
| |
Lankavatara-sutra
L’AUTO-REALIZZAZIONE DELLA NOBILE SAGGEZZA
Basato sulla Traduzione del Lankavatara del Professor D.T. Suzuki
Prefazione:
Gli studi sul LANKAVATARA SUTRA del Prof. SUZUKI furono pubblicati nel 1929,
e la sua traduzione del LANKAVATARA, nel 1932 (G. Routledge & Son, Londra). I
suoi scritti destarono molto interesse verso il LANKAVATARA il quale, fino a che
questi studi non apparvero, era stato quasi del tutto ignoto al mondo europeo.
Essi destarono anche molta ammirazione per lo studio e la pazienza del Professor
Suzuki nel portare a conclusione un così grande compito ed in una così dotta
maniera.
Per la natura del testo Sanskrito originale, la traduzione inglese è alquanto
difficile da leggere e il Prof. Suzuki sentì che, se il Sutra fosse stato letto
da molti lettori normali, un suo diretto intervento nella curazione per una più
facile lettura era davvero necessario. Per questa ragione egli curò la
traduzione, ma, ovviamente, il Prof. Suzuki non deve in nessun senso essere
ritenuto responsabile per il carattere o le interpretazioni.
Nello stile generale adottato dal redattore, il lungo capitolo introduttivo, il
capitolo del "mangiatore-di-carne", ed il capitolo sulla Dharani, furono
completamente omessi essendo tarde aggiunte ed in nessun diretto senso correlate
al tema del Sutra. Il lungo capitolo di versi anche è stato omesso, essendo
oscuro e ripetitivo; e l’essenza dei versi è stata data nelle sezioni in prosa,
in quanto essi possono essere omessi senza una perdita dell'interesse per una
lettura più facile. In più, certe piccole sezioni sono omesse a causa della loro
oscurità, o anche perché non sembrano aggiungere nulla alla delucidazione della
tesi principale.
Nella seconda parte, il Sutra fu tagliato in sezioni più piccole e ricomposto in
una sequenza più ordinata. Nella terza parte, le sezioni piccole furono riunite
e rese condensate omettendo ripetizioni, questioni oscure o noiosamente
controverse. Nella quarta parte, fu introdotto un minimo di spiegazioni. Ciò era
assolutamente necessario se il Sutra doveva essere letto facilmente e
piacevolmente, ma le interpretazioni furono confinate a questioni trovate
all'interno del testo stesso. Spesso l'autore del Sutra si riferisce ad
un'importante dottrina composta da una sola parola (Dharma), che se tradotta
risulterebbe senza senso per le moderne orecchie occidentali; in tali casi non
c’era nient’altro da fare, se non interpretarla in un modo più o meno aderente,
così che la lettura possa scorrere più facilmente, tuttavia, io mi sono guardato
bene dal fare più del necessario per rivelare il pieno significato del testo.
Introduzione:
Siccome per la traduzione del LANKAVATARA SUTRA è stata fatta dal Prof. Suzuki
una estesa Introduzione ai suoi Studi, allora qui è necessaria solo una
asserzione breve. Non ci è noto il suo autore, né il tempo della sua
composizione, nè come fosse la sua forma originale. Si dice che originalmente
fosse consistito di 100,000 versi, ed il secondo capitolo del presente testo ha
una nota in calce che dice: "Qui finisce il secondo capitolo della Raccolta di
tutti i Dharma, preso dal Lankavatara di 36,000 versi". Perciò, sembra che esso
fosse in origine una raccolta di versi che coprono tutti gli insegnamenti
principali del Buddismo Mahayana. Questa enorme raccolta di versi divenne una
fonte dalla quale i Maestri selezionarono i testi per le loro dissertazioni.
Siccome i versi erano molto epigrammatici, oscuri e sconnessi, nel corso del
tempo i discorsi furono memorizzati ed i versi per lo più dimenticati, finchè
nel testo attuale sono rimasti soltanto 884 versi. Il testo attuale ha l’aspetto
di essere una sorta di quadernetto di un discepolo, in cui egli aveva scritto
estratti o cenni delle dissertazioni del suo maestro su alcuni di questi versi.
Generalmente si pensa che il presente testo sia stato compilato nel I° secolo
d.C., probabilmente poco prima del “Risveglio della Fede” di Ashvagosha a cui
somiglia molto dottrinalmente. La prima data collegata ad esso, è quella della
prima traduzione Cinese fatta da Dharmaraksha circa nel 420 d.C. e che andò
persa prima del 700. Tre altre traduzioni Cinesi sono state fatte: una di
Gunabhadra nel 443; una di Bodhiruci nel 513; ed una di Shikshananda circa nel
700. C'è anche una versione Tibetana.
Il Sutra è stato sempre un favorito per la Setta Ch'an (Zen, in Giappone) e ha
avuto molto a che fare con l'origine e sviluppo di quella scuola. Una tradizione
dice che quando Bodhidharma diede la sua ciotola di mendicante e la sua veste al
suo successore, gli diede anche la sua copia del Lankavatara, dicendogli che lui
non avrebbe avuto bisogno di nessun altro sutra. Nel primo periodo del Ch'an, il
Sutra fu studiato moltissimo, ma a causa delle sue difficoltà e oscurità fu
lasciato gradualmente cadere fuori dall’uso comune e venne poi trascurato nei
successivi mille anni. Tuttavia, durante quel tempo, molti grandi Patriarchi gli
hanno dedicato un soggetto di studio e molti commentari sono stati scritto su di
esso. Benché altri sutra siano stati comunemente più letti, nessuno è stato più
influente nel fissare le dottrinarie regole generali del Buddismo Mahayana, e
nel farlo essere generalmente adottato dal Buddismo Zen in Cina, Corea e
Giappone.
Per finire, bisogna fare almeno un accenno sugli insegnamenti caratteristici del
LANKAVATARA. Esso non è scritto come un trattato filosofico, per stabilire un
certo sistema di pensiero, ma è stato scritto per chiarire l’esperienza più
profonda che giunge allo spirito umano. Esso ovunque disapprova la dipendenza da
parole e dottrine e spinge tutti verso la saggezza di fare un deciso sforzo per
raggiungere questa suprema esperienza. Ancora e ancora esso ripete il motivo con
variazioni: "Mahamati, Tu e tutti i Bodhisattva-Mahasattva dovreste evitare i
ragionamenti erronei dei filosofi e cercare questa auto-realizzazione della
Nobile Saggezza". Per questa ragione il LANKAVATARA deve essere classificato tra
le intuitive scritture dell'Oriente, piuttosto che con la letteratura filosofica
Occidentale. In Cina, esso si combinò facilmente con la accettata credenza dei
Cinesi, nella concezione del Tao di Laotsu ed il suo idealismo etico, per
rendere il Buddismo di Cina e Giappone molto pratico e austero, piuttosto che
solo filosofico ed emotivo.
Il Lankavatara Sutra - Auto Realizzazione della Nobile Saggezza
Capitolo 1° La Discriminazione
“Così io ho udito. Il Bhagavan (Beato) apparve una volta nel Castello di Lanka
che si trova sulla cima del Monte Malaya nel mezzo del grande Oceano. Molti
grandi Bodhisattva-Mahasattva si erano miracolosamente riuniti arrivando da
tutte le Terre del Buddha, ed anche un gran numero di ‘bhikshu’ si radunarono in
quel luogo. I Bodhisattva-Mahasattva, con alla loro testa Mahamati, erano tutti
perfetti maestri dei vari Samadhi, il Decuplice Autocontrollo, i dieci Poteri, e
le sei Facoltà Psichiche. Essendo stati attivati dalle stesse mani del Buddha,
tutti loro comprendevano bene il significato del mondo oggettivo; tutti loro
sapevano come applicare i vari metodi, gli insegnamenti e le misure della
diciplina secondo le varie mentalità ed i comportamenti degli esseri; essi erano
tutti completamente addestrati nei cinque Dharma, i tre Svabhava, gli otto
Vijnana, e la duplice Assenza di Ego.
Il Bhagavan, ben conoscendo le agitazioni mentali che stavano arrivando nelle
menti delle persone radunate (come la superficie di un oceano, scossa dalle onde
agitate dai venti di passaggio), il suo grande cuore si mosse a compassio-ne,
sorrise e disse: ‘Nell’antichità, i Tathagata del passato, che erano gli Arhat e
Quelli-pienamente-illuminati, giunsero al Palazzodi Lanka sul Monte Malaya e
discussero sulla Verità della Nobile Saggezza che è oltre la ragionevole
cono-scenza dei filosofi, come pure è oltre la comprensione di maestri e
discepoli ordinari; e che è realizzabile soltanto all'interno della propria
intima coscienza; Anch’io, per vostro comodo, vorrei parlare della stessa
Verità. Tutti coloro che si vedono nel mondo sono privi di sforzo ed azione,
perché tutte le cose del mondo sono come un sogno, o come un'immagine proiettata
in modo miracolo-so. Ciò non è compreso dagli ignoranti né dai filosofi, ma
coloro che vedono le cose in questo modo le vedono nel vero modo. Coloro che
vedono le cose in modo diverso da questo, camminano nella discriminazione e,
poiché dipendono dalla discriminazione, essi si aggrappano alla dualità. Il
mondo, come appare con la discriminazione, è come quando si vede la propria
immagine riflessa in uno specchio, o l'ombra di una persona, o la luna riflessa
nell’acqua, o un'eco sentito in una valle. Le persone che si attaccano alle loro
proprie ombre della discriminazione, diventano attaccate a questa ed a quella
cosa, e non riuscendo ad abbandonare la dualità, continuano a discriminare per
sempre, e così non raggiungono mai la tranquillità. Per tranquillità si intende
l'Unicità (o Unità), e l'Unicità genera il più alto Samadhi che è ottenuto
entrando nel reame della Nobile Saggezza, realizzabile solo all'interno della
propria coscienza intima.
Allora tutti i Bodhisattva-Mahasattva si alzarono dai loro seggi e fecero il
loro rispettoso omaggio, poi Mahamati il Bodhisattva-Mahasattva sostenuto dal
potere dei Buddha tirò su una spalla il manto, si inginocchiò e giungendo
insieme le mani, lo lodò con i seguenti versi:
“Come anche il più concreto mondo, con la Tua perfetta intelligenza e
com-passione, sembra a Te come un etereo fiore di cui non si può dire: è nato, è
distrutto, perché i termini ‘essere e non-essere’ non si applicano ad esso.
Come anche il più concreto mondo, con la Tua perfetta intelligenza e
com-passione, sembra a Te come un sogno di cui non si può dire: è permanente o è
distruttibile, perché l'essere e il non-essere non si applica ad esso.
Come anche tutte le cose più concrete, con la Tua perfetta intelligenza e
compassione, sembrano a Te come visioni oltre la portata della mente umana,
poiché essere e non-essere non si applicano ad esse. Con la Tua perfetta
intelligenza e compassione, che sono oltre ogni limite, Tu comprendi l’assenza
di ego delle cose e delle persone, e sei libero e puro dagli ostacoli di
passione e superbia ed egoismo. Tu non svanisci nel Nirvana, né il Nirvana
dimora in Te, perché il Nirvana trascende ogni dualità di conoscenza e
conosciuto, essere e non-essere. Coloro che vedono così Te, sereno ed oltre la
concezione, saranno emancipati dall’attaccamento, saranno purificati da ogni
contaminazione, sia in questo mondo che nel mondo spirituale dell’aldilà. In
questo mondo la cui natura è come un sogno, c'è posto per la lode ed il biasimo,
ma nell'assoluta Realtà del Dharmakaya che è ben oltre i sensi e la mente che
discrimina, cosa c’è da lodare? O Tu, che sei il più Saggio!
