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"Il corpo è cielo. Nessun volo lo esaurisce" (Ghiannis Ritsos) C'è una poesia di Ghiannis Ritsos che dice:
“Il corpo è cielo. Nessun volo lo esaurisce”.
Sì, il corpo è vastità, infinita potenzialità, spazio di bellezze, godimenti, patimenti, contraddizioni, incomprensibile a pensarsi, mistero per la mente. Antonin Artaud lo dice con altre parole: “Lo spirito può una cosa, l'anima un'altra, il cuore un'altra ancora, la coscienza un'altra e un'altra. Solo il corpo umano può tutto”.
Ma è soprattutto il varco per entrare in contatto con il sentire: è il linguaggio con il quale il sentire si rende a me udibile. È ciò che viene “detto” dal silenzio originario del sentire. Così come il rapporto tra poesia e parola:
“Nella poesia è più importante Tacere - […] Cos'è la parola? È solo l'attesa dell'eloquente silenzio” (Boris Ryzhy).
Il corpo è allora ciò che rende ai miei occhi il sentire così amabile, così desiderabile: perché quando il sentire mi si manifesta come incarnato, la distanza tra me e il mio corpo si annulla e in questo annullamento emerge una altissima realizzazione. Alda Merini, poetessa così attenta a questa dimensione, scrive:
“Mi piace il verbo sentire…
Una altissima realizzazione che ha il suo apice quando la potenza del sentire si manifesta con un'intensità tale da superare la sua collocazione, il suo essere recluso in un qualche sentito. Il sentire si svincola dall'oggetto e si rivela libera infinità nella quale avviene il mio ascolto. Sentire come spazio, prima degli oggetti che lo abitano.
“Sentire è come il cielo. Si vede, e non c'è nulla da vedere” (Fernando Pessoa).
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