La pratica
della meditazione Vipassana consiste nello sforzo fatto dal meditatore per
capire correttamente la natura dei fenomeni psicologici e fisici che avvengono
nel proprio corpo. I fenomeni fisici, le cose o gli oggetti che uno percepisce
chiaramente nell'intero corpo, costituiscono il gruppo di qualità materiali
chiamate Rupa. I fenomeni della mente o mentali si chiamano Nama. Si percepisce
chiaramente che questi fenomeni di nama rupa o corpo-mente stanno accadendo ogni
volta che c'è vista, odore, suono, gusto, contatto o pensiero. Ne diventiamo
consapevoli osservandoli e annotandoli. Quando vediamo, annotiamo 'vedere',
quando udiamo qualcosa annotiamo 'udire, udire', quando odoriamo 'odorare,
odorare', quando gustiamo 'gustare, gustare', quando tocchiamo 'toccare,
toccare', e quando pensiamo 'pensare, pensare'. Ogni volta che uno vede, ode,
odora, gusta, tocca o pensa deve prendere nota dell'avvenimento, del fatto. Ma
all'inizio della pratica uno non riesce a prendere nota di tutti gli avvenimenti
che capitano. Deve però prendere nota per lo meno di quei fenomeni che sono
facilmente e chiaramente percepibili. Ad ogni respiro l'addome si alza e si
abbassa e il movimento è evidente. Questa è la qualità materiale conosciuta come
vaiu dathu o elemento del movimento. Uno deve cominciare col notare questo
movimento, cosa che avviene quando la mente è concentrata ad osservare l'addome.
Troverete che l'addome sale quando inspirate e scende quando espirate. Il salire
deve essere notato mentalmente come salire e lo scendere come scendere. Se il
movimento non è chiaro, pur continuando a notarlo, tenete il palmo della mano
sull'addome. Non alterate il modo di respirare, non rendetelo più lento o più
veloce, né rendetelo troppo vigoroso: alterare il respiro vi darà stanchezza.
Respirate normalmente come al solito e notate il salire e scendere dell'addome
così come avviene. Notatelo mentalmente e non verbalmente. Nella meditazione
Vipassana non è importante che nome date, ma è importante il fatto di notare e
percepire. Notate il salire dell'addome dal principio alla fine del movimento,
come se lo seguiste con gli occhi. Fate lo stesso con il movimento di discesa.
Notate in modo tale che la consapevolezza sia all'unisono con il movimento
stesso. La stessa cosa con il movimento discendente. La mente può distrarsi
mentre state notando il movimento addominale. Anche questo va notato, dicendo
mentalmente 'divagare, divagare'. Quando è stato notato una volta o due la mente
smette di distrarsi e allora ritornate al salire e scendere dell'addome. Se
immaginate di incontrare qualcuno, notate 'incontrare incontrare' e poi tornate
al salire e scendere dell'addome, se immaginate di incontrare e parlare con
qualcuno notate 'parlare parlare'. Insomma ogni pensiero che sorge va notato. Se
state immaginando, notate 'immaginare', se pensate annotate 'pensare', se
progettate 'progettare', se percepite 'percepire', se riflettete 'riflettere',
se siete contenti notate 'contentezza', se vi sentite annoiati notate 'noia', se
siete sereni 'serenità', se vi sentite scoraggiati 'scoraggiamento'; notare
tutti questi oggetti di consapevolezza è chiamato in pali citta nupassana. Se
non riusciamo a notare questi atti di coscienza, saremo portati a identificarli
con una persona o un individuo. Pensiamo che ci sia un 'io' che immagina, pensa,
pianifica, conosce o percepisce. Crediamo che ci sia una persona che,
dall'infanzia in poi, sia vissuta e abbia pensato. Nella realtà una persona così
non esiste. C'è invece una successione continua di atti della coscienza. Ecco
perché dobbiamo conoscere questi atti di coscenza e conoscerli per quello che
sono, conoscere ogni singolo atto di coscenza, man mano che sorge. Quando li si
osserva, tendono a scomparire e se questo capita, allora torniamo a notare il
salire e scendere dell'addome.
