"L'ignoranza significa l'Io" (Daisetz Teitaro Suzuki)
Continuiamo a leggere qualche brano dai Saggi sul Buddhismo Zen di D.T.
Suzuki:
"Al principio [...] la volontà vuole conoscere se stessa;
allora si desta la coscienza riflessa e col destarsi di essa la volontà si
divide. [...] Il conflitto è inevitabile [...]. Alla conoscenza si unisce
fatalmente l'ignoranza [...].
L'ignoranza prevale finché la volontà si lascia ingannare dalle sue stesse
creazioni o dalla sua immagine, dalla coscienza riflessa nella quale chi conosce
resta sempre distinto dal conosciuto. [...] L'ignoranza presuppone sempre
qualcosa di esterno e di sconosciuto. Questo principio esterno e sconosciuto
generalmente viene chiamato Io o anima, mentre in realtà è la stessa volontà
nello stato di ignoranza. È per questo che il Buddha nel punto in cui sperimentò
l'illuminazione realizzò anche che un ātmān, una anima sostanziale come
entità sconosciuta e inconoscibile, non esiste. [...] L'ignoranza significa l'Io
[...].
Non ci si sbarazza dell'ignoranza con mezzi metafisici, bensì mediante la lotta
condotta dalla volontà. Quando ciò si compie, siamo liberati anche dalla nozione
di una entità-ego che è il prodotto o meglio la base dell'ignoranza, dalla quale
dipende e sulla quale prospera. L'ego è l'angolo tenebroso in cui i raggi
dell'intelletto non riescono a penetrare, è l'ultimo nascondiglio
dell'ignoranza, che così si ripara tranquillamente dalla luce. [...] In effetti,
l'ignoranza e l'idea di ego sono la stessa cosa. Noi tendiamo a pensare che
quando l'ignoranza viene scacciata e l'ego perde il suo potere su di noi, non
abbiamo più nulla cui appoggiarci [...]. Ma non è così: perché l'illuminazione
non è un'idea negativa, che significhi semplicemente l'assenza dell'ignoranza.
Ignoranza è la negazione di illuminazione, non il contrario. [...] Quando
l'ignoranza dominava suprema, l'ego era concepito come un'idea positiva, e la
sua negazione era nichilista. Era perfettamente naturale che l'ignoranza
sostenesse l'ego, dove aveva trovato la sua sede originale. Ma con la
realizzazione [...] l'ordine istituito dall'ignoranza viene sovvertito
radicalmente" (dal cap. III, parr. 2-3).
Causa dell'ignoranza è la volontà di conoscenza: la volontà
vuole conoscere e così si cade nel dualismo. Conoscente, conoscenza e il suo
oggetto si separano. La volontà crea l'oggetto che diverrà
la causa dell'ostruzione della mente, ostacolo alla sua libertà, anzi: la
volontà è l'ostruzione
stessa.
Il "voglio conoscermi" è già prodotto dell'ignoranza, che è causa del sorgere di
quell'io che si mette in questione, che si tematizza, che si cerca, ...
Sentirsi a proprio agio nell'ignoranza: questa è la tutela dell'io. L'io è
rassicurante, è una certezza. Attraverso il reticolato degli io sono, io voglio,
io desidero, io mi compiaccio, io preferisco, io ho piacere, ... si vive immersi
in quest'invisibile ignoranza. Una costruzione fatta di fantasmi, di illusione:
un abbaglio, un'autoallucinazione. Mattoni su mattoni che celano quella
spaziosità silente, vuota, libera, intessuta di puro abbandono, di cedevolezza,
di disteso rilassamento, di equanimità. Ci si svuota dell'unica cosa che
conosciamo, cui ci aggrappiamo (l'io): è un salto che non ti dice in che
direzione andrai. La classica reazione è di sbigottimento, è di timore. Del
resto non ci sarà direzione, ma solo... vuoto. È lo stato di libertà. Se hai
paura, evidentemente è l'io a produrre questa condizione; se si vive all'insegna
del timore, del controllo, dell'angoscia, dell'inquietudine, della
preoccupazione, del sospetto, evidentemente è l'io a generare questi inquinanti.
Se si guarda dunque al vuoto attraverso la lente dell'io, è del tutto ovvia la
reazione. Ma dal vuoto cosa si vede? Assenza di turbamenti, quiete, semplicità,
risoluzione, rasserenamento.