «nel mondo». [...] Eppure questo mondo al quale torniamo [...] è circoscritto entro l'infinito Aperto esperito durante lo zazen. Siamo nel mondo, eppure in qualche modo restiamo nell'infinito Aperto che avvolge e trascende il mondo. [...] Il mondo è così com'è, eppure è impregnato di un infinito Aperto. [...]
Quando ci si alza dallo zazen, appaiono cose che, come oggetti, si pongono di fronte al sé. [...] Il modo in cui incontriamo questi «oggetti» dipende dalla profondità del nostro zazen. [...] Il mondo che costituisce il luogo dell'incontro è circondato da un infinito Aperto e dotato di un'infinita profondità. Così, le cose incontrate sono esperite come fossero anch'esse estremamente profonde [...].
Quando ci alziamo dallo zazen, appare da lontano qualcosa di personale, colmo dell'illimitatezza dell'infinito Aperto e dell'infinita profondità. [...]
Esaminiamo poi in che modo abbiamo a che fare con le cose che incontriamo quando ci alziamo dallo zazen. La reazione primaria a questi oggetti è il culto. [...] In definitiva, quando ci si trova di fronte ad una cosa dopo essersi alzati dallo zazen, il sé ritorna ancora una volta allo stato di nullità, e da questa condizione di illimitata profondità, riceve l'oggetto di nuovo. Questo è culto [...]. Il culto è l'accettazione del fatto fondamentale che «l'altro» esiste".