Dopo un po' che meditate, sensazioni di rigidità e bruciore tendono a sorgere
nel corpo. Anch'esse vanno annotate attentamente. Lo stesso con le sensazioni di
stanchezza o dolore. Tutte queste sensazioni sono dukkha vedana o sensazioni di
insoddisfazione e il notarle è vedana nupassana. Se mancate di notarle potreste
arrivare a pensare: 'Io sono rigido', 'io sento caldo' oppure 'io ho un dolore'…
E' sbagliato identificare queste sensazioni con l'ego. Non c'è un io coinvolto,
ma solo una successione di sensazioni spiacevoli, una dopo l'altra. E' solo una
successione continua di impulsi elettrici, come in una lampadina.
Ogni volta che vi è un contatto spiacevole nel corpo, sorgono sensazioni
spiacevoli, una dopo l'altra. Queste sensazioni vanno notate attentamente, sia
che si senta rigidità, bruciore o dolore. All'inizio della pratica di
meditazione queste sensazioni possono aumentare e portare al desiderio di
cambiare posizione. Va notato anche questo desiderio e poi lo yogi deve
ritornare a notare le sensazioni di rigidità, caldo, eccetera.
"La pazienza porta al Nibbana" è un detto che va tenuto presente. Bisogna essere
pazienti nella meditazione. Se uno si muove o cambia postura troppo spesso
perché non sa essere paziente con le sensazioni spiacevoli che sorgono, non può
sviluppare la concentrazione o samadhi. Se samadhi non si sviluppa non può
sorgere la visione profonda (insight) e non ci può essere la realizzazione del
sentiero che conduce al Nibbana e del phala o frutto di questo sentiero, e
quindi il Nibbana. Per questo c'è bisogno di pazienza nella meditazione. C'è
bisogno di pazienza soprattutto con le sensazioni spiacevoli del corpo, come
rigidità, calore, dolore, ecc. In altre parole, le sensazioni difficili da
sopportare richiedono di stare con loro pazientemente e attentamente, e questo
significa essere consapevoli, man mano che sorgono. Uno non deve abbandonare la
sala di meditazione non appena sorgono queste sensazioni, ma anzi deve andare
avanti, notando 'rigidità', 'calore', ecc. Le sensazioni deboli come queste
spariranno se si continua ad annotarle pazientemente. Quando la concentrazione è
forte, perfino le sensazioni più intense tendono a scomparire. Poi uno ritorna a
notare il salire e scendere dell'addome. Naturalmente se dopo un lungo periodo
di tempo e avendo continuato ad annotarla, la sensazione non sparisce o diventa
insopportabile, allora si può cambiare posizione. Si comincerà a notare
'desiderio di cambiare' e se si alza il braccio notare 'alzare' e quando lo si
muove notare 'muovere, muovere'. Tutti i movimenti per cambiare posizione vanno
fatti lentamente e annotati 'alzarsi, muoversi, toccare, eccetera'. Se il corpo
oscilla, notare 'oscillare', se il piede si alza notate 'alzare', se si muove
notate 'muovere, muovere', se si abbassa 'abbassare, abbassare'. Se invece non
c'è cambiamento, ritornate a osservare il salire e scendere dell'addome.
