All'inizio della lezione abbiamo letto un brano tratto dal
libro "L'esercizio del silenzio" di Pier Aldo Rovatti, filosofo e professore
all'università di Trieste:
"Dopo aver camminato a lungo per le vie,
in mezzo alla gente, alle cose e ai segnali, ho voglia di isolarmi dal rumore:
cerco un luogo tranquillo per riposare, rilassarmi, pensare; per non pensare a
niente, svuotarmi i sensi e la testa; per concentrarmi, smettere di sentire,
cominciare ad ascoltare.
Su una panchina, in un giorno di agosto, in un paese che non è il mio, accanto
al ponte vecchio di una bella cittadina rinnovata; davanti, sul fiume, c'è uno
scorrimento silenzioso, solo ogni tanto una lunga chiatta che scivola...
Questa condizione di silenzio e di solitudine mi permette di ritrovare una
percezione di me e del mondo che mi sta attorno, precisamente un ascolto. Il
silenzio che mi sono procurato, isolandomi dai rumori normali, mi permette di
ascoltare. Ma è piuttosto un pensare, un ascolto pensante. Come se prima fosse
stato l'esterno a riempire la mia esperienza, e invece adesso esterno e interno
agissero in me corrispondendosi. E forse è proprio questo gioco, grazie al quale
interno ed esterno passano l'uno nell'altro senza appiattirsi o riassorbirsi
l'uno nell'altro, che mi fa sentire e pensare assieme. Mi accorgo che in questo
rilassarmi ho lasciato essere una dimensione di apertura della mia esperienza
che di solito è messa a tacere".
Poi l'anapanasati (esercizio della
consapevolezza del respiro). Ricordiamoci di mantenere la terza vertebra
allineata con il resto della spina dorsale.
La camminata in consapevolezza. Qui dobbiamo avere sempre presente che la
consapevolezza deve essere posta, oltre che sulle sensazioni del piede che
poggia a terra, che si alza e che avanza, anche sullo stato rilassato del corpo.
Le tensioni accumulate che noi scarichiamo ad ogni angolo, quando ci fermiamo,
dovrebbero in realtà essere continuamente abbandonate a ogni passo, anzi: ad
ogni movimento. Cammino consapevole del piede che muovo, consapevole del mio
corpo, libero da tensioni inutili.
Successivamente l'esercizio sulla consapevolezza auditiva: sempre seduto nel
solito modo, poniamo la massima attenzione a qualsiasi suono che riusciamo a
percepire. Non lo dobbiamo valutare, giudicare, elaborare concettualmente o
interrogarci sulla sua provenienza: semplicemente prenderne atto, essere il più
possibile aderenti ad esso, coglierlo in tutta la sua realtà mutevole e
multiforme. Un suono e ne sono consapevole, due persone che parlano qui fuori e
ne sono consapevole, una persona al mio fianco fa un piccolo rumore e ne sono
consapevole. La consapevolezza passa da un suono all'altro, fino ad essere
consapevolezza dell'intera sinfonia dei suoni che continuamente si accavallano,
nascono e muoiono, coesistono nel mio spazio. Una prova certa del fatto che
l'esercizio venga eseguito bene è che le orecchie entrano in risonanza: un
sibilo quasi impercettibile a un certo punto ci accompagna durante l'esercizio.
Dopodiché abbiamo fatto l'esercizio del rilassamento del corpo, da seduti. Ci
sono una serie di tensioni muscolari necessarie per mantenere la posizione: le
spalle allineate, il mento fatto rientrare, la punta della lingua sul palato
duro, ecc. Ogni altra tensione non necessaria è da abbandonare. Accorgiamoci
delle contratture muscolari in eccesso, soffermiamo lì la nostra consapevolezza
e così sciogliamo. Mi accorgo, focalizzo la consapevolezza, sciolgo.
In conclusione, zazen.
Al termine della lezione abbiamo letto e
commentato la famosa storia zen della luna che si specchia nell'acqua del
secchio (clicca
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