Poi Mahamati il Bodhisattva-Mahasattva disse: O Beato, o Sugata, Arhat e
Illuminato, ti prego di parlarci sulla realizzazione della Nobile Saggezza che è
oltre l’uso e il modo dei filosofi; che è priva di tutti i predicati come
‘essere e non-essere, unicità e diversità, dualità e non-dualità, esistenza e
non-esistenza, eternità e non-eternità’; che non ha niente a che fare con
l’individualità e la generalità, né con la falsa-immaginazione, né con qualsiasi
illusione che sorga dalla mente stessa; ma che si manifesta come la Verità della
Suprema Realtà. Per cui, avanzando continuamente negli stadi della
purificazione, uno alla fine entra nel Livello del Tathagata, in cui, per il
potere del suo voto originale, con uno sforzo inatteso, uno irradierà la sua
influenza sugli infiniti mondi, come una gemma che riflette i suoi variegati
colori, dove io e gli altri Bodhisattva-Mahasattva saremo resi idonei a portare
tutti gli esseri alla stessa perfezione della virtù.
Il Beato disse: ‘Ben fatto, ben fatto, Mahamati! E ancora, ben fatto, davvero! È
per merito della tua compassione per il mondo, per il beneficio che porterà alle
molte persone del genere umano e celeste, che ti sei presentato da solo primo
fra noi per fare questa richiesta. Perciò, Mahamati, ascolta bene e veramente
rifletti su quello che dirò, perchè io ti istruirò’.
Allora Mahamati e gli altri Bodhisattva-Mahasattva devotamente prestarono
attenzione all'insegnamento del Beato.
“Mahamati, poiché gli ingenui e gli ignoranti, non sapendo che il mondo è
soltanto un qualcosa visto nella mente stessa, si attaccano alla moltitudine di
oggetti esterni, ed alle nozioni di essere e non-essere, unità e diversità,
dualità e non-dualità, esistenza e non-esistenza, eternità e non-eternità, e
pensano che essi possiedano un’auto-natura di per-se-stessi, perciò tutto ciò
che sorge dalle discriminazioni della mente ed è perpetuato da
energia-abitudine, e da cui essi sono determinati, è una falsa immaginazione. È
tutto come un miraggio in cui giochi d’acqua sono considerati come se fossero
reali. Essi sono così imma-ginati dagli animali che, assetati dal caldo della
stagione, corrono verso di essi. Gli animali non sanno che quelle visioni
d’acqua sono un’allucinazione delle loro menti, non realizzano che là non c’è
alcuna vera fonte. Allo stesso modo, o Mahamati, gli ignoranti e gli ingenui,
con le loro menti che bruciano nel fuoco dell'avidità, rabbia e follia, trovando
delizia in un mondo di molteplici forme, con i loro pensieri ossessionati da
idee di nascita, crescita e distruzione, senza comprendere cosa significhi
l’esistenza e la non-esistenza, ed essendo impressionati da discriminazioni e
speculazioni erronee fin da tempi senza inizio, cadono nell'abitudine di
aggrapparsi a questo ed a quello, e divenendo con ciò profondamente attaccati ad
essi.
È come la città dei Gandharva, che l'inconsapevole prende per essere una vera
città sebbene infatti non sia così. La città appare come in una visione che si
deve al loro attaccamento alla memoria di una città, preservata nella mente come
un seme; così si può dire che la città sia esistente e non-esistente. Allo
stesso modo, aggrappandosi alla memoria di erronee speculazioni e dottrine
accumulate, fin da tempi senza inizio, tenersi fissati a tali idee come l’uno e
i molti, l’essere e il non-essere, ed i loro pensieri non sono affatto chiari
per ciò che dopo tutto è solo una visione della mente. È come un uomo che in
sonno sogna di una contrada che sembra essere piena di vari uomini, donne,
elefanti, cavalli, macchine, pedoni, villaggi, città, case, palazzi, vacche,
bufali, boschi, montagne, fiumi e laghi, e che si muove in quella contrada, fin
a ché si sveglia. Finchè giace mezzo addormentato, egli ricorda la città dei
suoi sogni e rivive le sue esperienze là; cosa pensi, Mahamati, questo sognatore
che sta lasciando che la sua mente pensi alle varie irrealtà che ha visto nel
suo sogno, - deve essere considerato saggio o sciocco? Allo stesso modo,
l'ignorante e l’ingenuo che sono piacevolmente influenzati dalle visioni erronee
dei filosofi, non rico-noscono che le visioni che li influenzano sono solamente
idee come-sogni che hanno origine nella mente stessa, e di conseguenza essi si
fissano sulle loro nozioni di uno e molti, di essere e non-essere. È come la
tela di un pittore sulla quale gli ignoranti immaginano di vedere le elevazioni
delle montagne e le depressioni delle valli.
Allo stesso modo, oggi vi sono persone che sono attratte dall'influenza di
simili prospettive erronee come ‘l’uno e l’altro’, due e non-due, e la cui
mentalità è condizionata dall'energia-abitudine di queste false-immaginazioni e
che più tardi dichiareranno a coloro che sostengono la vera dottrina di
nessuna-nascita, di essere nichilisti e così facendo porteranno se-stessi e gli
altri alla rovina. Per la naturale legge di causa ed effetto, questi seguaci di
visioni perniciose sradicano le loro cause meritorie che altrimenti li avrebbero
condotti verso una purezza immacolata. Queste persone devono essere evitate da
coloro che desi-derano cose più eccellenti.
È come uno che a causa della sua vista offuscata vede una ragnatela in cielo ed
esclama ad un altro: "Guarda, è meravigliosa!" Ma la ragnatela non è mai
esistita; infatti; non è un'entità, né una non-entità, perciò è stata vista e
non è stata vista. Allo stesso modo, coloro la cui mente si è assuefatta alle
discrimi-nazioni di visioni erronee tanto care ai filosofi e che sono
determinate in base alle irrealistiche visioni di essere e non-essere,
contraddiranno il buon Dharma e finiranno per distruggere se stessi e gli altri.
È come una ruota di fuoco fatta con un tizzone ardente fatto ruotare che non è
una vera ruota ma che è immaginata tale dall'ignorante. E né essa è una
non-ruota per il fatto che non è stata vista da qualcuno. Con lo stesso
ragionamento, quelli che hanno l'abitudine di dar ascolto alle discriminazioni e
alle visioni dei filosofi guarderanno le cose nate come non-esistenti e quelle
distrutte da cause come esistenti. È come uno specchio che riflette i colori e
le immagini determi-minato dalle condizioni ma senza alcuna parzialità. È come
l'eco del vento che porta il suono di una voce umana. È come un miraggio di
acqua mobile vista in un deserto. Allo stesso modo, la mente discriminante
dell'ignorante che è stata agitata da immaginazioni e speculazioni false si è
fusa nell’onda del miraggio, a causa dei venti di nascita, crescita e
distruzione. È come il mago Pisaka, che per mezzo delle sue parole crea
l’incantesimo di un pupazzo di legno o di un corpo morto per farlo sembrare
pulsante di vita, benchè non ne abbia affatto il potere. Allo stesso modo, gli
ignoranti e gli ingenui, sottomettendosi alle visioni erronee dei filosofi,
diventano totalmente fedeli all’idea dualistica di ‘l’uno e l’altro’, ma la loro
fiducia è mal riposta. Per questa ragione, Mahamati, tu e gli altri
Bodhisattva-Mahasattva dovreste abbandonare tutte le discrimina-zioni che
conducono alle nozioni di nascita, mantenimento e distruzione, di unicità e
diversità, di due e non-due, di essere e non-essere e quindi liberarvi dalla
schiavitù dell’energia-abitudine, diventando capaci di raggiungere dentro voi
stessi la realtà realizzabile della Nobile Saggezza”.
Allora Mahamati disse al Beato: “Perché l’ignorante è sottoposto alla
discrimi-nazione ed il saggio no?”
Il Beato rispose: “E’ perché gli ignoranti si aggrappano ai nomi, ai segni e
alle idee; siccome le loro menti si muovono lungo questi canali, essi si
alimentano della molteplicità degli oggetti e sprofondano nella nozione di un
ego-anima e ciò che ad esso appartiene; Essi fanno discriminazioni sul bene e
sul male delle apparenze, e si attaccano al piacevole. Poichè si aggrappano in
questo modo c'è un ritorno all'ignoranza, e così si accumula il karma nato da
avidità, rabbia e follia. Poiché l’accumulazione del karma li segue sempre,
allora essi diventano imprigionati nel bozzolo della discriminazione e sono
incapaci di liberarsi dal circolo di nascita e morte.
A causa della follia, essi non comprendono che tutte le cose sono come maya,
come il riflesso della luna nell’acqua, che non c'è nessuna auto-sostanza che
può essere immaginata come un'ego-anima con le sue proprietà, e che tutte le
loro definite idee sorgono dalle loro false discriminazioni su ciò che esiste
solo nel modo come la stessa mente lo vede. Essi non comprendono che le cose non
hanno nulla a che fare con qualificazioni e qualificare, né con il flusso della
nascita, mantenimento e distruzione, mentre invece essi asseriscono che le cose
sono nate da un creatore, dal tempo, dagli atomi, da qualche spirito celeste. È
perché gli ignoranti cedono alla discriminazione che essi sono mossi nel flusso
delle apparenze, ma per il saggio non è così”.
Capitolo II ° False-Immaginazioni e Conoscenza delle Apparenze
Allora Mahamati, il Bodhisattva-Mahasattva, parlò al Beato, dicendo: “Tu parli
delle erronee visioni dei filosofi; vuoi per favore parlarci di esse, così che
noi si possa stare in guardia contro di esse?”
Il Beato rispose, dicendo: “Mahamati, in questi insegnamenti erronei che sono
generalmente sostenuti dai filosofi il falso è questo: essi non riconoscono che
il mondo oggettivo sorge dalla mente stessa; essi non comprendono che anche
l’intero sistema-mente deriva dalla mente stessa; ma siccome dipendono da queste
manifestazioni della mente come se fossero reali, essi continuano a
discriminarle, da quei sempliciotti che sono, mantenendo con cura la dualità di
questo e di quello, di essere e non-essere, ignoranti al fatto che non c'è altro
che un'unica comune Essenza.
Al contrario, il mio insegnamento è basato sul riconoscimento che il mondo
oggettivo, come visione, è una manifestazione della mente stessa; esso insegna
la cessazione dell'ignoranza, del desiderio, dell’azione e della causazione;
esso insegna la cessazione della sofferenza che deriva dalle discriminazioni del
triplice mondo.
Vi sono alcuni studiosi del Brahman che, presumendo che qualcosa esca dal nulla,
asseriscono che vi sia una sostanza delimitata da una causalità che resiste nel
tempo, e che gli elementi che costituiscono la personalità ed il suo ambiente
hanno la loro genesi e la continuazione nella causalità e che quindi dopo essere
esistita, scompare. Poi vi sono altri studiosi che sostengono un punto di vista
distruttivo e nichilistico che concerne soggetti come continuazione, attività,
separazione, esistenza, Nirvana, il Sentiero, il karma, la fruizione e la
Verità. Perché? Perché essi non hanno raggiunto una comprensione intuitiva della
Verità stessa e perciò non hanno una chiara intuizione dei fondamentali principi
delle cose. Essi sono come un vaso rotto in pezzi che non è più in grado di
funzionare come un vaso; sono come semi bruciati che non sono più capaci di
germogliare. Ma gli elementi che costituiscono la personalità ed il suo
ambiente, che essi guardano come soggetti a cambiare, sono veramente incapaci di
ininterrotte trasformazioni. Le loro visioni sono basate sulle erronee
discriminazioni del mondo oggettivo; non sono basate su vere concezioni.