Non ci deve essere nessuna soluzione di continuità, nessun intervallo tra un
atto di notare e il successivo, tra uno stato di concentrazione e il seguente,
tra un atto di coscienza e l'altro. Solo così si creeranno graduali e sempre più
elevati gradi di comprensione nel meditatore. La conoscenza del sentiero e della
sua fruizione sarà raggiunta solo quando c'è questo tipo di spinta in alto. Il
processo meditativo è come sfregare insieme energicamente e senza sosta due
bastoncini di legno per ottenere la giusta intensità di calore che faccia
nascere la fiamma. Allo stesso modo l'annotazione nella meditazione Vipassana
deve essere continua e senza soste, senza nessuna pausa tra i vari atti del
notare ogni singolo fenomeno che sorge. Per esempio, se si prova una sensazione
di prurito e lo yogi vuole grattarsi perché non riesce a sopportarla, va
annotata sia la sensazione che il desiderio di liberarsene, senza però grattarsi
immediatamente. Se uno continua e persevera a notare in questo modo il prurito
generalmente sparisce, nel quale caso uno ritorna al salire e scendere
dell'addome. Se il prurito non va via, invece, si deve naturalmente eliminarlo
grattandosi, ma prima bisogna notare accuratamente il desiderio di farlo. Tutti
i movimenti coinvolti nell'eliminazione della sensazione vanno annotati, come il
toccare, spingere e grattare e infine ritornare al salire e scendere
dell'addome. Ogni volta che cambiate posizione, cominciate con il notare
l'intenzione o il desiderio di fare il cambiamento e andate avanti notando
attentamente ogni movimento, come alzarsi dal sedile, alzare il braccio, il
movimento e la tensione del braccio. Dovete notare i cambiamenti nello stesso
momento in cui li fate. Se il corpo oscilla in avanti notatelo. Quando vi alzate
il corpo diventa leggero e si alza. Concentratevi la mente e annotate
gentilmente 'alzarsi alzarsi'.
I meditatori si devono comportare come se fossero degli invalidi. Generalmente
le persone si alzano facilmente, velocemente e improvvisamente, ma questo gli
invalidi non lo possono fare e si alzano lentamente e con molta attenzione.
Anche quelli che hanno mal di schiena si alzano con molta attenzione per evitare
delle fitte dolorose. La stessa cosa con il meditatore. Deve iniziare a fare il
cambiamento di postura con consapevolezza, gradualmente e lentamente, e nel
contempo annotare "alzarsi, alzarsi"; solo allora, la consapevolezza e la
concentrazione faranno sviluppare e gradualmente maturare l'insight. E non solo
questo: sebbene gli occhi funzionino il meditatore deve comportarsi come se non
vedesse, e la stessa cosa con le orecchie che odono Quando medita lo yogi deve
solo occuparsi di essere consapevole e annotare. Non lo riguarda ciò che ode o
vede; deve comportarsi come se non vedesse e non sentisse. Ci deve essere solo
una annotazione continua e accurata.
Quando durante la giornata, lo yogi si muove, lo fa gradualmente come se fosse
debole; deve muovere le braccia e le gambe lentamente e sempre lentamente
abbasserà o alzerà la testa. Tutti questi movimenti devono essere fatti
gentilmente. Quando è seduto e si alza, lo deve fare gradualmente notando 'alzarsi',
quando sta in piedi notando 'in piedi', quando si guarda qua e là notare 'guardare',
'vedere', quando cammina nota i passi, se sta camminando con la gamba destra o
con la sinistra. Inoltre lo yogi deve essere consapevole di tutti i successivi
movimenti dal momento che alza il piede fino a quando lo abbassa. Questo quando
si cammina velocemente.
Quando si cammina lentamente o si fa la meditazione camminata bisogna notare tre
movimenti in ogni passo: quando si alza il piede, quando lo si avanza, quando lo
si posa. Cominciate col notare solo i movimenti di alzata e di abbassata. Uno
deve essere consapevole quando alza il piedi e lo stesso quando lo abbassa. Deve
notare 'alzare' e 'abbassare' ad ogni passo. Questo nominare diventerà facile
dopo qualche giorno, e allora cominciate a nominare i tre movimenti di 'alzare',
'avanzare', e 'abbassare'. Ricapitolando, all'inizio o quando si cammina veloce
basta sapere che piede si muove e notare "sinistro, destro". Quando si cammina
un po' più lentamente si notano i due movimenti di 'alzare' e 'abbassare'.
Quando si cammina lentamente si notano tre movimenti come spiegato sopra..
Mentre si sta camminando e viene voglia di sedersi notare 'voglia di sedersi'.
Quando vi sedete veramente osservate con concentrazione il cadere del corpo
sulla sedia. Quando siete seduti notate i movimenti che si fate per sistemare le
gambe e le braccia. Quando non ci sono movimenti e il corpo è fermo notate solo
il salire e scendere dell'addome.
