Concludiamo la lettura delle 'regole' dell'ottuplice
sentiero, così come ci sono presentate dal discorso n. 22 della Digha Nikaya.
"E che cosa è lo Retta Consapevolezza [altrimenti
detta Retta Attenzione]? Qui il monaco dimora praticando lo contemplazione del
corpo nel corpo - praticando la contemplazione delle sensazioni nelle sensazioni
- praticando la contemplazione della mente nella mente - praticando la
contemplazione delle formazioni mentali nelle formazioni mentali, ardentemente,
comprendendo chiaramente e attentamente, dopo aver superato le bramosie e le
ambizioni del mondo: questa è la retta Consapevolezza.
E che cosa è la Retta Concentrazione [altrimenti detta Retta Meditazione]? Qui
un monaco distaccato dalle cose sensibili, distaccato dalle cose malsane, entra
nel primo assorbimento (Jhana), nato da distacco, accompagnato da pensieri
concettuali e da pensieri discorsivi e si riempie di rapimento e di gioia. Dopo
aver superato i pensieri concettuali e discorsivi, guadagnando tranquillità
interiore e unificazione della mente egli entra in un secondo assorbimento
libero da pensieri, nato da Concentrazione e si riempie di rapimento e di gioia.
Dopo aver eliminato lo stato di rapimento, egli dimora equanime, attento,
chiaramente cosciente ed esperimenta personalmente quella sensazione di cui i
saggi dicono «Felice è l'uomo equanime ed attento »; questo è il terzo
assorbimento. Infine abbandonando la gioia e il dolore, e superando le
condizioni anteriori di felicità e di afflizione, egli entra in una condizione
al di là della gioia e del dolore, nel quarto assorbimento che è purificato
dalla equanimità e dalla attenzione. Questa è lo Retta Concentrazione".
Vediamo che questi ultimi due punti dell'ottuplice
sentiero hanno a che fare con la pratica meditativa.
Per quanto riguarda il brano sulla consapevolezza, può risultare un po'
complicato. Per ora ci basti sapere che esercizi come l'anapanasati
(consapevolezza del respiro) o anche la camminata in meditazione, fanno parte di
questo principio. Una pratica che comincia dal corpo, perchè esso è quell'aspetto
della nostra persona con cui, in un modo o nell'altro, abbiamo maggiore
dimestichezza; che continua con le sensazioni, per giungere alla mente e per
concludersi nella contemplazione delle formazioni mentali. Su tutto questo
torneremo con maggiore precisione più avanti. È in ogni caso importante
sottolineare che la pratica della consapevolezza, come è indicato dal testo, va
realizzata in uno stato di abbandono di desideri egocentrici, di brame, ecc.:
"dopo avere superato le bramosie e le ambizioni del mondo".
Impossibile riempire un recipiente di una sostanza benefica senza un'operazione
precedente di svuotamento.
Veniamo quindi alla Retta Concentrazione. Durante la pratica approfondiamo
sempre più questo stato originario di silenzio, di vuoto. Ma non c'è un solo
silenzio: c'è in realtà una sempre più concentrata penetrazione in questo
'pozzo senza fondo'. Il nostro centro resta sempre uno, ma la consapevolezza che
abbiamo di esso si amplia sempre più. Allora ci sono vari 'assorbimenti':
quattro ne vengono enumerati. Nel primo si vive una situazione piacevole, ma
ancora la mente è dominata dai nostri numerosi pensieri discorsivi e
concettuali. Continuando la pratica, unificando maggiormente la mente,
pervenendo ad uno stato di quiete superiore, i discorsi mentali tacciono,
spariscono e rimane la piacevolezza, il rapimento per ciò che stiamo provando:
questo è il secondo assorbimento. Nel terzo assorbimento sparisce anche il
rapimento stesso, considerato come elemento disturbante, squilibrante rispetto
alla virtù di una attenzione equanime, benevolente, equilibrata ed elevata
(cioè al di là dei moti burrascosi delle sensazioni). Il quarto e ultimo
stadio è un approfondimento ulteriore del precedente: qui lo stato realizzato
nella pratica si fa permanente, accedendo ad un livello al di là della
dualità, degli opposti (bene-male, gioia-dolore, ecc.), nel quale tutto è
attenzione, equilibrio, equanimità, concentrazione.