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"Vivere con un'immensa e superba imperturbabilità; sempre al di là -. Avere e non avere a proprio talento le nostre passioni, il nostro pro e contro, concederci per qualche ora a esse, su di esse assiderci come su cavalli o spesso come su asini - si deve infatti saper utilizzare tanto la loro stupidità quanto il loro fuoco. Conservarci i nostri trecento prosceni; e pure gli occhiali neri: giacché esistono casi in cui nessuno deve guardarci negli occhi e ancor meno nei nostro «fondali». E sceglierci per compagno quel vizio birboncello e gioviale che ha nome cortesia. E restare padroni delle nostre quattro virtù, coraggio, perspicacia, simpatia, solitudine. La solitudine è infatti presso di noi una virtù, in quanto sublime inclinazione e trasporto per la pulizia, la quale indovina come nel contatto tra uomo e uomo - «in società» - debba risultare un'inevitabile mancanza di pulizia. Ogni comunità rende in qualche modo, in qualche cosa, in qualche momento - «volgari»" (da Al di là del bene e del male, n. 284). L'imperturbabilità di cui parla Nietzsche produce quella
distanza che permette di 'giocare' con le passioni, usandole, concedendoci o
meno ad esse. Non se ne è più succubi, bensì signori, diventano esse strumenti
in nostra mano. Anche questa può essere riservatezza, l'essere cioè al di là di
dell'ambiente emotivo (senza eliminarlo), l'essere nel nostro fondo insondabile,
protetto da quell'atteggiamento di cortesia rispetto al mondo, alle persone. La
cortesia è quella difesa di se stessi, senza fuggire dal prossimo: è la tutela
del proprio intimo. Per oggi, solo la pratica della consapevolezza del respiro, da seduti. A conclusione della lezione del lunedì abbiamo continuato a leggere qualcosa dalle opere attribuite a Bodhidharma (clicca qui).
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