Se mentre state notando la rigidità del corpo o degli arti sorge una sensazione
di calore, annotatela accuratamente. E poi ritornare al salire e scendere
dell'addome. Se poi viene voglia di sdraiarsi notatelo e notate anche il
movimento delle gambe e delle braccia mentre vi sdraiate. Il movimento del
braccio, l'appoggiarsi del gomito che tocca il pavimento, l'oscillare del corpo,
lo stendersi delle gambe, il graduale ripiegamento del corpo mentre si prepara a
sdraiarsi. Tutti questi movimenti vanno notati. E' importante annotare tutto
questo processo, perché nel farlo potete avere una chiara conoscenza del
sentiero e del suo frutto. Infatti, quando la concentrazione e l'insight sono
forti e maturi, la conoscenza può venire ad ogni istante, può arrivare in un
singolo piegamento o stiramento del braccio. Questo accadde ai tempi del Buddha,
subito dopo la sua morte, quando il venerabile Ananda, il suo attendente divenne
un completo aharant. Il ven. Ananda tentò disperatamente di raggiungere lo stato
di aharant nella notte precedente il primo grande concilio. Aveva praticato
tutta la notte vipassana. Notava i passi destro sinistro, l'alzarsi, avanzare e
scendere del piede, notando tutto ciò che man mano accadeva, come il desiderio
fisico di camminare e il movimento coinvolto in ogni passo. Sebbene tutto questo
andasse avanti fino quasi all'alba non aveva ottenuto la realizzazione. Capì che
aveva fatto la meditazione camminata per troppo tempo, e che avrebbe dovuto
equilibrare la concentrazione con lo sforzo. Decise perciò di continuare a fare
meditazione nella posizione sdraiata. Entrò nella sua stanza, sedette sul
giaciglio e poi cominciò a sdraiarsi. Mentre faceva ciò annotando accuratamente
'sdraiarsi', raggiunse il primo stadio verso lo stato di arahant in un istante.
Il Venerabile Ananda prima di quel momento, era stato solo un sotapanna, uno che
era entrato nella corrente, cioè il primo stadio del sentiero verso il Nirvana.
Dallo stato di sotapanna raggiunse il secondo stadio (cioè di colui che ritorna
una volta sola), poi il terzo, quello del non ritorno, e raggiunse l'ultimo
stadio nel cammino della illuminazione, divenendo un arahant. Passare attraverso
questi tre eccelsi stadi del sentiero gli prese pochissimo tempo. Pensate a
questo esempio del Ven. Ananda. Questo raggiungimento può arrivare da un momento
all'altro. Ecco perché gli yogi devono notare tutto diligentemente e in
continuazione. Non bisogna rilassarsi nel notare pensando: 'questo non è poi
così importante'. Tutti i movimenti che si fanno per sdraiarsi sono importanti e
devono essere notati il meglio e il più accuratamente possibile. Se non ci sono
movimenti e il corpo è fermo ritornate al salire e scendere dell'addome. Anche
quando si fa tardi e arriva il tempo di andare a dormire lo yogi non va a
dormire lasciando perdere la concentrazione. Un meditatore serio e impegnato
cercherà di praticare la concentrazione anche mentre sta per addormentarsi.
Andrà avanti a meditare fino al momento che il sonno verrà da solo. Se la
meditazione è buona e profonda, non si addormenterà; ma può capitare invece che
il sopore abbia la meglio e lo yogi si addormenti. Se sente sonno deve notare
'sonno, sonno' o se le palpebre si chiudono, notare 'chiudersi, chiudersi.'. Se
diventano pesanti notare 'pesanti', se gli occhi bruciano notare 'bruciare'.
