Continuiamo a leggere alcuni brani tratti da
Esserci. Un commento a "Lo
specchio del chiaro significato":
"Se volete osservare voi stessi, per prima cosa dovete
trovare il vostro sé al fine di osservarlo. [...]
Ciò che dobbiamo fare davvero è sviluppare una nuova forma di osservazione di
sé, più simile allo stare con sé. Essere semplicemente lì mentre tu crei il tuo
sé, osservando questo processo in cui tu fai di te stesso un sé. Perché se tu
non stai creando il tuo stesso sé, chi lo sta facendo? Nello dzogchen
viene espresso così: «Rimanere con chi sta facendo qualsiasi cosa accada». Se
sorgono pensieri, rimani con chi sta pensando quei pensieri. Se sorgono
sensazioni, rimani con chi sta provando quelle sensazioni. Se non sorgono né
pensieri né sensazioni, rimani con chi è completamente insensibile e ottuso.
[...] Se osservate attentamente, siete in grado di vedere la nascita del sé. Ma
se non osservate attentamente, [...] si presenterà sempre come una sede eterna
del sé [...].
Se si trattasse soltanto di scoprire il colpevole, potreste effettuare
un'indagine. Ma con questo genere di indagine il colpevole non esiste. Dunque è
necessario un altro tipo di indagine, differente da quella della polizia. È
un'indagine amichevole! Perché se potete diventare amici di voi stessi, baciarvi
e carezzarvi, iniziate a rilassarvi. E se diventate molto abili, potete 'fare
l'amore' con voi stessi, sciogliendovi completamente, allora non vi fate più del
male. Questo è il principio generale dello dzogchen; e quel piacere,
rilassamento, lasciar andare, serenità, fiducia, spontaneità, queste dilettevoli
qualità sono la via. [...]
Non si tratta di mantenere un tipo di meditazione stabile e rigida, ma di
procurare lo spazio che consenta all'esperienza di sorgere e passare. [...]
Non ci forziamo a fare qualcosa. Cerchiamo piuttosto di aprirci a una relazione
più sottile con la nostra consapevolezza. [...]
Vaghiamo, nel senso che la nostra natura è proprio quella di essere in continuo
movimento. Non è che scegliamo di muoverci o di fermarci, perché anche quando ci
fermiamo, difficilmente ci fermiamo davvero; ci contraiamo, giocherelliamo
nervosamente o facciamo qualcosa, perché la nostra condizione effettiva di
esseri senzienti è che raramente siamo in uno stato di semplice essere. Noi
siamo esseri che agiscono, reagiscono, si agitano, creano di controllare e
rincorrono una sicurezza sfuggente" (pp. 27-30, 32-33, 36).