Oggi dovevamo leggere un'altra poesia di Luzi, come la scorsa settimana. Ma il 5
novembre è accaduto che Pier Cesare Bori, mio professore, maestro, amico, è
entrato nella pace. L'abbiamo ricordato con una lettura di alcuni brani di
Seneca da lui tradotti e presenti in Per un percorso etico tra culture, a
cura di Pier Cesare Bori e Saverio Marchignoli:
"Fa' così, mio Lucilio: rivendica te a te stesso. Raccogli e
difendi il tempo che sinora ti era tolto o sottratto e ti sfuggiva. [...] Certe
ore ci vengono estorte, altre ci vengono rubate, altre fuggono via: ma la
perdita più umiliante è quella per trascuratezza. [...] Tieni ben stretto tutto
il tuo tempo. Dipenderai meno dal domani, se saprai dominare l'oggi. Mentre la
si differisce, la vita trascorre. Tutto è altrui, solo il tempo è nostro. La
natura ci ha affidato il possesso di quest'unico bene, fugace e inafferrabile,
da cui ci può espellere chiunque. Tanta è la loro stoltezza che mentre gli
uomini accettano di essere responsabili di cose loro affidate, siano pure
vilissime e sicuramente sostituibili con altre, nessuno si ritiene debitore per
aver ricevuto del tempo, mentre è l'unica cosa che non si può restituire, per
quanto riconoscenti. [...]
Il primo tratto distintivo di un animo composto ritengo sia la capacità di star
fermi e dimorare con se stessi. Bada allora che [...] leggere molti autori e
libri di ogni genere non abbia in sé qualcosa di volubile e instabile. [...] Chi
è dappertutto non è da nessuna parte. Accade a chi passa la vita vagabondando
che abbia molti ospiti, ma nessun amico [...]; solo di passaggio, nulla può
giovare. [...] Ecco quel che oggi ho scoperto in Epicuro [...]: «Povertà lieta è
cosa bella». Non è neanche povertà, se è lieta: è povero non chi ha poco, ma chi
brama avere di più. [...] Domandi un criterio in fatto di ricchezza. Il primo
criterio è aver quel che è necessario, il secondo ciò che basta. [...]
Devi biasimare sia chi è sempre inquieto, sia chi è sempre quieto. Infatti non è
operosità quella che gode del tumulto, ma irrequietezza di una mente agitata, e
non è quiete quella che considera una molestia ogni movimento, ma indolenza e
fiacchezza. Tieni a mente quel che ho letto in Pomponio: «Alcuni si sono a tal
punto rintanati nei loro nascondigli da ritenere rischioso tutto quel che
avviene alla luce». Occorre mescolare le due cose: chi vive nella quiete deve
darsi da fare e chi si dà da fare deve riposare. Delibera seguendo quel che ti
dice la natura che ha fatto sia il giorno che la notte. [...]
Persevera come hai cominciato e, per quanto puoi, affrettati, affinché tu possa
godere più a lungo dell'aver corretto e dato compostezza al tuo animo. Ne godi
certo anche mentre lo correggi, e anche quando gli dai compostezza; ma ben altro
piacere si ricava dalla contemplazione di una mente pura da ogni macchia e
luminosa. [...]
Dentro di noi, tutto sia diverso, ma l'aspetto si adegui a quello della gente.
[...] Comportiamoci in modo da avere una vita migliore, non contraria a quella
del volgo [...]. La filosofia promette anzitutto senso comune, umanità e
socievolezza. [...]
Ecatone [...] dice: «Smetterai di temere se smetterai di sperare». [...] Come la
stessa catena accoppia il prigioniero e la guardia, così queste cose tanto
diverse vanno di pari passo: la paura segue la speranza. E non mi meraviglia che
sia così: ambedue segnano un animo sospeso, ansioso nell'attesa del futuro. La
causa maggiore di ambedue è che non ci adattiamo al presente, ma proiettiamo i
nostri pensieri verso cose distanti. [...] Nessuno è infelice solo per il
presente" (pp. 181-189).