Notando in questa maniera può accadere che il sopore sparisca e gli occhi
diventino chiari di nuovo. Allora notare 'chiari', e andare avanti, notando il
salire e scendere dell'addome. Così si può continuare a meditare e se sorge un
pesante torpore finalmente il meditatore si addormenterà per davvero. Se
meditate nella posizione sdraiata, diventerete sempre più sonnolenti e infine vi
addormenterete. Ecco perché i principianti non devono meditare nella posizione
sdraiata. Ma quando poi si fa tardi e viene il tempo di dormire, meditate nella
posizione sdraiata seguendo il salire e scendere dell'addome. E poi naturalmente
ed automaticamente vi addormenterete. Il tempo del sonno è il tempo di riposo
del meditatore, ma uno yogi molto impegnato dovrebbe cercare di limitarlo a
quattro ore. Quattro ore di solito sono sufficienti. Se il meditatore
principiante pensa che quattro ore non siano sufficienti alla salute può dormire
anche cinque o sei ore. Sei ore sono chiaramente abbastanza per la maggioranza
della gente. Quando lo yogi si sveglia deve subito ricominciare a notare. Lo
yogi che vuole raggiungere l'illuminazione sospende la meditazione solo quando
dorme. Nel resto del tempo, deve notare continuamente e senza sosta, nominando
il più accuratamente possibile, fin dal risveglio "sveglio, sveglio"e altri
stati; se non ci riesce subito, osserva il salire e scendere dell'addome. Se
intende uscire dal letto nota l'intenzione di uscire dal letto e poi tutti i
movimenti delle gambe e delle braccia nel far ciò. Quando alza la testa nota 'alzare',
quando siede 'sedere'. E' importante che ogni volta che cambia posizione, muove
le braccia o le gambe prenda nota di tutti questi movimenti.
Se non ci sono movimenti e si sta seduti tranquillamente, allora si nota il
salire e scendere dell'addome. Uno deve notare anche quando si lava la faccia,
fa la doccia e siccome i movimenti in questo caso sono piuttosto rapidi si cerca
di notarli il meglio possibile. Poi c'è il vestirsi, il sistemare il letto,
aprire e chiudere la porta: tutto deve essere notato il più accuratamente
possibile. Quando il meditatore pranza e si avvicina al tavolo nota 'guardare',
quando allunga la mano, prende il cucchiaio, si serve del cibo, quando lo mette
nel piatto, quando porta il cucchiaio alla bocca, quando la testa si china,
mette in bocca, abbassa il braccio, lo alza per un altro boccone: tutti questi
movimenti vanno notati il più accuratamente e continuamente possibile. Quando il
meditatore mastica noterà 'masticare' quando sente il sapore del cibo dirà 'gustare',
va notato anche il movimento di masticare, rendere liquido e ingoiare il cibo e
bisogna continuare a essere consapavoli di tutto ciò che sta capitando. Durante
i pasti c'è talmente tanto da notare che il principiante spesso salta molte cose
che andrebbero notate, ma comunque dovrebbe metterci la migliore buona volontà.
Man mano che samadhi diventerà più intenso e continuo il meditatore riuscirà a
seguire sempre più ciò che sta capitando.
Abbiamo
parlato di molte cose che vanno notate, ma per riassumere basta menzionare poche
cose che vanno assolutamente notate: quando si cammina velocemente notare passo
sinistro e passo destro e quando si cammina piano l'alzarsi ed abbassarsi del
piede e quando si cammina molto lentamente "alzarsi", "avanzare" e "abbassarsi"
del piede; quando si è sdraiati o seduti fermi notare l'alzarsi e l'abbassarsi
dell'addome, se non c'è niente altro di particolare da notare Se la mente
divaga, notate i vari atti di coscienza che sorgono e di nuovo poi tornare al
salire e scendere dell'addome. Notate anche le sensazioni di rigidità, dolore e
prurito man mano che vengono poi tornare all'alzarsi e abbassarsi dell'addome.
