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"Il mettere in serbo l'ira, che è risentimento, esige l'antidoto del perdono; ma la conservazione dell'ira è molto più significativa del perdono. Il perdono non è necessario quando non c'è accumulo d'ira. Il perdono è essenziale se c'è risentimento, rancore; ma l'affrancarsi dall'adulazione e dal senso dell'offesa, senza la durezza dell'indifferenza, apre la strada della misericordia e della carità. Non ci si può liberare dall'ira con l'azione della volontà, perché la volontà è parte della violenza. La volontà è il risultato del desiderio, la brama di essere; e il desiderio è per la sua stessa natura aggressivo, prepotente. Soffocare l'ira con uno sforzo di volontà significa trasferire l'ira a un altro livello, darle un nome differente; ma continua ad essere parte della violenza. Per essere liberi dalla violenza [...] si deve avere la comprensione del desiderio. [...] Ci deve essere una muta consapevolezza, senza scelta, del desiderio; e questa consapevolezza passiva è la diretta sperimentazione del desiderio senza uno sperimentatore che gli dia un nome" (da Meditazioni sul vivere, p. 72). Ci sarebbero tanti punti da evidenziare in questo testo. Ma non possiamo attardarci più di tanto. Diciamo almeno però - questo è massimamente importante - che qui non si parla di repressione del desiderio, ma di comprensione. E non si parla neppure di giudizio riguardante il desiderio stesso, bensì di sperimentare il suo meccanismo senza dargli nome: buono, cattivo, morale, immorale, ecc. La repressione è chiusura, è violenza; il dare nomi è dualismo, bigottismo, è uno schermo che ci vieta la 'diretta sperimentazione'. La diretta sperimentazione non sceglie. Finché rimaniamo sul piano delle scelte (compiute dalla nostra volontà) saremo succubi del nostro temperamento, dei nostri desideri altalenanti. Come posso affidarmi a me stesso se mi fermo alla mia volontà? C'è qualcos'altro prima. E se non lo sento personalmente, non lo capirò mai. Abbiamo iniziato con la consapevolezza del respiro. A conclusione della lezione del lunedì
abbiamo letto e commentato un altro brano tratto dal Denkoroku (clicca
qui).
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