Senza fretta cavalco il toro diretto a casa.
La melodia della mia canzone saluta la sera.
Batto il ritmo, mi sento in armonia.
Non c’è bisogno di dire
Che ora sono uno di quelli che sanno.
Commento:
La lotta è finita. Il mandriano non è più
preoccupato di farcela o di non farcela. Sussurra una semplice canzone agreste.
A cavallo del toro, la sua attenzione non si concentra sulle cose di questo
mondo. Va avanti, senza badare a ciò che potrebbe tentare di attirarlo indietro.
Questa è l’ultima icona in cui compare il toro.
Cosa vuol dire? Significa che è l’ultimo stadio nel quale vi è ancora dualismo
tra mente e pensieri, tra mente e corpo, tra mente illuminata e mente
quotidiana. Comunque “la lotta è finita”: non c’è più preoccupazione. Questa
assenza di preoccupazione già preannuncia il definitivo superamento del
dualismo: la preoccupazione infatti segnala il desiderio tenace di risoluzione
del problema vissuto dal mandriano. C’è qualcosa che vivi come ostruente e
allora ti preoccupi. La preoccupazione è doppia: prima ti accorgi che qualcosa
non và, poi – una volta intrapresa una via di correzione – ti preoccupi che
questa non ti conduca alla risoluzione della questione. Ecco: tutto questo non
c’è più.
Si è quindi “senza fretta”: ci si sente in
armonia, non c’è nessuna necessità di correre, di cercare, di dibattersi nel
tentativo di fuga da una certa situazione subita come inopportuna, negativa,
erronea. Eppure c’è ancora una direzione: la non ancora abbandonata presenza
della mente fa qui capolino. Il toro è infatti “diretto a casa”. Finché ci sarà
la separazione tra il toro che cammina verso casa e la casa stessa, saremo
ancora nel dualismo. Anzi, la stessa consapevolezza di un toro e di una casa è
dualistica. Il mandriano, seppur già estraneo alla strettoia della
concentrazione “sulle cose di questo mondo”, nonostante l’abbandono da parte sua
del pensiero opprimente di possibili nuovi errori, di ricadute future più o meno
imminenti, è ancora sulla via del ritorno. Segue il suo percorso, ritiene la
pratica una disciplina che lo allontani da un certo stato mentale per condurlo a
casa. Suona la sua canzone, ma quando non ci sarà più il suonatore e il flauto
suonato, cosa resterà?
Qui il mandriano non saprebbe dire una sola
parola.
Un'ultima cosa. La canzone è agreste: è il classico approccio zen alla natura.
L'uomo con mente naturale è inserito armoniosamente nella natura, tra gli enti
di questo universo, non vivendoli più come ostacolo alla propria vita. Eppure
Kakuan ci dice anche che il mandriano non si concentra più sulle cose di questo
mondo. Il motivo è molto semplice, non si tratta di una contraddizione. Il fatto
è che solo passando dalla brama (che ci incatena alle cose) alla libera e
liberante fruizione della piena realtà, si può vivere naturalmente, con
mente aperta allo splendore delle cose, della loro realtà e della loro
mutevolezza. Non più contratti, concentrati, ma consapevoli, sciolti; non più
coattamente proiettati "sulle" cose di questo mondo, ma "tra" di esse, con
atteggiamento libero e vuoto, pacificato e partecipante.