"L'incarnazione del misterioso principio di tutti i buddha" (Lin-chi)
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"L'incarnazione del misterioso principio di tutti i buddha" (Lin-chi)


Continuiamo a leggere dal Lin-chi-lu:

"«Il materiale grossolano di cui siete costituiti è alla mercé dei quattro elementi, la terra, l'acqua, il fuoco e il vento; il materiale sottile di cui siete costituiti è alla mercé delle quattro fasi, nascita, esistenza, decadimento e morte. Seguaci della Via, per evitare di essere sbattuti qua e là dalle circostanze, dovete percepire immediatamente lo stato in cui i quattro elementi e le quattro fasi sono senza-forma».
Qualcuno chiese: «Qual'è lo stato in cui i quattro elementi e le quatto fasi sono senza-forma?».
Il Maestro disse: «Un istante di dubbio nella vostra mente e siete ostacolati dalla terra; un istante di avidità nella vostra mente e siete sommersi dall'acqua; un istante d'ira nella vostra mente e siete scottati dal fuoco; un istante di gioia nella vostra mente e siete in balìa del vento. Acquisite un simile discernimento, e non sarete più mossi qua e là dalle circostanze [...]. Seguaci della Via, quello che in questo momento sta ascoltando il mio discorso non è i vostri quattro elementi; è colui che usa i vostri quattro elementi. Se lo potete comprendere perfettamente, siete liberi di andare o rimanere come volete.
Dal mio punto di vista, non esiste usa sola cosa da detestare. Se amate il 'sacro', ciò che è sacro non è altro che il nome 'sacro'. [...]
L'uomo che si serve di ogni circostanza è l'incarnazione del misterioso principio di tutti i buddha. Lo stato della buddhità non dichiara di se stesso: 'Io sono lo stato di buddhità!'; piuttosto, questo autentico uomo della Via che non dipende da nulla, avanza servendosi di ogni stato.
[...] Sebbene vi siano diecimila stati differenziati, l'uomo stesso non varia»" (dai capp. XIV-XV-XVI).

Il corpo e ciò che è relativo ad esso sono composti dai quattro elementi; in quanto tali, impermanenti, non sostanziali. I processi mentali sono anch'essi soggetti alla temporalità, al ciclo della nascita e della morte. La natura quieta, stabile dell'uomo è quindi al di là (prima) di tutto questo: è lo stato senza-forma, il vuoto, nel quale navigano i quattro elementi. In esso si è liberi di andare e venire, fuori di esso si è in balia della mutevolezza delle circostanze. Il vuoto è al fondo di quei 'Chi sono?', 'Chi ascolta?', 'Chi pensa?', che fanno parte di quella pratica che conduce alla mente naturale.
Nulla è sacro, nulla è da detestare, nulla è profano, nulla è da accettare. Tutto va accolto, nulla va rifiutato. È importante passare dal piano della ricerca della realizzazione a quello dell'accogliere ciò che è. La realizzazione - del resto - è riconoscere il reale, la non fuga dall'istante presente. Il resto è dualismo e immaturità.
Il non affermare da parte di un buddha la sua buddhità significa l'abbandono di atteggiamenti definitori, classificatori. Non c'è nessuna sostanza, alcuna identità da riconoscere. C'è una verità più vera di quella che ci parla della pratica come conoscenza di sé: la pratica come svuotamento di questa auto-centratura, di questa attenzione ego-centrata. Si conosce il sé, finché si è sul piano dello psicologico; quando c'è il vuoto e il libero darsi degli enti al suo interno, non c'è nulla da conoscere, nulla da capire. Non c'è da fare niente. Questo uomo vuoto non varia, pur "servendosi di ogni stato".