Ancora, se è vero che qualcosa viene fuori dal nulla e c'è il sorgere del
sistema-mente in ragione delle combinazioni delle tre cause produttrici di
effetto, noi potremmo dire lo stesso di qualunque cosa non-esistente: per
esempio, che ad una tartaruga possano crescere i peli, o che la sabbia produca
l’olio. Questa proposizione è di nessun vantaggio; finisce per non affermare
niente. Ne consegue che l'atto, l’opera e la causa di cui essi parlano, non sono
di alcun uso, e così anche il loro riferimento all’essere e non-essere, se essi
disputano che vi è una combinazione delle tre cause produttrici di effetto,
devono farlo sul principio di causa ed effetto, cioè che qualcosa nasce da
qualcosa e non esce fuori dal nulla. Finchè un mondo di relatività è asserito,
vi è una catena sempre ricorrente di causalità che in ogni circostanza non può
essere negata, perciò noi non possiamo parlare di una cosa che va a finire o di
una cessazione. Finché questi studiosi rimangono sul loro terreno filosofico, le
loro dimostra-zioni devono adattarsi alla logica, ed i loro manuali, con la
memoria abituata ai ragionamenti erronei, saranno sempre aggrappati ad essi. A
peggiorare le cose, gli stolti, avvelenati da queste visioni erronee,
dichiareranno che questo modo scorretto di pensare, insegnato all'ignorante, è
lo stesso come quello presentato dall'Onnisciente.
Ma il metodo di istruzione presentato dal Tathagata non è basato su asserzioni e
confutazioni per mezzo di parole e logica. Vi sono quattro forme di asser-zione
che possono essere fatte riguardo a cose che non esistono, cioè asserzioni fatte
su segni individuali che non sono in esistenza; su oggetti che non sono in
esistenza, su una causa che è non-esistente; e su visioni filosofiche erronee.
Per confutazione si intende che uno, a causa dell'ignoranza, non ha
adeguatamente esaminato l'errore che è alla base di queste asserzioni.
L'asserzione sui segni individuali che non hanno realmente alcuna esistenza,
concerne i segni distintivi percepiti da occhio, orecchio, naso, ecc. indicando
l’individualità e la generalità negli elementi che costituiscono la personalità
ed il suo mondo esterno; e poi, prendendo questi segni come realtà ci si attacca
ad essi, si cade nell’abitudine o si afferma che le cose sono proprio così e non
in un altro modo.
L'asserzione circa gli oggetti che non sono esistenti è un'asserzione che sorge
dall'attaccamento a questi associati segni di individualità e generalità. Gli
oggetti di per sé non sono né nell'esistenza né nella non-esistenza e sono
piutto-sto privi dell’alternativa di essere e non-essere; e si dovrebbe solo
pensare ad essi come si pensa alle corna di una lepre, di un cavallo o di un
cammello, che in realtà non esistono. Gli oggetti sono discriminati dagli
ignoranti che sono assuefatti ad asserzione e negazione, poiché la loro
intelligenza non è abba-stanza acuta per penetrare nella verità che non c'è
nient’altro che ciò che è visto nella stessa mente.
L'asserzione di una causa che è non-esistente presume la nascita senza causa del
primo elemento del sistema-mente che più tardi verrà ad avere solamente una
forma di non-esistenza simile alla maya. Cioè, vi sono filosofi che asseri-scono
che un sistema-mente originariamente non nato comincia a funzionare nelle
condizioni di occhio, forma, luce e memoria, i quali funzionando vanno avanti
per qualche tempo e poi cessano. Questo è un esempio di una causa che è
non-esistente.
L'asserzione di visioni filosofiche concernenti gli elementi che costituiscono
la personalità ed il suo mondo circostante che sono non-esistenti, presume
l'esistenza di un ego, un essere, un anima, un essere vivente, un
"alimentatore", o uno spirito. Questo è un esempio di visioni filosofiche che
non sono vere. È questa combinazione di discriminazione di immaginari segni
dell'individualità, raggruppandoli, dando loro un nome e divenendo attaccati ad
essi come oggetti, in ragione dell’energia di abitudine che è stata accumulata
da tempi senza inizio, e che uno costruisce in base alle visioni erronee, la cui
sola base è la falsa-immaginazione. Per questa ragione, i Bodhisattva dovrebbero
evitare tutte le discussioni relative alle asserzioni e negazioni la cui sola
base siano le parole e la logica.
La discriminazione-parola viene dalla coordinazione di cervello, torace, naso,
gola, palato, labbra, lingua e denti. Le parole non sono differenti, né
non-differenti, dalla discriminazione. Le parole sorgono dalla discriminazione
come la loro causa; se le parole fossero differenti dalla discriminazione esse
non potrebbero avere la discriminazione come loro causa; e ancora, se le parole
non fossero differenti, esse non potrebbero portare ad esprimere un significato.
Quindi, le parole sono prodotte dalla causalità, cambiano e si condizionano
reciprocamente e, proprio come cose, sono soggette a nascita e distruzione.
Vi sono quattro tipi di discriminazioni-parole, ognuno dei quali deve essere
evitato, perché sono tutti ugualmente irreali. Come primo tipo, vi sono parole
che indicano segni individuali che sorgono da forme e segni che discriminano
come se fossero reali di per sé e, poi diventano attaccati ad essi. Secondo, vi
sono parole-memoria che sorgono da circostanze irreali che vengono prima alla
mente quando ci si ricorda dell'esperienza precedente. Poi vi sono parole che
scaturiscono dall'attaccamento alle distinzioni e speculazioni erronee dei vari
processi mentali. E infine, vi sono parole che escono fuori da pregiudizi
eredi-tati come energia abitudinaria di semi accumulati da tempi senza inizio, o
che ebbero la loro origine in qualche attaccamento, da tempo dimenticato, a
false-immaginazioni e erronee speculazioni.
Poi vi sono parole a cui non corrispondono oggetti, come per esempio le corna
della lepre, il figlio di una donna sterile, ecc. – queste cose non ci sono però
noi abbiamo le parole, proprio le stesse. Le parole sono una creazione
artificiale; vi sono Terre di Buddha in cui non ci sono parole. In alcune Terre
di Buddha, le idee sono indicate guardando fissamente, in altri con gesti, in
altri ancora con un cipiglio, con un movimento degli occhi, ridendo,
sbadigliando, schiarendosi la gola, o tremando. Per esempio, nella Terra di
Buddha di Samantabhadra, tramite un dhyana che trascende parole e idee, i
Bodhisattva ottengono il riconoscimento che tutte le cose sono non-nate, e
sperimentano anche vari Samadhi eccellenti che trascendono ogni parola. Anche in
questo mondo, esseri specializzati come formiche ed api, portano molto bene
avanti le loro attività senza far ricorso a parole. No, Mahamati, la validità
delle cose è indipendente dalla validità del mondo.
Perdipiù, vi sono altre cose che appartengono alle parole, cioè il corpo-sillaba
delle parole, il corpo-nome delle parole, ed il corpo-frase delle parole. Con
corpo-sillaba si intende che da essa, sono stabilite e indicate parole e frasi:
c'è una ragione per ogni sillaba, alcune sono mnemoniche, ed altre sono scelte
arbitrariamente. Con corpo-nome, si intende l'oggetto dipendendo dal quale le
parole-nome ottengono il loro significato, o in altre parole, il corpo-nome è la
"sostanza" di una parola-nome. Per corpo-frase si intende il completamento del
significato esprimendo la parola più pienamente in una frase. Il nome per questa
corpo-frase è suggerita dalle impronte lasciate per la strada da elefanti,
cavalli, persone, cervi, bovini e ovini, ecc. Ma né le parole né le frasi
possono esprimere precisamente i significati, perché le parole sono solo dolci
suoni che sono stati arbitrariamente scelti per rappresentare le cose, e non
sono le cose stesse, che a loro volta sono solo manifestazioni della mente. La
discrimina-zione del significato è basata sulla falsa-immaginazione che questi
suoni dolci, che noi chiamiamo ‘parole’ e che dipendono da tutto ciò che si
suppone stiano per esse, e i cui soggetti si suppone essere auto-esistenti,
tutto ciò è fondato sull’errore. I discepoli dovrebbero stare in guardia contro
le seduzioni di parole e frasi e loro significati illusori, perché a causa loro
gli ignoranti e gli ottusi diventano impigliati ed indifesi come un elefante che
si agita affondando sempre di più nel fango.
Parole e frasi sono prodotte dalla legge della causalità e si trovano in un
reci-proco condizionamento - esse non possono mai esprimere la Realtà Suprema.
Inoltre, nella Suprema Realtà non c’è nessuna differenziazione da discriminare e
non c'è niente che si possa affermare riguardo ad essa. La Realtà Suprema è
un’elevato stato di beatitudine, e non uno stato di discriminazione mondana, e
perciò non può essere confinata in mere asserzioni che la riguardano. I
Tathagata hanno un metodo migliore per insegnarla, e cioè attraverso
l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza”.
Mahamati chiese al Bhagavan: “Per favore, puoi parlarci sulla causalità di tutte
le cose, con cui io e gli altri Bodhisattva possiamo vedere nella natura della
causalità e non si possa più discriminarla come il graduale o simultaneo
insorgere di tutte le cose?”
Il Beato rispose: “Vi sono due fattori di causalità a causa dei quali tutte le
cose vengono apparentemente ad esistere: fattori esterni e fattori interni. I
fattori esterni possono essere un grumo di creta, un perno, una ruota, un filo,
l’acqua, un operaio, e il suo lavoro; è la combinazione di tutte queste cose che
produce un vaso. Come un vaso che è fatto da un ammasso di creta, o un pezzo di
stoffa fatto con il filo, o una stuoia fatta con fragante erba, o un germoglio
che scaturisce da un seme, o il burro fresco fatto con del latte acido da un
uomo che lo agita nel paiolo; così è con tutte le cose che appaiono una dopo
l’altra in una successione continua. Quanto ai fattori interni della causalità,
essi sono del tipo come l’ignoranza, il desiderio, lo scopo, tutto quello che
nella mente fa sorgere l’idea della causalità. Da questi due fattori sorge una
manifestazione della personalità e le cose individuali che producono il suo
ambiente, esse però non sono cose indivuali e distinte: esse sono discriminate
così solo dagli ignoranti.
La causalità può essere divisa in sei elementi: la causa-indifferenza, la causa-
dipendenza, la causa-possibilità, la causa-agente, la causa-oggetto, la causa-
manifestante. La causa-indifferenza significa che se la discriminazione non è
presente, non c'è nessun potere di combinare il presente e così non avviene la
combinazione, oppure c’è la dissoluzione del presente. La causa-dipendenza
significa che gli elementi devono essere presenti. La causa-possibilità vuol
dire che quando una causa sta per diventare effettiva deve esserci un
appropriato incontro delle condizioni interne ed esterne. La causa-agente
significa che deve esserci un principio rivestito di autorità suprema come la
presenza sovrana di un Re che asserisca se-stesso. La causa-oggettiva significa
che per essere una parte del mondo oggettivo il sistema-mente deve essere
esistente e mantenersi nella sua continua attività. La causa-manifestante vuol
dire che come la facoltà discriminante del sistema-mente si occupa dei segni
individuali che saranno rivelati così le forme sono rivelate dalla luce di una
lampada.
Tutte le cause sono quindi viste come la conseguenza della discriminazione
continuata degli ignoranti e degli ingenui, e perciò, non c'è nessuna tale cosa
come un’esistenza che insorge in modo graduale o simultaneo. Se è asserito un
graduale insorgere dell’esistenza, ciò può essere dissaprovato mostrando che non
c'è nessuna sostanza di base che tiene insieme i segni individuali, il che rende
impossibile il sorgere graduale. Se il simultaneo sorgere dell’esistenza è
asserito, Non ci sarebbe nessuna distinzione tra causa ed effetto e niente ci
sarebbe per caratterizzare una causa così. Quando un bambino non è ancora nato,
il termine “padre” non ha nessun significato. I Logici disputano che se c'è ciò
che è nato, ciò è dato dalla nascita del mutuo funzionamento di fattori casuali
come causa, sostanza, continuità, accelerazione, ecc. e quindi essi concludono
che c'è un graduale sorgere dell’esistenza; ma questo insorgere graduale non si
ottiene se non a causa dell'attaccamento alla nozione di una auto-natura.
