Il nucleo essenziale dell'insegnamento del Buddha (Dallo Shobogenzo)
la meditazione come via
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Il nucleo essenziale dell'insegnamento del Buddha (Dallo Shobogenzo)


Un altro brano tratto dallo Shobogenzo, dal capitolo Sokushinzebutsu :

“Il nucleo centrale dell’Insegnamento del Buddha è: ‘La nostra mente è Buddha’. […] ‘La nostra mente è Buddha’ è la realizzazione della mente-di-Buddha attraverso l’interno del nostro campo di esperienza. Ogni e ciascun aspetto dell’esistenza è a sé stante, e costituisce una singola esperienza indipendente, cioè la natura-di-Buddha. Questo è quello che si chiama ‘corpo-e-mente lasciati cadere’. Questa realizzazione è dinamica, non è come la statica esistenza di una statua”.

Non c’è nessuna filosofia che descriva la situazione, l’essere in situazione. La regola, la legge, lo schema bloccano la realtà, il suo fluido farsi, mutare, cambiare, diversificarsi. Non c’è interno e non c’è esterno rispetto alla mente-di-Buddha: c’è un andare e venire liberi, senza attaccamento ad alcunché. C’è un pensiero, una cosa, un’azione: la mente tutto avvolge, comprende, riceve, accoglie e così non è implicata, non cade in guadagno o perdita, in illuminazione o illusione. Accetta ciò che è per il suo darsi per quello che è: è sempre presente nel momento e quindi indipendente da esso.
La mente è Buddha: già illuminati. Nessuna pratica, allora? Possiamo anche dirlo, ma prima va realizzata questa verità. Non attraverso la lettura dei sutra, dei commenti ai testi zen, non nella mente analitica, da studioso, non a scuola, non nella sala di meditazione. O forse anche, ma non basta. Saremmo ancora all’inizio. L’importante è che la realizzazione si compia “attraverso l’interno del nostro campo di esperienza”. Ogni attimo è illuminato: nell’attimo c’è l’aprirsi dell’intera realtà, come la monade è uno specchio di tutta la verità. In quell’attimo, nello stare in esso, riconoscendolo, onorandolo, dicendo sì ad esso, aprendovisi, c’è la natura-di-Buddha. C’è il fanatismo di trovare la buddhità in certi ambiti, in certe situazioni, in certi contesti: magari la religione, o anche la meditazione, perché no? Ma è la realtà ad essere buddhica, non la realtà con l’iniziale maiuscola, bensì la semplice, quotidiana realtà. La riconosci con l’unica modalità possibile: ‘corpo-e-mente lasciati andare’. Queste poche parole valgono una vita intera di pratica, di lavoro.
Proprio perché tutto è dinamico, nulla è fermo, nulla può ergersi a regola, ad appiglio, a possibilità di fuga (fuga da dove? Il fatto è che fuggi sempre: piuttosto è meglio guardare con sincerità e profondità)... Allora: proprio perché è tutto dinamico, allora lascia andare corpo e mente. Se lascio andare corpo e mente, lascio andare la mia preoccupazione riguardo ad essi, lascio andare la separazione che illusoriamente li divide. Lasciare andare è qualcosa anche di molto fisico, non bisogna fraintendere questo punto. Tensione mentale: lascio andare. Tensione muscolare: lascio andare. Mi sento giudicato: lascio andare. Mi sento inadeguato: lascio andare. Mi svuoto, abbandono la presa della mente che come una scimmia salta da un ramo all’altro. Veramente: è qualcosa di un’importanza eccezionale, è qualcosa che se la capisci, se la realizzi – con tranquillità, con semplicità, senza alcuna pretesa – ribalta tutto. La realtà è nuova, è libera e lucente. Tutto è così calmo, pacifico, non c’è nulla da raggiungere, nessuna meta cui arrivare. Il tuo stare nella situazione è il tuo realizzarla, è il tuo realizzare te stesso. Mangio, bevo, cammino, mi addormento: corpo e mente sono lasciati andare, tutto è così nuovo, bello, puro, tutto scorre così naturalmente...
Realizzi tutto nella dinamicità: è questa verità che costituisce la realtà – la sua dinamicità, la sua continua mutevolezza – che consente il nirvana del lasciare andare. Il contrario è la tensione, la contrattura, il bloccarsi, la sofferenza prodotte dal considerare la realtà stessa o qualcosa in noi come una statua, ferma, statica. Statica è la morte, dinamica è la vita.