"Al di fuori della mente non vi è alcun Dharma, né vi è
qualcosa da ottenere all'interno. Cosa state cercando? Dappertutto dite: «C'è
qualcosa da praticare, qualcosa da dimostrare». Non fate errori! Anche se ci
fosse qualcosa da ottenere con la pratica, non sarebbe altro che il karma delle nascita-e-morte. Dite: «Le sei paramita e le diecimila azioni virtuose devono
essere ugualmente praticate?». Secondo me, tutto ciò è proprio creare karma.
Cercare il Buddha e cercare il Dharma è solo creare karma per l'inferno. Anche
cercare lo stato di bodhisattva è creare karma; leggere i sutra e studiare gli
insegnamenti è ancora una volta creare karma. [...]
Vi è un branco di ciechi dalla testa rasata che, dopo essersi rimpinzati di
cibo, si siedono a meditare e a praticare la contemplazione: arrestando il
flusso di pensieri non gli permettono di aver origine; essi odiano il rumore e
cercano la quiete. Questo è il metodo degli eretici. Un patriarca disse: «Se
arrestate la mente per cercare la quiete, risvegliate la mente per illuminare
all'esterno, controllate la mente per purificarvi all'interno, concentrate la
mente per entrare nel samadhi: tutte queste pratiche sono sforzi artificiali».
Il vostro stesso io, l'uomo che proprio in questo momento ascolta così il mio
discorso, in che modo lo si deve coltivare, dimostrare, adornare? Non è un uomo
da coltivare, non è un uomo da adornare. [...]
Si dice: «Quando un uomo cerca di praticare la Via, la Via non agisce, e le
diecimila circostanze dannose gareggiano nel sollevare la testa. Ma quando
lampeggia la Spada della Saggezza, non rimane nulla; prima che si manifesti lo
splendore, l'oscurità è splendente». Per questo un uomo anticamente disse: «La
mente ordinaria è la Via».
Monaci virtuosi, cosa state cercando? L'uomo non-dipendente dalla Via che
proprio in questo momento e davanti ai miei occhi sta ascoltando il mio
discorso, chiaramente distinguibile, siete voi stessi a cui non è mai mancato
nulla. Se volete essere uguali al Buddha-Patriarca, considerate le cose proprio
in questo modo. Non c'è alcun bisogno di esitare" (dal cap. XVII).
Non c'è oggetto di ricerca spirituale. La pratica si conclude
in se stessa, non c'è nulla che vada ottenuto. L'atteggiamento proprio di chi
vuole ottenere, di chi desidera con la pratica conquistarsi qualcosa non fa
altro che perpetuare il solito meccanismo dualistico fatto di bisogni e ricerca
di ciò di cui si sente la mancanza (cioè: produzione di ulteriore karma). Anche
la pratica morale (le sei paramita sono le sei "virtù" secondo il buddhismo
classico: generosità, morale, pazienza, energia, meditazione e saggezza) intesa
come percorso di realizzazione è solo una versione un po' più raffinata
dell'agire bene per andare in paradiso. Si è sempre all'insegna dell'ego, dei
suoi piccoli desideri, della sua violenta immaturità. Cercare, voler cambiare è
solo altro karma.
Così anche - ovviamente - la meditazione intesa in modo dualistico: medito per
bloccare i miei pensieri, medito per ritirarmi in una interiorità che vivo come
rifugio dall'esteriorità, medito per poter apparire realizzato, medito perchè,
non accettando la mia realtà, cerco la sua soluzione nella quiete, medito perché
voglio passare dal mio stato di non-illuminato a quello di illuminato. È ancora
dualismo, è sempre sforzo, è artificio.
Non c'è nulla da coltivare, nulla da cambiare, il sé autentico non ha necessità
di essere adornato attraverso particolari pratiche di cambiamento. La Via agisce
naturalmente, non va costruita, non va cercata: appena ti sforzi di entrarci, ne
sei fuori, tutto ti è d'ostacolo. Nello splendore della Via invece non c'è nulla
che non sia Via, nulla che non splenda, nulla che separi dalla Via, nessuna
oscurità contrapposta a questo splendore, nessuna situazione da cui uscire, da
abbandonare alla ricerca della Via.
"La mente ordinaria è la Via". È la semplice verità di tutti i buddha. Non hanno
altro da dire, da insegnare.