Quando le idee di corpo, proprietà e dimora sono viste, discriminate e
man-tenute care in quello che dopotutto non è nient’altro che ciò che è
concepito dalla mente stessa, e il mondo esterno è percepito sotto l'aspetto di
individualità e generalità che, comunque, non sono realtà e, perciò, non è
possibile né un graduale e né un simultaneo insorgere delle cose. E’ solo quando
il sistema-mente entra in attività e discrimina le manifestazioni della mente
che si può dire che l’esistenza venga ad essere vista. Per queste ragioni,
Mahamati, devi sbarazzarti di tutte le nozioni di gradualità e simultaneità
nella combinazione delle attività casuali”.
Mahamati disse: “Bhagavan; A quale tipo di discriminazioni ed a quale tipo di
pensieri dovrebbe essere applicato il termine, false-immaginazioni?”
Il Beato rispose: “Finché le persone non comprensono la vera natura del mondo
oggettivo, esse precipitano nella visione dualistica delle cose. Esse
immagina-no che la molteplicità degli oggetti esterni sia reale e si attaccano
ad essi e sono alimentate dalla loro energia-abitudine. A causa di questo
sistema di pensieri mentali e quello che ad essi appartiene, tutto viene
discriminato e pensato come se fosse reale; questo conduce all'asserzione di
un'ego-anima e le sue proprietà, e così il sistema-mente segue il suo modo di
funzionare. Avendone dipendenza e legandosi all'abitudine dualistica della
mente, gli esseri accettano le visioni filosofiche fondate su queste distinzioni
erronee, di esistenza e non-esistenza, essere e non-essere, e sviluppano ciò che
noi chiamiamo false-immaginazioni. Ma Mahamati, la discriminazione non si
sviluppa né viene conservata perché, quando tutto ciò che è visto è realmente
riconosciuto come nient’altro che la manifestazione della mente, come può
svilupparsi la discriminazione riguardo all’essere ed al non-essere? E’ per la
salvezza degli ignoranti che sono assue-fatti alle discriminazioni della
molteplicità delle cose, che sono la loro propria mente, che da me è detto che
la discriminazione sorge a causa dell'attacca-mento all'aspetto di molteplicità
che è caratteristica degli oggetti. Come altrimenti gli ignoranti e gli ingenui
potrebbero riconoscere che non vi è nient’altro che ciò che è visto dalla loro
mente stessa, e come altrimenti essi potrebbero ottenere un’intuizione della
vera natura della mente ed essere capaci di liberarsi dalle errate concezioni di
causa ed effetto? E come altrimenti potrebbero ottenere una chiara concezione
degli stadi del Bodhisattva, così da raggiungere e "rivolgersi" verso il luogo
più profondo della loro coscienza, e poi alla fine raggiungere
un'auto-realizzazione interiore della Nobile Saggezza che trascende i cinque
Dharma, le tre Auto-nature, e l'intera idea di una vera Realtà (che viene)
discriminata? Per questa ragione da me viene detto che la discriminazione sorge
dalla mente che diviene attaccata alle molteplicità delle cose che in se-stesse
non sono reali, e che l'emancipazione proviene dalla totale comprensione del
significato della Realtà, come essa è veramente.
Le false-immaginazioni sorgono dalla considerazione delle apparenze; le cose
sono discriminate come forme, segni e figure; come aventi colori, umidità o
calore, mobilità o rigidità. L’immaginazione falsa consiste nel diventare così
attaccati a queste apparenze ed ai loro nomi. Per attaccamento agli oggetti si
intende, diventare attaccati alle cose esterne ed interne come se esse fossero
veramente reali. Per attaccamento ai nomi si intende, in queste cose interne ed
esterne, il riconoscimento di caratteristici segni di individualità e
generalità, ed a considerarli definitivamente appartenenti ai nomi degli
oggetti.
La falsa-immaginazione insegna che poiché tutte le cose sono collegate alle loro
cause e condizioni dell’energia-abitudine accumulata da tempi senza inizio col
non riconoscere che il mondo esterno è la mente stessa, tutte le cose sono
comprensibili sotto gli aspetti di individualità e generalità. A causa
dell’ag-grapparsi a queste false-immaginazioni vi è una moltitudine di apparenze
che sono immaginate come essere vere, ma in realtà esse sono solo immaginarie.
Per chiarire: quando un mago esercita la sua arte, utilizzando erba, legno,
arbusti ed animali striscianti, molte forme ed esseri prendono una forma che è
soltanto creata magicamente; talvolta essi fanno anche figure con corpi che si
muovono e si comportano come esseri umani; essi sono discriminati in modo vario
e immaginati come veri, ma non c'è realtà in loro; tutti sanno che essi non sono
reali, salvo i bambini e gli ingenui. Similmente basata sulla nozione della
relatività, la falsa-immaginazione percepisce una varietà di apparenze che la
mente discriminante va avanti ad oggettivare e a dar loro un nome e a diventare
attaccata, e memorizzare ed a perpetuarne l'energia-abitudine. Qui c’è tutto ciò
che è necessario a costituire l’auto-natura della falsa immaginazione.
Le varie caratteristiche delle false immaginazioni possono essere distinte come
segue: riguardo a parole, significato, segni individuali, proprietà,
auto-natura, causa, visioni filosofiche, ragionamento, nascita, non-nascita,
dipendenza, schiavitù ed emancipazione. Discriminazione di parole è il divenire
attaccati ai vari suoni che comportano significati familiari. Discriminazione di
significato arriva quando uno immagina che le parole sorgono in dipendenza di
qualunque soggetto esse esprimano, e che i soggetti sono visti come
auto-esistenti. La discriminazione di segni individuali è immaginare che tutto
ciò che è denotato in parole concernenti le molteplicità dei segni individuali
(che in se-stessi sono come un miraggio) sia reale, ed aderendo tenacemente ad
essi, discriminare tutte le cose secondo tali categorie come calore, fluidità,
motilità, solidità, ecc.
Discriminazione di proprietà è desiderare uno stato di ricchezza, come avere
oro, argento, e le varie pietre preziose. Discriminazione di auto-natura è fare
le discriminazioni secondo le visioni filosofiche in riferimento all’auto-natura
di tutte le cose che essi immaginano e sostengono fortemente come reali,
dicendo: "Questo è quello che è, e non può essere altrimenti." Discriminazione
di causa è distinguere la nozione di causalità in riferimento a essere e
non-essere e ad immaginare che vi siano tali cose come "segni-causa".
Discriminazione di visioni filosofiche significa considerare differenti visioni
relative alle nozioni di essere e non-essere, unicità ed alterità, dualità e
non-dualità, esistenza e non-esistenza, le quali sono tutte erronee, e diventare
attaccati a queste particolari visioni. Discriminazione del ragionamento
significa l'insegnamento il cui ragionarvi sopra è basato sull'atatccamento alla
nozione, alla sostanza-ego ed a tutto ciò che appartiene ad esso.
Discriminazione di nascita significa diventare attaccati alla nozione che le
cose vengano ad esistere e svaniscano in ragione della causalità. La
discriminazione di non-nascita è vedere che le sostanze senza causa, che prima
non c’erano, vengano ad esistere in ragione della causalità. La discriminazione
di dipendenza significa la mutua dipendenza dell’oro e dei filamenti composti
dello stesso. Discriminazione di schiavitù ed emancipazione è come immaginare
che vi sia qualcosa di limitato perché qualcosa lo abbia imprigionato, come nel
caso di un uomo che allaccia un nodo e poi lo allenta.
Queste sono le varie caratteristiche delle false-immaginazioni a cui tutti gli
ignoranti e gli ingenui si aggrappano. Coloro che sono attaccati alle nozioni di
relatività sono attaccati alle nozioni della moltitudine di cose che sorgono
dalla falsa-immaginazione. È come vedere varietà di oggetti che dipendono da
maya,
ma queste varietà che rivelano così se stesse sono discriminate dagli ignoranti
come qualcosa di diverso dalla maya stessa, secondo il loro modo di pensare.
Ora la verità è che maya e la varietà di oggetti non sono diversi né
non-diversi; se essi fossero diversi, la varietà di oggetti e gli oggetti non
avrebbero la maya (cioè, l’illusione) come loro caratteristica; se non fossero
diversi non ci sarebbe distinzione tra loro. Ma poiché vi è una distinzione,
questi due- maya e varietà di oggetti- non sono differenti, né non-differenti,
per una ragione molto buona: essi sono un’unica e sola cosa”.
Mahamati chiese al Bhagavan: “L’errore è un’entità, o no?”. Il Beato rispose:
“L’errore in sé non ha nessuna caratteristica che crei l'attaccamento; se
l’errore avesse tale caratteristica nessuna liberazione sarebbe possibile
dall’attaccamen-to all’esistenza, e la catena dell’originazione sarebbe capita
soltanto nel senso della creazione come sostenuto dai filosofi. L’errore è come
la maya, e come maya è incapace di produrre altra maya, così l’errore in sé
stesso non può produrre altri errori; sono la discriminazione e l'attaccamento
che producono i pensieri cattivi e le colpe. Inoltre, Maya non ha, in se stessa,
nessun potere di discriminazione; essa sorge soltanto quando è invocata dal
fascino di un mago. L’errore non ha in se stesso l’energia-abitudine;
l’energia-abitudine deriva dalla discriminazione e dall'attaccamento. In
se-stesso, l’errore non ha colpe; le colpe sono dovute alle confuse
discriminazioni mantenute strettamente care dall'ignorante e che concernono la
sua mente ed il suo ego-anima. Il saggio non ha nulla a che fare con maya o
errori.
Tuttavia, Maya non è una irrealtà, poiché essa ha soltanto l'apparenza di
realtà; tutte le cose hanno la natura di maya. Non è perché tutte le cose sono
immaginate e afferrate a causa della moltitudine di segni individuali che esse
sono come maya; ma è perché esse sono similmente irreali e rapidamente appaiono
e scompaiono. Essendo attaccati ai pensieri erronei, essi confondono e
contraddicono se-stessi e gli altri. Siccome non capiscono chiaramente il fatto
che il mondo non è nient’altro che la mente stessa, essi immaginano e si
aggrappano alla causalità, al lavoro, alla nascita ed ai segni individuali, ed i
loro pensieri sono caratterizzati da errore e false-immaginazioni. Il preciso
insegnamento che tutte le cose sono caratterizzate dall’auto-natura di maya, e
del sogno, significa far sì che gli ignoranti e gli ingenui gettino via l’idea
dell’auto-natura presente in ogni cosa.
La falsa-immaginazione insegna che cose come luce ed ombra, lungo e corto, nero
e bianco, sono differenti e devono essere discriminate; ma esse non sono
indipendenti l'una dall'altra; esse sono solo aspetti diversi dell’unica cosa,
esse sono termini di relazione e non di realtà. Le condizioni dell'esistenza non
sono di un carattere reciprocamente esclusivo; in essenza le cose non sono due,
ma un’unità. Anche il mondo di Nirvana e Samsara, di vita e morte, sono aspetti
di un’unica cosa, perché non si può escludere il Nirvana dove c’è il Samsara, e
il Samsara dove c’è il Nirvana. Ogni dualità è falsamente immaginata.
Mahamati, tu e tutti i Bodhisattva dovete diciplinarvi nella realizzazione e
nella paziente accettazione delle verità di vacuità, non-nascita, non-sé, e
non-dualità di tutte le cose. Questo insegnamento si trova in tutti i sutra di
tutti i Buddha ed è presentato per venire incontro alle varie disposizioni degli
esseri, ma non è la Verità stessa. Questi insegnamenti sono solo un dito puntato
verso la Nobile Saggezza. Essi sono come un miraggio di cascate d’acqua, che il
cervo crede essere vere e dopo si mette ad inseguirle. Perciò, riguardo agli
insegnamenti in tutti i sutra: essi sono stati considerati come una guida per le
menti di tutte le persone che discriminano, ma essi non sono la Verità stessa,
che può essere auto-realizzata soltanto all'interno della propria coscienza più
profonda.
