"Il tuo corpo e la sua grande ragione" (Friedrich
Nietzsche)
Come ultima lezione di giugno (si vedrà se a luglio continueremo o meno) abbiamo
letto il divino Nietzsche:
“Vi scongiuro, fratelli, restate fedeli alla
terra e non credete a quelli che vi parlano di speranze ultraterrene! Sono degli
avvelenatori, che lo sappiano o no. Sono
spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi avvelenati, dei quali la terra
è stanca: se ne vadano pure! [...] Un tempo l'anima guardava al corpo con
disprezzo: e allora questo disprezzo era la cosa più alta: essa lo voleva
macilento, orribile, affamato. Così pensava di sfuggire ad esso e alla terra.
Oh, quest'anima era essa stessa ancora macilenta, orribile e affamata: e la
crudeltà era la voluttà di quest'anima! [...]
Il risvegliato, il sapiente dice: io sono in tutto e per tutto corpo, e niente
al di fuori di esso [...].
Il corpo è la grande ragione, una molteplicità con un unico senso, un conflitto
e la sua ricomposizione, un gregge e un pastore. Utensile del tuo corpo è anche
la tua piccola ragione, fratello mio, che chiami spirito: un piccolo strumento
da lavoro e da gioco della tua grande ragione.
‘Io’ dici tu, e sei orgoglioso di questa parola. Ma la cosa ancora più grande,
cui tu non vuoi credere, è il tuo corpo e la sua grande ragione: essa non dice
‘io’, ma agisce da ‘io’. [...]
Dietro i tuoi pensieri e sentimenti, fratello, sta un possente imperatore, un
saggio sconosciuto - si chiama Sé. Abita nel tuo corpo, è il tuo corpo.
C'è più assennatezza nel tuo corpo che nella tua più assennata saggezza. E chi
può dire a quale scopo il tuo corpo ha bisogno proprio di questa tua saggezza
così assennata. [...]
Il corpo creatore si è creato lo spirito come una mano della sua volontà. [...]
O disprezzatori del corpo, [...] provate rabbia contro la vita e la terra.
Un'inconsapevole invidia è nel torvo sguardo del vostro disprezzo.
Io non vengo per la vostra strada, o disprezzatori del corpo!
[...]
Come mi sono sgradevoli quelle persone che in ogni inclinazione naturale vedono
subito una malattia, qualcosa di deturpante, vergognoso. Loro ci hanno indotto a
credere che le inclinazioni e gli istinti dell'uomo siano malvagi; loro sono la
causa della nostra grande ingiustizia verso la nostra natura, verso tutta la
natura. Ci sono abbastanza
persone che potrebbero abbandonarsi con grazia e spensieratezza ai propri
impulsi, ma non lo fanno per paura di quell'immaginario carattere maligno della
natura. Ecco perché c'è così poca nobiltà tra gli uomini: un suo carattere
distintivo sarà sempre non avere paura del proprio io, non aspettarsi da lui
nulla di vergognoso, volare senza esitazioni, dove ci porta il vento, noi,
uccelli nati liberi. Dovunque arriveremo, intorno a noi, ci saranno sempre spazi
aperti” (Così parlo Zarathustra, Proemio, 3; Parte I, “Dei disprezzatori
del corpo”; La gaia scienza, IV, 294).