Martedì abbiamo continuato a leggere qualche brano tratto da La presenza consapevole di Rupert
Spira:
"Nella reale esperienza, non è la pelle che contiene le varie
parti del corpo, ma è la consapevolezza che 'contiene' le sensazioni che
definiamo il nostro corpo. [...] Le sensazioni che consideriamo il nostro corpo
fluttuano liberamente nello spazio sconfinato della consapevolezza. La
consapevolezza è il vero contenitore di tutte le cose [...].
Anche dire che gli oggetti appaiono nella consapevolezza è vero soltanto a metà,
è una concessione alla credenza nell'esistenza degli oggetti. [...] Troviamo
soltanto la nostra esperienza [...].
Notate la totale apertura e l'ampiezza di questa presenza. Essendo totale
apertura, dice sì a tutto, accoglie tutto. È puro accogliere, puro lasciare che
sia. E ancora di più: è totale intimità con tutte le apparenti cose, cioè amore.
Il nostro vero corpo è intimità e amore, e contiene tutto al proprio interno in
modo incondizionato. Con il tempo, anche i concetti di 'tutto' e di 'interno'
svaniscono e rimane soltanto la natura intima e amorevole dello sperimentare
[...].
L'esperienza è sempre completa in se stessa, ma se vi sovrapponiamo un concetto
finiamo per credere alla realtà del concetto e non più a quella dell'esperienza.
Quindi è sufficiente smettere di sovrapporre concetti all'esperienza ed essa
risplenderà per ciò che è, pura consapevolezza.
[...] Scendi in profondità in tutte le esperienze, ad esempio sentire la mano
appoggiata sul tavolo. Staccati dalle etichette astratte 'mano' e 'tavolo', e
vai direttamente alla nuda esperienza. Immagina che sia la prima esperienza che
fai in assoluto, e di non avere ricordi o riferimenti a cui paragonarla né in
cui contestualizzarla. Ricordi e riferimenti sono pensieri, ma l'esperienza
della mano sul tavolo non è un pensiero: è una nuda sensazione/percezione. [...]
Concediti tutto il tempo necessario per percepire la nuda sensazione senza le
abituali etichette del pensiero. La nuda esperienza non è forse una massa
indistinta di vibrazioni? Ma anche dire 'massa' è troppo. Ha forse forma,
confini, densità, peso, collocazione, colore, storia, età, valore o funzione?
Arriva assieme a un cartello con la scritta 'mano' o 'tavolo', con l'etichetta 'me'
e 'non me'? Sono due percezioni o una sola?
Guarda con chiarezza tutte le etichette applicate dal pensiero all'esperienza
diretta. Non dico che non siano utili a fini pratici, dico semplicemente che le
etichette 'mano' e 'tavolo' non appartengono alla nuda esperienza diretta, così
come quelle di 'corpo', 'mondo', 'io', 'non io' e così via. Non sperimentiamo
mai una mano, una tavola, un corpo, una mente, un mondo, un oggetto, un io o
un non io. Se togliamo tutte queste etichette, tutto ciò che rimane è la
consapevolezza, che è un altro nome per la totalità indivisa dell'esperienza.
[...]
Ciò che richiede sforzo è non essere questa apertura, questo conoscere
esperienziale, questa presenza consapevole, e proprio lo sforzo che sembra farci
sentire qualcosa di diverso dalla presenza è ciò che crea l'apparente entità
separata. Non è altro che il processo del pensiero dualistico che divide
l'indivisibilità sempre presente dell'esperienza in un'apparente molteplicità di
oggetti diversi, uno dei quali prende il nome di 'io' e tutto il resto di 'non
io'" (pp. 66-69).