Mahamati, tu e tutti i Bodhisattva, dovete cercare questa auto-realizzazione
interiore della Nobile Saggezza, e non restare incantati da insegnamenti che
sono solo parole”.
Capitolo III° Corretta Conoscenza o Conoscenza delle Relazioni
Allora Mahamati disse: “Ti prego, o Bhagavan, parlaci dell'essere e non-essere
di tutte le cose!”
Il Beato rispose: “Le persone di questo mondo sono dipendenti dal loro pensare
in uno di questi due modi: dalla nozione di essere, allorché prendono piacere
nel realismo, o dalla nozione di non-essere allorché gradiscono il nichilismo;
in entrambi i casi, immaginano una emancipazione laddove essa non c'è. Coloro
che sono dipendenti dalle nozioni di essere, considerano che il mondo sorga da
una causalità realmente esistente, e che questo mondo davvero insorgente ed
esistente non abbia la sua creazione da una causalità che sia non-esistente.
Questa è la visione realistica sostenuta da alcune persone. Poi vi sono altre
persone che dipendono dalla nozione del non-essere di tutte le cose. Queste
persone ammettono l'esistenza di avidità, rabbia e follìa, ma al tempo stesso
negano l'esistenza delle cose che producono avidità, rabbia e follia. Ciò non è
razionale, perché avidità, rabbia e follìa non sono più da considerarsi reali;
esse non hanno sostanza né segni individuali. Dove c'è una condizione di
schiavitù, lì vi sono legami e mezzi per imprigionarsi; ma dove c'è
emancipazione, come nel caso dei Buddha, Bodhisattva, maestri e discepoli, che
hanno cessato di credere nell’essere e non-essere, ivi non c'è nessuna schiavitù
vincolante né strumenti per essere imprigionati.
È meglio mantenere la nozione di un'ego-sostanza che intrattenere la nozione di
vacuità dedotta dalla visione dell’essere e non-essere, perché quelli che così
credono, sbagliano nel capire il fatto fondamentale che il mondo esterno non è
nient’altro che una manifestazione della mente. Poiché essi vedono le cose come
transitorie, come insorgenti da causa e che scompaiono per cause, ora
dividendosi, ora combinandosi negli elementi che costituiscono gli aggregati
della personalità ed il suo mondo esterno, ed ora scomparendo, essi sono
condannati a soffrire ogni momento dai cambiamenti che si susseguono uno dopo
l’altro, e alla fine sono condannati alla rovina.
Allora Mahamati si rivolse al Bhagavan, dicendo: “Puoi dirci, O Beato, come mai
tutte le cose possono essere vuote, non-nate, e non avere alcuna auto-natura,
così che noi possiamo risvegliarci e rapidamente realizzare la Suprema
Illuminazione?”
Il Beato rispose: “Che cos’è in effetti la vacuità?! È un termine la cui vera
auto-natura è la falsa-immaginazione, ma a causa dell’attaccamento di tutti alla
falsa-immaginazione, noi siamo obbligati a parlare di vacuità, non-nascita, e
nessuna auto-natura. Vi sono sette tipi di vacuità: vacuità di reciprocità che è
non-esistente; vacuità di segni individuali; vacuità di auto-natura; vacuità di
non-lavoro, vacuità di lavoro; vacuità di tutte le cose, nel senso che esse sono
imprevedibili, e vacuità nel suo senso più alto di Realtà Ultima.
Per vacuità di reciprocità che è non-esistente, si intende che quando una cosa è
assente qui, si parla della sua vacuità ‘qui’. Ad esempio: nella sala delle
confe-renze di Mrigarama non vi sono presenti elefanti, né buoi, né pecore; ma
quanto a monaci ve ne sono molti presenti. Noi possiamo giustamente dire che
nella sala vi è una vacuità che riguarda gli animali. Non si asserisce che la
sala sia vuota per sua propria caratteristica, o che i monaci siano vuoti di ciò
che è la loro condizione di monaci, né che in qualche altro luogo non vi siano
per niente elefanti, tori, o pecore. In questo caso, stiamo parlando di cose nel
loro aspetto di individualità e generalità, ma dal punto di vista della
reciprocità, alcune cose non esistono in un certo luogo. Questa è la più bassa
forma di vacuità ed essa deve essere diligentemente messa da parte.
Per vacuità dei segni individuali si intende che tutte le cose non hanno alcun
distinguibile marchio di individualità e generalità. A causa di mutue relazioni
ed interazioni le cose sono discriminate in modo superficiale ma quando esse
sono più attentamente investigate ed analizzate, sono realizzate come
non-esistenti e nulla può essere affermato in esse come individualità e
generalità. Quindi, quando non si possono più vedere segni individuali, le idee
di sé, altro da sé o entrambi, non sono più valide. Perciò si deve dire che
tutte le cose sono vuote di auto-marchi individuali.
Per vacuità di auto-natura si intende che tutte le cose, nella loro auto-natura,
sono non-nate; perciò, è detto che le cose sono vuote di auto-natura. Per
vacuità di non-lavoro si intende che gli aggregati degli elementi che
costi-tuiscono la personalità ed il suo mondo esterno sono il Nirvana stesso, e
fin dall'inizio non c’è attività in essi; perciò, si parla di vacuità del
non-lavoro. Per vacuità di lavoro si intende che gli aggregati essendo vuoti di
un ego e delle sue proprietà, funzionino automaticamente come se ci fosse una
congiunzione reciproca di cause e condizioni; perciò si parla di vacuità di
lavoro. Per vacuità di tutte le cose nel senso che esse sono imprevedibili si
intende che, poiché la vera auto-natura della falsa-immaginazione è
inesprimibile, così tutte le cose sono imprevedibili, e, perciò, in quel senso
sono vuote. Per vacuità nel senso più alto di vacuità della Realtà Ultima, si
intende che nel conseguimento della auto-realizzazione interiore della Nobile
Saggezza non c'è nessuna traccia di energia-abitudine generata da concezioni
erronee; quindi si parla di vacuità più alta (o suprema) della Realtà Ultima.
Quando le cose sono esaminate con la giusta conoscenza, non vi sono ottenibili
segni che possano caratterizzarle con marchi di individualità e generalità,
perciò di esse si dice che non hanno alcuna auto-natura. Poiché questi marchi di
individualità e generalità sono entrambi visti come esistenti e tuttavia si sà
che sono non-esistenti, sono visti come manifesti e tuttavia si sa che non sono
realmente espressi, essi non sono mai annullati. Perché è così? Per questa
ragione; perché i segni individuali che dovrebbero costituire l’auto-natura di
tutte le cose sono non-esistenti. Inoltre nella loro auto-natura le cose sono
sia eterne che non-eterne. Sono non-eterne, perché i segni dell'individualità
delle cose appaiono e scompaiono, cioè i marchi dell’auto-natura sono
caratterizzati da non-eternità. D'altra parte, poiché le cose sono non-nate e
sono soltanto creazioni della mente, esse sono eterne, in un senso profondo.
Vale a dire che le cose sono eterne a causa della loro reale non-eternità.
Perdipiù, oltre a capire la vacuità di tutte le cose sia riguardo alla sostanza
che all’auto-natura, è necessario per i Bodhisattva capire chiaramente che tutte
le cose sono non-nate. Qui non si dice che le cose siano non-nate in un senso
superficiale, ma che esse siano non-nate nel loro senso profondo. Tutto ciò che
si può dire è che, relativamente parlando, vi è un costante e continuo flusso di
divenire, un temporaneo ed ininterrotto cambiamento da uno stato di apparenza ad
un altro.
Quando è riconosciuto che il mondo, così come si presenta, non è niente più che
una manifestazione della mente, allora la nascita è considerata non-nascita, e
tutti gli oggetti esistenti, relativi a ciò che la discriminazione dichiara
essere o non-essere, sono in realtà non-esistenti e, perciò, non-nati; e quindi,
essendo prive di agente e di azione, tutte le cose sono non-nate.
Se le cose non non-nate di essere e non-essere, ma sono semplicemente
mani-festazioni della mente stessa, esse non hanno nessuna realtà, nessuna
auto-natura: - esse sono le corna di una lepre, o di un cavallo, asino, o
cammello. Ma gli ignoranti e gli ingenui, che sono vittime delle loro false ed
erronee immagi-nazioni, discriminano le cose dove esse invece non ci sono. I
caratteristici segni dell’auto-natura di proprietà-e-sede del corpo, agli
ignoranti sembrano essere davvero fondamentali e radicati nella vera natura
della mente stessa, per questo essi discriminano la loro moltitudine e diventano
attaccati ad essi.
Vi sono due tipi di attaccamento: l'attaccamento agli oggetti e l'attaccamento
alle parole, dove per entrambi si pensa che abbiano un’auto-natura. Il primo
risiede nel non comprendere che il mondo esterno è solo una manifestazione della
mente stessa; ed il secondo sorge dal proprio aggrapparsi a parole e nomi a
causa dell’energia dell’abitudine. Nell'insegnare la non-nascita, la causalità è
fuori luogo perché, vedendo che tutte le cose sono come un sogno, cioè maya, non
si discriminano più i segni individuali. Che tutte le cose sono non-nate e che
non hanno alcuna auto-natura, dato che sono come maya, è asserito per scontrarsi
con la tesi dei filosofi che dicono che la nascita viene da causalità. Essi
sostengono la nozione che la nascita di tutte le cose deriva dal concetto di
essere e non-essere, e sbagliano riguardo a come essa veramente è, - perché in
realtà essa è causata dagli attaccamenti alla moltitudine che sorge dalle
discri-minazioni della mente stessa.
Coloro che credono nella nascita di qualcosa che non è mai venuta in esistenza
e, venendo ad esistere, poi svanisce via, sono obbligati ad asserire che le cose
vengono ad esistere e svaniscono via per la causalità - tali persone non trovano
posizione sicura nei miei insegnamenti. Quando si è realizzato che in realtà non
c'è niente che nasce, e niente svanisce via, allora non c'è alcun modo di
ammet-tere l’essere e il non-essere, e la mente diventa pacificata e
quiescente”.
Dopodichè, Mahamati disse al Bhagavan: “I filosofi dichiarano che il mondo sorge
da fattori casuali secondo la legge della causalità; essi affermano che la loro
causa è non-nata e non-annichilita. Essi menzionano nove elementi prima-ri:
Ishvara il Creatore, la Creazione, gli atomi, ecc. come esseri elementari
non-nati e non-annientabili. Il Beato, insegnando che tutte le cose sono
non-nate e che non c'è annientamento, dichiara anche che il mondo sorge dalla
ignoranza, dalla discriminazione, dall’attaccamento, dall’azione, ecc., e che
opera secondo la legge della causalità. Benché le due sezioni degli elementi
possano differire in nome e forma, sembra non esservi nessuna differenza
sostanziale tra le due posizioni. Se vi è qualcosa nell’insegnamento del Beato
che sia distintivo e superiore, può dirci per favore il Beato, che cos’è?”
