"Il silenzio che nasce dalla consapevolezza" (Achaan Sumedho)
Continuiamo a leggere alcuni brani tratti dal testo di Achaan Sumedho, Il
suono del silenzio:
"Comprendere come funziona la mente (lo spazio fra i
pensieri, il silenzio, il suono del silenzio), arresta il processo discorsivo.
Dunque sto riflettendo sul non pensare. Non elaboro sul non pensare, ma penso e
osservo nella quiete; e vedo che la quiete è così. [...] Nella quiete, mi pongo
una domanda: c'è un sé? [...] E dopo essermi posto la domanda, ascolto, e nella
quiete del suono del silenzio c'è indubbiamente consapevolezza, intelligenza,
coscienza, ma non vi scorgo alcun sé. Questa è consapevolezza intuitiva. [...]
È possibile riconoscere la differenza fra la consapevolezza e la coscienza, e
fra l'ignoranza e la coscienza. [...] In dipendenza dal fatto di essere
elogiati, apprezzati e benaccetti, oppure criticati, deprezzati [sic] e
rifiutati, le proliferazioni saranno diverse, ma la consapevolezza è la stessa.
[...] Non c'è niente di più semplice della presenza mentale, perché non c'è
bisogno di crearla. C'è solo bisogno di prestare attenzione ed essere presenti,
non è una tecnica complicata [...]. È semplice, ma siamo condizionati alla
complessità, quindi tendiamo sempre a rendere le cose complesse, a complicare
tutto. [...] Nel condizionamento della mente nulla è semplicemente quello che è,
ci viene aggiunto dell'altro. Sedete in meditazione, emerge un pensiero
negativo, e vi dite: «Male». Questo è accumulare. L'atto di giudicare, di
aggiungerci l'etichetta 'male', lo rende più di quello che è. [...] La presenza
mentale, d'altro canto, si limita a riconoscere la presenza o l'assenza di
qualcosa. Non le interessa se sia un bene o un male. Non lo guarda con occhio
critico.
Dunque 'male' è un giudizio, come pure 'bene', 'giusto' e 'sbagliato'. Da qui si
passa a: «Sono buono», «Sono cattivo», «Non dovrei provare questo», «Non dovrei
provare certi pensieri o sentimenti», «Dovrei essere più comprensivo e
paziente». Quindi la complessità aumenta con i giudizi, le critiche [...].
Se scelgo la semplicità, non potrò contraffarla, ma sono capacissimo di
idealizzarla: la vita semplice, la vita pura, vivere secondo natura. Assecondare
il flusso delle cose, unità, comunione, amore... sono idee e ideali. [...]
Ad esempio, conoscere: «Il respiro è così, l'inspirazione è così». «Questa
inspirazione è buona o cattiva?»; «Cosa è meglio, inspirare o espirare?». Eccoci
tornati alle complicazioni [...], mentre invece, se ci limitiamo a essere
consapevoli dell'inspirazione così com'è, è molto semplice. [...] Non cerchiamo
di inspirare alla perfezione, ma diamo fiducia all'essere consapevoli, al
coltivare un certo tipo di attenzione e di consapevolezza attorno alla
sensazione naturale e all'attività fisica del respirare. Facciamo esperienza del
corpo che è seduto, in piedi, cammina e si distende.
[...] Tendenzialmente sarei un tipo integerrimo e giudicante; i giudizi non sono
affatto alieni alla mia personalità. Ma quando li ascolto, quando mi ascolto
mentre li formulo, stabilendo cos'è giusto e cos'è sbagliato con quel mio stile
perentorio, vedo che questo non è pace, e che non porta alla pace. Porta a
moltiplicare le critiche su me stesso o sul mondo che mi circonda. È separativo,
perché se ho ragione, e non sei d'accordo con me, non puoi che avere torto.
[...] Quindi, al livello del pensiero semplicemente non puoi vincere, a meno di
raggiungere livelli inauditi di intolleranza o di gretto fondamentalismo. Quindi
ascoltare, notare, osservare la mente razionale che crea le parole 'giusto' e
'sbagliato' e prende posizione. E il silenzio che nasce dalla consapevolezza è
pace" (pp. 128-135).