"Il pensiero e l'azione non sono diversi" (Peter Matthiessen)
la meditazione come via
tra vipassana e zazen




 

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"Il pensiero e l'azione non sono diversi" (Peter Matthiessen)

All'inizio della lezione abbiamo letto un brano tratto da Il leopardo delle nevi di Peter Matthiessen. Matthiessen è un naturalista, un esploratore, un narratore, oltre ad essere un cultore della meditazione zen.

"Il piede mi scivola su una stretta sporgenza; in quella frazione di secondo, mentre aghi di paura mi trapassano il cuore e le tempie, l'eternità interferisce con il presente. Il pensiero e l'azione non sono diversi, e pietre, aria, ghiaccio, sole, paura e l'Io sono uno. È esilarante estendere questa acuta consapevolezza nei momenti più usuali, nell'esperienza momento per momento del gipeto e del lupo, i quali, trovandosi al centro delle cose, non hanno bisogno dei segreti dell'esistere vero. Nel respiro che ora facciamo c'è il segreto che tutti i grandi maestri cercano di dirci, c'è quello che un lama definisce «la precisione e apertura e intelligenza del presente». Lo scopo della meditazione non è l'illuminazione; sta piuttosto nel dare attenzione anche ai momenti non straordinari, nell'appartenere al presente, a nulla se non il presente, nel portarsi questa coscienza dell'adesso in ciascun evento della quotidianità".

Della perdita di questo senso di unità, tra noi e noi stessi, tra noi e il resto, Matthiessen parla anche in un altro suo testo. Un piccolo brano:

"Ben presto il limpido occhio del bambino viene obnubilato da idee e opinioni, preconcetti e astrazioni. Il semplice libero essere si ricopre della pesante armatura dell’io. Solo anni dopo si percepisce d’istinto di essere stati privati del fondamentale sentimento del mistero. Il sole barbaglia attraverso i pini, e il cuore è trafitto, per un istante, dalla bellezza e da uno strano dolore, come se fossero reminiscenze del paradiso. Dopo quel giorno... incominciamo a cercare".

Abbiamo iniziato con l'anapanasati.
Poi la camminata.
Poi l'esercizio dell'osservazione dei pensieri, con la domanda: da dove viene?
In ultimo, seduti, verifichiamo mentalmente e continuamente lo stato della nostra postura. Le ginocchia sono ben appoggiate a terra? La terza vertebra è leggermente in avanti? La schiena è dritta? Le spalle allineate? Il petto? La colonna vertebrale ben allungata? Le mani appoggiano quietamente sulle gambe? Le braccia sono leggermente discostate dal busto? Il mento è fatto rientrare? La lingua appoggia sul palato duro? Le labbra sono chiuse? Gli occhi sono chiusi o leggermente aperti, fissando un punto immaginario a terra davanti a noi? Respiriamo attraverso il naso? È una respirazione addominale? E soprattutto: ci sono tensioni inutili, contratture muscolari non essenziali per la postura medesima?

Alla fine della lezione abbiamo letto e commentato una storia zen che ha come protagonista il maestro Tōrei (clicca qui).