Il Beato rispose: “Il mio insegnamento di non-nascita e non-annientamento non è
come quello dei filosofi, né esso è come la loro dottrina di nascita e
imperma-nenza. Ciò a cui i filosofi attribuiscono la caratteristica di
non-nascita e non- annientamento è l’auto-natura di tutte le cose, il chè causa
che essi cadano nel dualismo di essere e non-essere. Il mio insegnamento
trascende l’intera conce-zione di essere e non-essere; non ha niente a che fare
con nascita, permanenza e distruzione; né con esistenza e non-esistenza. Io
insegno che la moltitudine degli oggetti non ha nessuna realtà in loro, ma che
essi sono soltanto visti dalla mente e, perciò, sono della natura di maya e di
un sogno. Io insegno la non-esistenza delle cose perché esse non portano alcun
segno di una inerente auto-natura. È pur vero che in un senso le cose sono viste
e discriminate dai sensi come oggetti individualizzati; ma in un altro senso, a
causa dell'assenza di qua-lunque segno caratteristico di auto-natura, esse non
sono viste, ma soltanto immaginate. In un senso esse sono afferrabili, ma in un
altro senso esse non possono essere afferrate.
Quando è chiaramente capito che non vi è niente nel mondo, se non ciò che è
visto dalla mente stessa, la discriminazione non sorge più, e tutti i saggi si
stabilizzano nella loro vera dimora, che è il reame della quiete. Gli ignoranti
discriminano e operano tentando di adattarsi alle condizioni esterne, e sono
costantemente perturbati nella mente; ogni irrealtà è immaginata e discriminata
mentre è ignorata e non-vista la realtà. Non è così per il saggio. Per chiarire:
Ciò che vedono gli ignoranti è come la città dei Gandharva, magicamente creata,
in cui si vedono fantasmi di bambini, strade e case e commercianti, e persone
che vanno e vengono. Qui, nelle sue strade e case, e persone che vanno e
vengono, non ci sono pensieri di come essere nati o annientati, perché nel loro
caso non c’è problema riguardo alla loro esistenza o non-esistenza. Così, allo
stesso modo, io insegno che non c'è nulla creato né non-creato; che non c'è
niente che è collegato con la nascita e la distruzione, fuorché ciò che
l'ignorante mantiene come nozioni falsamente immaginate, e come realtà del mondo
esterno. Quando gli oggetti non sono visti e giudicati come realmente essi sono
in se-stessi, allora c'è discriminazione ed attaccamento alle nozioni di essere
e non-essere, e ad una auto-natura individualizzata, e finché queste nozioni di
individualità e auto-natura persistono, i filosofi sono costretti a spiegare la
realtà del mondo esterno con la legge della causalità. Questa posizione fa
sorgere la questione di una causa prima che i filosofi soddisfano asserendo che
la loro causa prima, Ishvara (il Creatore) e i primitivi elementi, sono non-nati
e non-annientati; la quale posizione è senza prove e perciò è irrazionale.
Persone ignoranti e filosofi mondani tengono a cuore un tipo di non-nascita, ma
non è la non-nascita che insegno io. Io insegno la non-nascita dell'essenza
non-nata di tutte le cose il cui insegnamento è stabilito nella mente dei saggi,
grazie alla loro auto-realizzazione della Nobile Saggezza. Un paiolo, la creta,
un vaso, una ruota, i semi o gli elementi - queste sono le condizioni esterne;
l’ignoranza, la discriminazione, l’attaccamento, l'abitudine, il karma – queste
sono le condizioni interne. Quando questo intero universo è considerato come una
concatenazione e come nient’altro che una concatenazione, allora la mente, con
la sua paziente accettazione della verità che tutte le cose sono non-nate, ne
guadagna in tranquillità.
Capitolo IV° Perfetta Conoscenza o Conoscenza della Realtà
Allora Mahamati chiese al Bhagavan: “Prego, o Beato, puoi parlarci dei cinque
Dharma, così che noi possiamo capire pienamente la perfetta Conoscenza?”
Il Beato rispose: “I cinque Dharma sono: apparenza, nome, discriminazione,
retta-conoscenza, e la Realtà. Per apparenza si intende ciò che rivela se-stessa
ai sensi ed alla mente discriminante, ed è percepita come forma, suono, odore,
gusto, e tatto. Da queste apparenze, si formano idee, come creta, acqua, vaso
ecc. per cui si dice: questa è tale e tale cosa, e nient’altro, - e questo è il
nome. Quando le apparenze si contrappongono e si paragonano i nomi, come quando
diciamo: questo è un elefante, questo è un cavallo, un carro, un pedone, un
uomo, una donna, oppure, questa è la mente e ciò che le appartiene, - si dice
che le cose così chiamate siano discriminate. Siccome queste discriminazioni
vengono viste come reciprocamente condizionantesi, come non-nate, come prive di
auto-sostanza, e quindi vengono ad essere viste come esse veramente sono,
ovvero, come manifestazioni della stessa mente, - questa è la retta cono-scenza.
Da ciò, il saggio cessa di considerare apparenze e nomi come realtà.
Quando apparenze e nomi sono messi da parte e ogni discriminazione cessa, ciò
che rimane è la vera ed essenziale natura delle cose e, poiché nulla può essere
affermato come l’essenza-natura, essa è chiamata la "Talità" della Realtà.
Questa universale, indifferenziata, imperscrutabile "Talità" è la sola e unica
Realtà, che è diversamente caratterizzata da Verità, Essenza-Mente, Intelligenza
Trascendente, Nobile Saggezza, ecc. Questo non-immaginativo Dharma dell’Essenza-natura
della Realtà Ultima è il Dharma che è stato proclamato da tutti i Buddha, e
quando tutte le cose sono comprese in pieno accordo e armonia con esso, si è in
possesso della Perfetta Conoscenza, e si è sulla Via del raggiungimento
dell'Intelligenza Trascendente dei Tathagata”.
Mahamati disse ancora al Bhagavan: “Le tre auto-nature, cose, idee, e Realtà,
devono essere considerate come incluse nei Cinque Dharma, o come aventi le loro
proprie complete caratteristiche in se-stesse?”.
Il Beato rispose: “Le tre auto-nature, l’ottuplice sistema-mentale, e la duplice
assenza-di-ego, sono tutti inclusi nei Cinque Dharma. Le auto-nature di cose, di
idee, e di sei sistemi di mente, corrispondono ai Dharma di apparenza, nome e
discriminazione; l’auto-natura di Mente Universale e Realtà, corrisponde ai
Dharma di retta-conoscenza e "Talità".
Divenendo attaccati a ciò che è visto dalla mente stessa, vi è un'attività
risve-gliata che è perpetuata da energia-abitudine, che diventa manifesta nel
sistema-mente, dalle attività del sistema-mente sorge la nozione di un
'ego-anima’ e delle sue proprietà; le discriminazioni, gli attaccamenti, e la
nozione di un'ego-anima, che sorgono simultaneamente come il sole ed i suoi
raggi luminosi.
Per assenza di ego delle cose si intende che gli elementi che costituiscono gli
aggregati della personalità ed il suo mondo oggettivo, essendo caratterizzati
dalla natura di maya e privi di qualsiasi cosa che possa essere chiamata
auto-sostanza, sono perciò non-nati e non hanno alcuna auto-natura. Come si può
dire che le cose abbiano un'ego-anima? Assenza di ego delle persone, significa
invece che negli aggregati che costituiscono la personalità non c'è una qualche
ego-sostanza, né qualsiasi cosa che sia come un ego-sostanza, e né una qualche
proprietà che possa appartenerle. Il sistema-mente, che è il più caratteristico
marchio della personalità, originato dall'ignoranza, discriminazione, desiderio,
e dall’azione (karma), e le sue attività, vengono perpetuati grazie al
percepire, afferrare e divenire attaccati agli oggetti come se essi fossero
reali. La memoria di queste discriminazioni, desideri, attaccamenti ed atti, è
immagazzinata nella Mente Universale da tempi senza inizio, e si sta ancora
accumulando, allorché essa condiziona l'apparire della personalità ed il suo
ambiente, e provoca dei continui cambiamenti e distruzione, momento per momento
Le manifestazioni sono come un fiume, un seme, una lampada, una nube, il vento;
la Mente Universale, nella sua voracità di ingoiare tutto, è come una scimmia
mai sazia, come una mosca sempre in cerca di cibo, e senza parzialità, come un
fuoco che non è mai esaurito, come un’argano che continua incessantemente a
circolare. La Mente Universale contaminata dall’energia dell’abitudine, è come
un mago che fa apparire e muovere persone e cose fantasmagoriche. Una completa
comprensione di queste cose è necessaria per capire l’assenza di ego delle
persone.
Vi sono quattro tipi di Conoscenza: conoscenza apparente, conoscenza relativa,
conoscenza perfetta, e l’Intelligenza Trascendente. La conoscenza apparente
appartiene agli ignoranti ed agli ingenui, che sono assuefatti alla nozione di
essere e non-essere, e che sono spaventati al pensiero di essere non-nati. Essa
è prodotta dalla concordanza della tripla combinazione e si lega alla
molteplicità degli oggetti; è caratterizzata da acquisizione e accumulazione; è
soggetta a nascita e distruzione. La conoscenza apparente appartiene agli
imbonitori mondani che si dilettano in discriminazioni, asserzioni e negazioni.
La conoscenza relativa appartiene al mondo mentale dei filosofi. Essa sorge
dall'abilità della mente a sistemare, combinare ed analizzare queste relazioni
con i suoi poteri di logica discorsiva e immaginazione, a causa della quale è in
grado di sbirciare nel significato e nel senso delle cose.
La Conoscenza Perfetta (jnana) appartiene al mondo dei Bodhisattva che
rico-noscono che tutte le cose non sono altro che manifestazioni della mente;
che capiscono chiaramente la vacuità, la non-nascita, l'assenza-di-ego di tutte
le cose; e che sono penetrati nella comprensione dei Cinque Dharma, della
duplice assenza-di-ego, e della Verità inimmaginabile. La Perfetta-Conoscenza
differenzia gli stadi del Bodhisattva, ed è l’ingresso al sentiero dell’alto
livello di auto-realizzazione della Nobile Saggezza. La Perfetta-Conoscenza (jnana)
appartiene ai Bodhisattva che sono completamente liberi dal dualismo di essere e
non-essere, non-nascita e non-annientamento, da qualunque tipo di asserzioni e
negazioni e che, grazie all’auto-realizzazione, hanno ottenuto una intuizione
profonda nella verità dell’inimmaginabile assenza-di-ego. Essi non fanno più
discriminazioni riguardo al mondo, come soggetto alla causalità: essi vedono la
causalità che regola il mondo come un qualcosa di simile alla favolosa città dei
Gandharva. Per essi, il mondo è come una visione in un sogno, è come la nascita
e la morte del figlio di una donna sterile; per essi non c’è niente che si
svolge e nulla che scompare.
I saggi che possiedono la Perfetta-Conoscenza, possono essere divisi in tre
classi, discepoli, maestri ed Arhant. I comuni discepoli sono separati dai
maestri, in quanto essi continuano a mantenere la nozione di individualità e
generalità; i maestri nascono dai comuni discepoli quando abbandonano gli errori
di individualità e generalità, seppure essi si aggrappano ancora alla nozione di
un'ego-anima, a causa della quale vanno poi a ritirarsi in solitudine. Gli
Arhant sorgono quando viene realizzato ogni errore della discriminazione.
L’errore, essendo discriminato dal saggio, si trasforma in Verità in virtù del
“ribaltamento” che ha luogo nella più profonda coscienza. Allora la Mente, così
emancipata, entra nella perfetta auto-realizzazione della Nobile Saggezza.
Tuttavia, Mahamati, se tu asserisci che c'è una cosa come la Nobile Saggezza,
non va più bene, perché niente di ciò che è asserito come qualcosa partecipa
della natura dell’essere ed è quindi caratterizzato con la qualità della
nascita. La vera asserzione: "Tutte le cose sono non-nate" distrugge la
veridicità di essa. Lo stesso è per le asserzioni: "Tutte le cose sono vuote", e
"Tutte le cose sono prive di auto-natura", Entrambe sono insostenibili quando
messe nella forma di asserzioni. Ma quando è indicato che tutte le cose sono
come un sogno ed una visione, si intende che in un modo esse sono percepite, ed
in un altro modo, esse non sono percepite; ovvero, nell’ignoranza esse sono
percepite ma nella Perfetta-Conoscenza, esse non sono affatto percepite come
tali. Tutte le asserzioni e le negazioni, essendo costruzioni del pensiero, sono
non-nate. Perfino l'asserzione che la Mente Universale e la Nobile Saggezza sono
la Realtà Ultima, è una costruzione del pensiero e, come tale è non-nata.
