|
|
"La stessa azione come un rituale" (Andrej Tarkovskij)
Sì, Sacrificio: una parola oramai in disuso. Sacrificio però significa semplicemente “rendere sacro”. Ora: cosa è lasciare che una pratica sia un sacrificio? È farla senza un obiettivo. Muoio alla pratica stessa, così come in certe religioni tradizionali il sacrificio è l'offerta della vittima al divino. Muore cioè in me il mio volerne trarre qualcosa: diviene un dono, un'offerta che dal mio silenzio d'intenzione viene versata in un più vasto silenzio di cui non so. Quella è la sua perfezione, lì la sua bellezza: una bellezza intoccata da alcun soggetto e oggetto. Nel meccanismo stesso della pratica c'è un altissimo sacrificio: l'azione infinite volte reiterata, senza perché e senza quei clamorosi cambiamenti che possano sollecitare nella mente curiosità e passioni. Lì accade un lavacro della mia obiezione a ciò che è, del mio sogno di ciò che non è. Nel film Sacrificio di Andrej Tarkovskij il protagonista ne parla attraverso questa iperbole: “Sai, a volte io mi dico che se ogni giorno esattamente alla stessa ora uno compisse la stessa azione come un rituale, nello stesso identico modo sistematicamente ogni giorno alla stessa ora, il mondo cambierebbe, sì, qualcosa cambierebbe, senz'altro cambierebbe. Uno potrebbe alzarsi al mattino, diciamo alle sette in punto, andare in bagno, prendere un bicchiere d'acqua dal rubinetto e gettarlo nella tazza del water, soltanto questo”.
|
|
|