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"In Lui siamo, in Lui viviamo, in Lui ci muoviamo" (San Paolo)
Per uscire da una pratica della performance, del fare, all'insegna della tensione mentale e muscolare, è veramente importante ricordarsi che la pratica è essenzialmente pratica del corpo sottile. Ciò significa qualcosa di molto preciso: è il prana che governa la mia pratica. E il prana, a livello grossolano, ha il suo maggiore rappresentante nel respiro. Quindi: sentire il movimento del corpo (per esempio nello yoga: il vinyasa tra un asana e l'altro; ma anche, più in generale, il movimento di un braccio, la rotazione di un'anca, ...) come prodotto essenzialmente dal respiro e non primariamente dalle strutture muscolo-scheletriche, che saranno invece vissute come riceventi il movimento stesso. È il respiro che porta ed è nel respiro che accade il movimento. Così anche nella stessa abitazione del corpo nella sua staticità (per esempio nello yoga: nell'asana; o nella pratica meditativa: la posizione seduta): è nel respiro che la postura vive, è nel respiro che si manifesta: allora la postura si rivela entità di vita nella quale accade l'emersione del respiro. La sua realtà è una realtà dinamica fatta di prana, un prana che la forma, che la agisce. Non più allora: io respiro. Ma: il respiro mi respira. Il corpo si fa offerta al respiro: "In Lui siamo, in Lui viviamo, in Lui ci muoviamo", come scriveva San Paolo per il Cristo.
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