Siccome le "cose" non sono la Mente Universale, non c’è Nobile Saggezza, e non
c'è Realtà Ultima. L’intuizione profonda (prajna) del saggio, che si muove nel
reame inimmaginabile della sua solitudine, è pura. Cioè, per il saggio, tutte le
"cose" sono spazzate via e perfino lo stato inimmaginabile cessa di esistere.”
Capitolo V° Il Sistema-Mente
Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Per favore, o Beato, puoi dirci ciò che si
intende con ‘mente’ (citta)?”
Il Beato rispose: “Tutte le cose di questo mondo, che siano in apparenza buone o
cattive, difettose o senza difetti, ricettive o non-ricettive, produttrici o non
produttrici di effetto, possono essere divise in due classi: il male
fuoriuscente e il bene non-fuoriuscente. I cinque elementi dell’affezione
(forma, sensazione, percezione, volizione, e coscienza), che costituiscono gli
aggregati della perso-nalità e che sono immaginati come buoni o cattivi, sorgono
a causa dell'ener-gia-abitudine del sistema-mente, - sono essi il fuoriuscente
male della vita. I conseguimenti spirituali, come le gioie del Samadhi ed il
frutto del Samapati, che giungono ai saggi attraverso la loro auto-realizzazione
della Nobile Saggezza e che culminano nel loro ritorno e partecipazione alle
relazioni del triplo mondo, sono chiamati il bene non-fuoriuscente.
Il sistema-mente che è la fonte del male fuoriuscente consiste dei cinque organi
di senso e le loro menti sensoriali che li accompagnano (vijnana), tutte riunite
nella mente discriminante (manovijnana). C'è un’infinita successione di
con-cetti sensoriali che fluiscono in questa mente pensante o discriminante- che
li combina e li discrimina, ed emette giudizi in merito alla loro bontà o
malignità. Da ciò, ne consegue avversione o desiderio per essi, e attaccamento
ed azione; così l’intero sistema continuamente si muove e si lega strettamente
con essi. Ma non riesce a vedere e capire che ciò che vede e discrimina, ed a
cui si attacca, è solamente una manifestazione della sua propria attività e non
ha altra base, così la mente continua erroneamente a percepire ed a discriminare
diffe-renze di forme e qualità, non rimanendo ferma e stabile neppure per un
minuto.
Nel sistema-mente vi sono tre modi di attività distinguibile: menti sensoriali
che funzionano restando nella loro natura originaria, menti sensoriali come
produttrici di effetti e menti sensoriali in evoluzione. Nel normale
funziona-mento, le menti sensoriali afferrano appropriati elementi del loro
mondo esterno, per cui subito sorgono sensazione e percezione, e per gradi, in
ogni organo di senso ed ogni mente sensoriale, nei pori della pelle, e perfino
negli atomi che costituiscono il corpo, e quindi l’intero campo è appreso come
un specchio che riflette gli oggetti, non realizzando che lo stesso mondo
esterno è solamente una manifestazione della mente. Il secondo modo di attività
produce effetti tali per cui queste sensazioni reagiscono sulla mente
discriminante, costringendola a produrre percezioni, attrazioni, avversioni,
attaccamenti, ed abitudine all’azione. Il terzo modo di attività ha a che fare
con la crescita, lo sviluppo e scomparsa del sistema-mente, vale a dire che il
sistema-mente è soggetto alla sua propria energia-abitudine accumulata da tempi
senza inizio, come per esempio: l’obbligo dell'occhio a ‘vedere’, che lo
predispone per afferrare e diventare attaccato alle molteplici forme ed
apparenze. In questo modo, le attività dell’evolvente sistema-mente, a causa
della energia-abitudine, smuovono onde di oggettività davanti alla Mente
Universale che, a sua volta, condiziona le attività e l’evolversi del
sistema-mente. Apparenze, percezioni, attrazioni, attaccamenti, azioni,
abitudini, reazioni, si condizionano l'un l'altro incessantemente, e le funzioni
di menti sensoriali, mente discriminante e Mente Universale sono quindi tutte
interconnesse insieme. Così, a causa della discri-minazione di ciò che per
natura è maya e falsa-immaginazione, ha luogo un ragionamento erroneo e irreale,
l’azione poi segue e accumula la sua energia- abitudine, contaminando con ciò il
puro volto della Mente Universale, e di conseguenza entra in funzione il
sistema-mente ed ha la sua genesi il corpo fisico. Ma la mente discriminante non
ha capito che con le sue discriminazioni e attaccamenti sta condizionando il
corpo intero, e così le menti sensoriali e la mente discriminante ne vengono
reciprocamente correlate e condizionate in una più intima maniera, costruendo un
mondo di rappresentazioni con attività di sua propria immaginazione. Come uno
specchio che riflette le forme, i sensi percipienti percepiscono le apparenze
che la mente discriminante raggruppa insieme e procede a discriminare, a dar
loro un nome e ad attaccarsi ad esse. Tra queste due funzioni non c’è alcuna
breccia, e tuttavia esse si condizionano reciprocamente. I sensi percipienti
afferrano ciò con cui essi hanno affinità, e nella loro struttura avviene una
trasformazione, a causa della quale la mente provvede a combinare, discriminare,
apprendere, ed agire; poi segue l’energia- abitudine, la stabilizzazione della
mente in tal guisa e la sua continuità.
La mente discriminante a causa della sua capacità di discriminare, giudica,
seleziona e ragiona, ed è chiamata anche la mente pensante, o intellettiva. Vi
sono tre divisioni della sua attività: attività mentale che funziona collegata
con l’attaccamento ad oggetti e idee, attività mentale che funziona collegata
con idee generali, e attività mentale che esamina la validità di queste idee
generali. La prima attività mentale deriva dalla discriminazione, discrimina la
mente dai suoi processi mentali ed accetta le idee come essere reali, e diventa
attaccata ad esse. Arriva così una varietà di falsi giudizi, come l’essere, la
molteplicità, l’individualità, il valore, ecc.; prende piede un forte
attaccamento, che è perpe-tuato dall’energia-abitudine e così la discriminazione
continua ad asserire se-stessa.
Questi processi mentali danno origine a generali concezioni di calore, fluidità,
motilità, e solidità, come caratteristiche degli oggetti discriminati, mentre il
tenace sostegno a queste idee generali dà origine a proposizioni, ragionamenti,
definizioni e rappresentazioni, che portano ad asserzioni di conoscenza relativa
ed a stabilire una fiducia nelle idee di nascita, auto-natura, ed ‘ego-anima’.
L’attività mentale come funzione esaminante, significa l'atto intellettuale
dell’ esaminare queste conclusioni generali in base alla loro validità,
significato, e veridicità. Questa è la facoltà che guida alla comprensione,
retta-conoscenza e indica la Via dell’auto-realizzazione”.
Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Prego, ci puoi dire, o Beato, che tipo di
relazione c’è tra l’ego-personalità ed il sistema-mente?”
Il Beato rispose: “Per spiegarla, è necessario prima parlare dei cinque
aggregati dell’attaccamento che costituiscono la personalità, anche se io ho già
spiegato che essi sono vuoti, non-nati e senza auto-natura. Questi cinque
aggregati sono: forma, sensazione, percezione, volizione, e coscienza. Di tutti
questi, la forma appartiene a ciò che è composto dei così detti elementi
primari, qualunque cosa essi possano essere. I rimanenti quattro aggregati sono
senza forma, e non dovrebbero essere calcolati come quattro, perché si fondono
impercettibilmente uno nell'altro. Essi sono come lo spazio che non può essere
calcolato; è solo a causa dell'immaginazione che sono discriminati e paragonati
allo spazio. Dato che le cose sono dotate di una sembianza di essere,
segni-caratteristici, per-cettibilità, permanenza, operatività, si può dire che
esse siano nate da cause produttrici di effetto, ma ciò non si può dire per i
quattro aggregati intangibili perché essi sono senza alcun segno di forma.
Questi quattro aggregati mentali che costituiscono la personalità sono oltre
ogni calcolo, sono oltre le quattro proposizioni, non devono essere dichiarati
come esistenti o come non esistenti, ma insieme essi costituiscono ciò che è
noto come la mente mortale. Essi sono perfino più simili a maya e sogno - delle
cose, e tuttavia, come discriminante mente mortale, essi ostruiscono
l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza. Ma è solo per gli ignoranti che sono
enumerati e pensati come un'ego-personalità; i saggi non lo fanno. Questa
discriminazione dei cinque aggregati che creano la personalità e che servono
come una base per l'ego-anima e i suoi desideri, e per l’interesse personale,
deve essere abbandonata, ed al suo posto dovrebbe essere stabilita la verità
dell’assenza di immagini e la solitudine”.
Poi Mahamati disse al Bhagavan: “Prego, o Beato, puoi parlarci riguardo alla
Mente Universale ed alla sua relazione con il minore sistema-mente?”
Il Beato rispose: “Le menti sensoriali, con la loro mente discriminante
centra-lizzata, sono collegate al mondo esteriore, che è una sua propria
manifestazione ed a loro è dato di percepire, discriminare, ed afferrare le sue
stesse apparenze simili a maya. La Mente universale (Alaya-vijnana) trascende
ogni individua-lizzazione e tutti i limiti. La Mente universale è totalmente
pura nella sua natura essenziale, mantenendosi costantemente immutabile e libera
dai difetti dell’impermanenza, non-turbata dall’egoismo, scevra da distinzioni,
desideri ed avversioni. La Mente Universale è come il grande oceano, con la sua
superficie increspata da onde e flutti, ma le sue profondità rimangono sempre
immobili. In se stessa, è vuota di personalità e di tutto ciò che appartiene ad
essa, ma a causa delle contaminazioni sulla sua superficie, è come un attore che
regola il suo volto alla varietà delle parti drammatiche, tra le quali vi è una
reciproca funzione, e così sorge il sistema-mente. Il principio intellettivo si
divide e la mente, con le sue funzioni, il male fuoriuscente della mente, alla
fine assume una individualizzazione. Dopodiché appare la settuplice gradualità
della mente: cioè, l’intuitiva realizzazione di sé, il
pensiero-desiderio-discriminante, la vista, l’udito, il gusto, l’odorato, il
tatto e infine sorgono tutte le loro reazioni e interazioni connesse.
La mente discriminante è la causa delle menti sensoriali, ed è il loro supporto,
e con esse è mantenuto il suo funzionamento, al fine di circoscrivere e
diventare attaccata ad un mondo di oggetti, e infine, grazie alla sua
energia-abitudine, essa contamina la superficie della Mente Universale. Così la
Mente Universale diventa il deposito e la stanza di compensazione di tutti i
prodotti accumulati, provenienti dall’attività mentale e dalle azioni, da tempi
senza inizio.
Tra la Mente Universale e la mente discriminante individuale c’è il manas, o la
'mente-intuitiva’, che per la sua causa dipende dalla Mente Universale, e con
entrambe mantiene la relazione. Essa partecipa dell’universalità della Mente
Universale, condivide la sua purezza, e come essa, è al di sopra della forma e
della temporaneità. È attraverso la ‘mente-intuitiva’ che emerge il bene non-
fuoriuscente, si manifesta e viene compreso. Fortunata quell'intuizione che non
è momentanea, perché se l’illuminazione che proviene dall’intuizione fosse
temporanea, i saggi perderebbero la loro "saggezza", mentre non è così. Ma la
mente intuitiva entra anche in relazione col sistema-mente più basso, condivide
le sue esperienze e riflette sulle sue attività.
