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"L'attenzione è subordinata al compito,
al lavoro, al film. L'attenzione è al servizio di quello che stiamo facendo:
se ci distraiamo non portiamo a termine il lavoro, lo facciamo male; se ci
distraiamo, ci perdiamo un pezzo del film. Questa attenzione serve a farci
godere il film, serve a fare il lavoro che dobbiamo fare. È funzionale e
subordinata. Questa attenzione si chiama, nella tradizione buddhista,
manasikàra: attenzione pura e semplice. Abbiamo commentato questo testo,
sottolineando l'estrema importanza della 'retta attenzione' nella pratica
buddhista di meditazione, della capacità accettante e trasformante di
un'attenzione ricettiva e non giudicante rispetto a un'attenzione ego-centrata
e desiderosa di accaparramento. "È molto difficile osservare una negatività astratta, un'emozione astratta, separata dall'oggetto esterno che l'ha provocata. Ma una persona, che è arrivata alla verità ultima, trova una soluzione autentica. Infatti scopre che, quando nella mente si genera una negatività, a livello fisico iniziano simultaneamente ad accadere due cose. La prima è che il respiro perde il suo ritmo normale. Ogni volta che nella mente appare una negatività iniziamo a respirare pesantemente. Questa è una realtà che chiunque può sperimentare, per quanto grossolana e palese possa sembrare. E a un livello più sottile si verificano delle reazioni biochimiche all'interno del corpo, alcune sensazioni. Ogni negatività genera delle sensazioni in qualche parte del corpo". Si è detto qualcosa anche riguardo a questo testo, collegandolo soprattutto alla pratica di consapevolezza del respiro e all'esercizio della camminata. La consapevolezza del respiro, ad esempio, non è disgiunta dal contatto con il corpo e dalle sensazioni. Un'attenzione continuata e penetrante al respiro condurrà a uno svuotamento del corpo stesso e viceversa. Il legame tra ritmo respiratorio, emozione e sensazione fisica è veramente assai stretto. Un'esperienza prolungata con la pratica di consapevolezza ci conduce a conoscere i generi di legami tra queste tre sfere. Abbiamo poi fatto l'esercizio della meditazione camminata, fuori in giardino, tra l'odore della salvia, un gattino che ci osservava e il panorama della città illuminata. Veramente notevole! In ultimo, qualche riga tratta dal testo di Joseph Goldstein e Jack Kornfield, "Il cuore della saggezza": "A mano a mano che osserviamo, ci apriamo, molliamo la presa, e diventiamo più potentemente presenti, si rafforzano anche, in modo del tutto naturale, le qualità della presenza mentale e della concentrazione. A quel punto, o per l'osservazione del flusso generale dei nostri stati mentali, o grazia all'accurata apertura dei nostri stati emotivi, cominciamo a percepire uno slittamento dal contenuto della nostra esperienza al processo in sé. Come il corpo, che piano piano si dissolve sotto il microscopio della nostra attenzione, anche la mente finisce col rivelare la propria natura evanescente". Molto importante questo punto. Ogni esercizio di meditazione dovrebbe passare dal livello osservante, di attenzione finalizzata, di consapevolezza mirata, a un livello di consapevolezza indifferenziata, di stato puramente accogliente e non giudicante, pienamente neutrale e non direzionato. Uno stato di vuoto in cui non c'è più nessuno che osservi, nessun oggetto osservato, nessuna attenzione applicata: solo vuoto e elementi (sensazioni e pensieri) che temporaneamente (impermanentemente) hanno luogo in esso per poi scomparire. Soprattutto non c'è nessun giudizio applicato riguardo ad alcunché: a noi che pratichiamo, alla bontà o meno della pratica, al livello cui siamo giunti grazie ad essa, ecc. Tutti elementi di ingombro, ostruenti, ostacolanti, rispetto allo stato di una mente quieta e rasserenata.
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