«Guarda!» - Forse è questo il verbo
- stupito, aperto, ansioso, accorato -
che potrebbe introdurre ogni poesia:
- guarda! non vedi? - se non vedi
io ti faccio vedere - è per questo
che si è poeti, non per vincere premi
o per vendere libri o rimorchiare.
Io non invento nulla, io non creo:
io ti faccio vedere quel che c'è.
Non vedi come è gonfio di vita impaziente
il tetto della casa qui di fronte?
E come è invece irrequieta la morte
nelle dita del vecchio che tormentano
quella poltrona, davanti alla tivù?
Guarda come l'amore corre svelto
con quella donna bionda che alza il braccio
verso le tinte dei panni che tagliano
da casa a casa il cielo della via.
Senti che odori nel lenzuolo. Impara
che sono i baci a far crescere l'erba
davanti alle stazioni. Vedi? Guarda!
Fermati sulle porte, senti il buio
passare per le stanze: già ti assedia:
devi fare qualcosa: io ti avverto.
Guarda che meraviglia la ragazza
che s'è seduta in terra ad ascoltare
la musica: la vedi? e non t'accorgi
che non innamorarsene è impossibile?
Io non invento nulla, io non creo:
io ti faccio vedere quel che c'è.
Se mi dirai che il tetto è solo un tetto
e si diventa vecchi, c'è poco da fare,
che la donna è una svitata e i panni stesi
sono una sciatteria e il lenzuolo se ha odori
è ora di lavarlo e l'erba cresce
baci o non baci e che dentro le stanze
è normale che è buio e la ragazza
seduta in terra è una ragazza qualsiasi e io
sono pieno di sogni strampalati,
non ti risponderò. Chinerò il capo
come chi perde, come chi fallisce
nel suo dovere: ho scritto brutti versi,
versi da buttar via, se tu non vedi
quello che c'è davanti a te. Ma poi
riproverò, perché sono tenace
e fastidioso, proverò a condurti
in un punto diverso, con un'altra
angolazione, a dirti ancora: «Guarda!»
- che è per questo che faccio il poeta,
perché tu possa vedere quel che c'è.