"L'attenzione è il principale strumento per
ampliare la consapevolezza" (Roberto Maria Sassone)
Continuiamo a leggere alcuni brani da Il
guerriero interiore - 108 aforismi per l'uomo di transizione di Roberto
Maria Sassone:
"Il guerriero dà un'importanza speciale all'attenzione e si
allena ogni giorno ad accrescerla. L'oggetto principale dell'attenzione deve
essere il respiro che in tutte le tradizioni è sempre stato considerato la
funzione base che determina l'intera armonia dell'individuo. Vivere e respirare
sono la stessa cosa.
Sentirsi respirare durante la giornata, approfondire il respiro e rallentarlo,
sottrarlo ad un automatismo incosciente, sono pratiche di vera spiritualità.
Il guerriero pone l'attenzione anche sulla sua postura: sente in che modo
cammina, come sta seduto, come muove il suo corpo nelle varie situazioni, dove
si sente contratto
Come dice Gurdjieff, l'uomo è addormentato e non lo sa. Per svegliarsi deve
iniziare a «ricordarsi di se stesso». L'attenzione è il principale strumento per
ampliare la consapevolezza.
Il guerriero sperimenta su se stesso un'altra caratteristica dell'attenzione che
è quella di spostare l'energia vitale (prana o ki). L'attenzione
sulla testa porta energia alla testa, l'attenzione sulla pancia porta energia
alla pancia e così per tutto il resto del corpo. Egli quindi cerca di avere una
percezione totale del suo corpo.
Il guerriero esercita la sua attenzione anche tramite il «vedere il mondo». Egli
sta nei suoi occhi perché ha imparato a riconoscere la differenza tra guardare e
vedere. Senza consapevolezza c'è il guardare, con la consapevolezza c'è il
vedere. I profani guardano ma non vedono.
Il guerriero dice:
«Se non sei radicato nei tuoi piedi, il Divino ti sfugge». [...]
La più grande lezione del guerriero è disimparare. Avere la coscienza e l'umiltà
di riconoscere che alcune cose che credeva di saper fare, in realtà le fa male e
con approssimazione. A questo punto, con semplicità. riprende da capo. [...]
L'identità del guerriero si costruisce sulla realtà delle azioni. Egli non
fantastica e non immagina se stesso" (pp. 129-131, 141).
Sì, la pratica è prima di tutto riconoscere la nostra
incapacità nello stare in situazioni che consideriamo del tutto semplici come
essere seduti, in piedi o sdraiati, la nostra inesperienza nello svolgere nel
modo appropriato azioni come camminare, aprire una porta, spostare un peso,
sedersi, ... Siamo frammentati, siamo pressoché completamente fuori dal nostro
centro, fuori dal sentire, siamo soprattutto sempre altrove rispetto al nostro
stare immersi nel mondo. Non siamo abbastanza svuotati per sentirlo risuonare
dentro, non siamo abbastanza presenti per accorgerci della sua esistenza
potente. Siamo invece sempre nelle nostre obiezioni, nelle nostre rincorse,
nelle nostre ricerche di significati.