Notate man mano che avvengono il sollevamento, lo stiramento e il movimento
degli arti, il chinarsi e il movimento della testa, l'oscillare e il chinarsi
del corpo, e poi ritornate all'alzarsi e abbassarsi dell'addome. Man mano che
procedete, vedrete che ci sono sempre più cose da conoscere nei fenomeni che
avvengono. All'inizio siccome la mente vaga qua e là, il meditatore non riesce a
notare molte cose che accadono, ma non deve scoraggiarsi. Tutti i principianti
incontrano le stesse difficoltà. Con la pratica il meditatore riuscirà ad
accorgersi della mente che divaga fino a quando questa non divagherà più. La
mente rimane fissa sull'oggetto e la consapevolezza è quasi simultanea con
l'oggetto dell'attenzione come l'alzarsi ed abbassarsi dell'addome. In altre
parole l'atto di alzarsi e abbassarsi dell'addome è simultaneo all'atto di
notarlo. Gli oggetti fisici dell'attenzione e i contenuti mentali sono notati
appaiati, insieme, e si capirà che non vi è nessuno coinvolto in questa azione:
c'è solo l'oggetto fisico dell'attenzione e l'attività mentale del notare che
avvengono simultaneamente. Il meditatore sperimenterà personalmente questi
fenomeni. Mentre segue l'alzarsi dell'addome imparerà che vi è il fenomeno
fisico dell'alzarsi e l'atto mentale del notare. Lo stesso con l'abbassarsi
dell'addome. Lo yogi imparerà a vedere la simultaneità di ciò che capita,
vedendoli come fenomeni fisici e mentali appaiati. Quindi in ogni atto del
notare lo yogi imparerà che c'è solo una qualità materiale come oggetto di
attenzione e una qualità mentale che ne prende nota. Questa conoscenza è la
prima dei vipassana nana ed è importante raggiungere tale conoscenza
correttamente. Poi il meditatore raggiungerà la seconda vipassana nana,
distinguendo tra causa ed effetto.
Man mano che meditano gli yogi vedranno da loro che tutto ciò che sorge, dopo un
po' sparisce. La gente comune pensa che i fenomeni sia fisici che mentali durino
tutta la vita nella stessa maniera dalla gioventù alla vecchiaia. Ma non è così.
Non esiste fenomeno che duri per sempre, anzi ogni fenomeno avviene e sparisce
continuamente, non dura più di un batter d'occhio. Lo sperimenterà lo yogi
andando avanti nel notare. Si accorgerà dell'impermanenza di tutti i fenomeni. A
questa comprensione seguirà la consapevolezza di dukkha (dukkha nupassana nana),
cioè la comprensione che tutto quello che non dura crea sofferenza. Il
meditatore sperimenterà anche molti dolori nel corpo che non è altro che un
aggregato di sofferenze. Anche questa è dukkha nupassana nana. Poi lo yogi si
convincerà che tutti questi fenomeni psicofisici capitano senza la sua volontà e
senza il suo controllo. Non fanno parte di una entità personale o egoica. Questa
realizzazione è anatta nupassana nana. Quando, proseguendo nella meditazione,
gli yogi arriveranno a capire chiaramente che tutti questi fenomeni sono anicca
(impermanenti) dukkha (insoddisfacenti) e anatta (vuoti di un'entità egoica),
otterranno il Nibbana. Tutti i buddha e gli aharant hanno raggiunto il nibbana
seguento proprio questo sentiero. Tutti i meditatori dovrebbero sapere che sono
sul sentiero del satipattana, verso il Nibbana. Dovrebbero essere contenti per
questo e per la prospettiva di poter sperimentare questo nobile tipo di samadhi
o tranquillità della mente dovuta alla concentrazione e ottenere la conoscenza
ultramondana, sperimentata nel passato dai buddha, dagli aryia e che loro stessi
ora potrebbero sperimentare. Questo può avvenire nello spazio di un mese o 20 o
15 giorni di pratica. Quelli che hanno paramita eccezionali possono arrivarci
anche in soli 7 giorni. Lo yogi deve dunque essere contento nella certezza che
raggiungerà questi traguardi presto. Deve proseguire nella pratica, fiducioso
nella riuscita.
Che tutti possano praticare la meditazione e possano raggiungere l'illuminazione
che buddha e aharant hanno sperimentato.
Da:
http://www.piandeiciliegi.it/pages/insegnamenti/mahasi.htm