Il 'retto sforzo' (seconda parte)
la meditazione come via
tra vipassana e zazen




 

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Il 'retto sforzo' (seconda parte)

Parliamo oggi del secondo tipo di sforzo, quello cioè teso ad abbandonare gli stati mentali negativi già sorti.

"Egli non trattiene pensieri di lussuria, malevolenza o danno, così come ogni altro stato non salutare già sorto; egli li abbandona, li discaccia, li recide e li porta a dissoluzione" (Buddha).

Leggiamo dal testo di Bhikkhu Bodhi:

"Il Buddha, in un importante discorso presenta cinque tecniche per contrastare i pensieri ostruenti. Il primo antidoto consiste nel sostituire un pensiero non salutare con un pensiero salutare, così come un falegname introduce un cuneo nuovo per rimuovere quello vecchio. [...] Si può applicare l'antidoto in ogni momento in cui l'impedimento si presenta a disturbare la meditazione, oppure lo si può assumere quale oggetto primario per contrastare un impedimento che si rivela di ostacolo cronico alla propria pratica. [...]
Antidoto generico al desiderio è la meditazione sull'impermanenza, che scalza la base stessa dell'attaccamento [...]. Per quanto riguarda il desiderio sessuale, l'antidoto più potente è la contemplazione degli aspetti sgradevoli del corpo [...]. L'antidoto alla malevolenza è la meditazione sull'amorevolezza, che scioglie ogni traccia di ira e odio attraverso l'irraggiamento metodico del desiderio altruistico che vuole la felicità per tutti gli esseri. La sonnolenza e il torpore esigono uno sforzo particolare [...] Vengono proposti metodi diversi: visualizzare una sfera luminosa, alzarsi per un periodo di corroborante meditazione camminata, riflettere sulla morte sempre incombente, determinarsi a proseguire con vigore. L'agitazione e la preoccupazione sono contrastate dal rivolgere la mente a un oggetto di meditazione molto semplice e di effetto calmante; la pratica universalmente consigliata è la consapevolezza del respiro. L'antidoto contro il dubbio è l'esame [...].
Mentre questo primo dei cinque metodi per espellere gli impedimenti comporta un rimedio specifico per ogni impedimento, gli altri quattro operano in modo generale. Il secondo schiera le forze della vergogna e del timore morale contro il pensiero indesiderato: il pensiero viene visto nella sua bassezza, oppure se ne considerano le conseguenze spiacevoli finchè si innesca una ripugnanza interiore che discaccia il pensiero. Il terzo metodo implica uno spostamento deliberato dell'attenzione; al presentarsi di un pensiero non salutare che reclama a gran voce la nostra attenzione, invece di prestargli ascolto lo escludiamo spostando altrove l'attenzione [...]. Il quarto metodo ricorre a un approccio opposto; invece di distoglierci dal pensiero indesiderato lo assumiamo deliberatamente a oggetto di meditazione, esaminandone le caratteristiche e investigandone le cause. Con ciò il pensiero si acquieta e infine scompare. Un pensiero non salutare, infatti [...] posto sotto osservazione diventa innocuo. Il quinto metodo, da usarsi solo come estremo rimedio, è la soppressione, e consiste nel contrastare vigorosamente il pensiero non salutare con la forza di volontà [...].
Non più dominati dai pensieri, impariamo a dirigerli. Qualunque pensiero vogliamo pensare, quello penseremo; qualunque pensiero non vogliamo pensare, quello non penseremo".