La mente intuitiva è una con la Mente Universale grazie alla sua partecipazione
all’Intelligenza Transcendente (Arya-jnana), ed è una col sistema-mente per la
sua comprensione della conoscenza differenziata (vijnana). La mente-intuitiva
non ha un suo proprio corpo, né segni con cui potersi distinguere. La Mente
Universale è la sua causa e sostegno, ma essa si è evoluta insieme alla nozione
di un ‘ego’ e di ciò che gli appartiene, al quale essa si aggrappa e si
rispecchia. Attraverso la mente-intuitiva, con la facoltà dell'intuizione che è
un miscuglio di identità e percezione, la inconcepibile saggezza della Mente
Universale è rivelata e resa realizzabile. Come la Mente Universale, essa non
può essere fonte di errore.
Allora Mahamati disse al Bhagavan: “O Beato, ti prego, ci puoi dire cosa si
intende con ‘cessazione del sistema-mente’?”
Il Beato rispose: “Le funzioni dei cinque sensi e le loro funzioni discriminanti
e pensanti hanno una completa origine e fine, momento per momento. Esse sono
sorte a causa della discriminazione, strettamente legate insieme con la forma,
l’apparenza e l’oggettività come condizioni. La ‘brama-di-vivere’ è la madre,
l'ignoranza è il padre. Stabilendo nomi e forme, la brama si moltiplica, e così
la mente va avanti in un mutuo condizionare ed essere condizionata. Divenendo
attaccata a nomi e forme, non realizzando che essi non hanno altra base che le
attività della mente stessa, l’errore sorge, e sorgono la false-immaginazioni
sotto forma di piaceri e sofferenze, e la Via all'emancipazione è bloccata. Il
sistema inferiore delle menti sensoriali e la mente discriminante non soffrono
realmente piaceri e dolori – essi li immaginano soltanto. Piaceri e dolori sono
le reazioni ingannevoli della mente mortale, in quanto essa si aggrappa ad un
mondo oggettivo ed immaginario.
Vi sono due modi in cui la cessazione del sistema-mente può avere luogo:
riguardo alla forma, e riguardo alla continuità. Gli organi di senso funzionano
riguardo alla forma a causa dell’interazione di forme, contatto e attaccamenti;
e cessano di funzionare quando questo contatto viene interrotto. Riguardo alla
continuità, quando queste interazioni di forme, contatto e attaccamenti cessano,
non c'è più nessuna continuità di vista, udito e delle altre funzioni
sensoriali; con l'interruzione di queste funzioni sensoriali, cessano
discriminazioni, brame e attaccamenti della mente discriminante; e con la loro
interruzione cessano atti ed azioni, nonché l’energia-abitudine, e non c'è più
accumulazione di contami-nazione karmica sulla superficie della Mente
Universale.
Se la mente mortale che si evolve fosse della stessa natura della Mente
Univer-sale, la cessazione del sistema-mente inferiore significherebbe la
cessazione della Mente Universale, invece esse sono differenti, perché la Mente
Universa-le non è la causa della mente mortale. Nella sua pura essenza e natura,
non c'è alcuna cessazione della Mente Universale. Ciò che cessa di funzionare
non è la Mente Universale nella sua essenza-natura, ma vi è la cessazione degli
effetti che producevano le contaminazioni sulla sua superficie, causate
dall'accumu-lazione dell’energia-abitudine delle attività discriminanti e
pensanti della stessa mente-mortale. Non vi è alcuna cessazione della Mente
Divina che, in se- stessa, è la dimora della Realtà e l'Utero della Verità.
Cessazione delle menti sensoriali, non significa la cessazione delle loro
funzioni percipienti, ma la cessazione delle attività discriminanti e nominali
che sono centralizzate nella discriminante mente-mortale. Per cessazione dell’
intero sistema-mente, si intende la cessazione della discriminazione, lo spazzar
via i vari attaccamenti, e, quindi, l’eliminazione delle contaminazioni dell’e-nergia-abitudine
dalla superficie della Mente Universale, che erano state accumulate da tempi
senza inizio, proprio a causa di queste discriminazioni, attaccamenti,
ragionamenti erronei, e susseguenti atti. La cessazione dell’aspet- to
continuativo del sistema-mente, cioè della discriminante mente mortale, fa
scomparire l’intero mondo di maya e del desiderio. La sparizione della mortale
mente discriminante è il ‘Nirvana’.
Ma la cessazione della mente discriminante non può avvenire finché non vi sia
stata una totale “rivoluzione” nel luogo più profondo di coscienza. L'abitudine
mentale di proiettare all’esterno la mente discriminante sul mondo oggettivo
esteriore deve essere abbandonata, e bisogna stabilire una nuova abitudine di
realizzare la Verità all'interno della mente intuitiva, divenendo tutt’uno con
la Verità stessa. Finché non venga raggiunta questa intuitiva auto-realizzazione
della Nobile Saggezza. A ciò farà seguito l’evoluzione del sistema-mente. Ma
quando sarà raggiunta un'introspezione dei Cinque Dharma, le tre auto-nature e
la duplice asssenza di ‘ego’, allora si aprirà la Via per far avvenire questa
"Rivoluzione". Con la cessazione di piacere e dolore, delle idee conflittuali,
dei disturbanti interessi dell'egoismo, sarà raggiunto uno stato di
tranquillizzazione in cui saranno pienamente comprese le verità
dell'emancipazione e non vi sarà più nessuna ulteriore fuoriuscita di male dal
sistema-mente, che possa interfe-rire con la perfetta auto-realizzazione della
Nobile Saggezza.
Capitolo VI° Intelligenza Trascendente
Allora Mahamati disse ancora: “Puoi dirci, o Beato, che cos’è che costituisce
l'Intelligenza Trascendente?”
Il Beato rispose: “L'Intelligenza Trascendente è lo stato
dell’auto-realizzazione interiore della Nobile Saggezza. Essa è realizzata
intuitivamente all’improvviso appena avviene la "rivoluzione" nel luogo più
profondo della coscienza; essa non è qualcosa che entra dentro o esce fuori - è
come la luna vista nell’acqua. L'Intelligenza Trascendente non è soggetta alla
nascita né alla distruzione; non ha niente a che fare con la combinazione di
armonia; è priva di attaccamento e accumulazione; essa trascende ogni concezione
dualistica.
Quando si considera l'Intelligenza Trascendente, quattro cose devono essere
ricordate: parole, significati, insegnamenti e Nobile Saggezza (Arya-prajna). Le
parole sono impiegate per esprimere i significati, ma essi dipendono dalle
discriminazioni e memoria come causa, e dall’impiego di suoni e lettere da cui è
possibile un reciproco trasferimento di significati. Le parole sono solamente
simboli e chiaramente possono non esprimere pienamente il significato inteso e,
inoltre, le parole possono essere capite in modo diverso da ciò che intendeva
l'oratore. Le parole non sono diverse, né non-diverse, dal significato ed esso è
nella identica relazione con le parole.
Se il significato è diverso dalle parole, ciò potrebbe non essere reso manifesto
per mezzo delle parole; ma il significato è chiarito dalle parole come le cose
lo sono da una lampada. Le parole sono proprio come un uomo che porta una
lampada per vedere le sue proprietà, per cui egli può dire: ‘questa è la mia
proprietà’. Proprio così, per mezzo di parole e discorsi provenienti dalla
discri-minazione, il Bodhisattva può penetrare il significato degli insegnamenti
del Tathagata ed attraverso il significato può penetrare nello stato supremo di
auto-realizzazione della Nobile Saggezza che, in se stessa, è libera dalla
discrimina-zione della parola. Ma se un uomo si attacca al significato letterale
delle parole e si mantiene nell’illusione che parole e significato siano
concreti, cose come il Nirvana specialmente, che è non-nato e non-morituro, o
come delle distinzioni dei Veicoli, i cinque Dharma, le tre auto-nature, allora
egli non comprenderà il vero significato e resterà impigliato in asserzioni e
confutazioni. Proprio come vari oggetti sono visti e discriminati nei sogni e
nelle visioni, così le idee e le asserzioni sono erroneamente discriminate e
l’errore continua a moltiplicarsi.
Gli ignoranti e gli ingenui dichiarano che il significato non è altro che le
parole e che come sono le parole, così è il significato. Essi pensano che
siccome il significato non ha un suo proprio corpo, non può essere diverso dalle
parole e, perciò, dichiarano che il significato è indentico alle parole. Ecco
perché essi sono ignoranti della natura delle parole, che sono soggette a
nascita e morte, mentre il significato non lo è; le parole dipendono dalle
lettere, mentre il significato no; il significato è separato da esistenza e
non-esistenza, non ha alcun substrato, è non-nato. I Tathagata non insegnano un
Dharma che dipenda dalle lettere. Chiunque insegni una dottrina che dipenda da
lettere e parole, è uno stupido chiacchierone, perché la Verità è oltre lettere,
parole e libri.
Questo non significa che lettere e libri non dichiarino mai ciò che è conforme
al significato e alla verità, ma significa che le parole e i libri sono
dipendenti dalle discriminazioni, mentre significato e verità non lo sono;
inoltre, parole e libri sono soggetti all'interpretazione delle menti
individuali, mentre significato e verità non lo sono. Ma se la Verità non è
espressa in parole e libri, le scritture che contengono il significato della
Verità scomparirebbero, e quando non ci saranno più le scritture non ci saranno
più discepoli né maestri, né Bodhisattva e Buddha, né ci sarà più nulla da
insegnare. Ma nessuno deve attaccarsi alle parole delle scritture, perché anche
i testi canonici talvolta deviano dal loro retto percorso, a causa
dell’imperfetto funzionamento delle menti senzienti. I discorsi religiosi sono
dati da me e dagli altri Tathagata in risposta alle diverse necessità e fedi di
ogni varietà di esseri, per liberarli dalla dipendenza della funzione pensante
del sistema-mente, perciò essi non sono dati per prendere il posto
dell’auto-realizzazione della Nobile Saggezza. Quando c'è riconoscimento che non
c’è niente nel mondo fuorché ciò che è visto dalla mente stessa, tutte le
discriminazioni dualistiche saranno scartate e sarà compresa la verità della ’non-immaginazione’,
ed essa sarà vista come conforme al significato piuttosto che alle parole e
lettere.
Gli ignoranti e gli ingenui, essendo affascinati dalle loro auto-immaginazioni e
dai ragionamenti erronei, continuano a danzare e a saltellare intorno, restando
incapaci di capire il discorso a parole sulla verità dell’auto-realizzazione,
ancor meno essi sono in grado di comprendere la Verità stessa. Aggrappandosi al
mondo esterno, essi si aggrappano allo studio dei libri, che sono solo dei
mezzi, e non sanno come accertare adeguatamente la verità
dell’auto-realizzazione, che è Verità spogliata dalle quattro proposizioni.
L’auto-realizzazione è uno stato elevato di conseguimento interiore che
trascende tutti i pensieri dualistici e che è al di sopra del sistema-mente, con
la sua logica, ragionamenti, teorizzazioni, ed illustrazioni. I Tathagata
parlano agli ignoranti, ma sostengono i Bodhisattva in quanto essi cercano
l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza.
Perciò, che ogni discepolo stia ben attento a non attaccarsi alle parole,
essendo in perfetta conformità col significato, perché la Verità non sta nelle
sillabe. Quando un uomo indica con il dito qualcosa a qualcuno, il dito può
indicare la cosa sbagliata; allo stesso modo gli ignoranti e gli ingenui, come
dei bambini, sono incapaci perfino al momento della loro morte di abbandonare
l'idea che dito delle parole stia indicando il significato stesso. Essi non
possono realizzare l'Ultima Realtà, a causa della loro abitudine ad aggrapparsi
alle parole, dove invece esse non sono nulla più che un dito che indica. Le
parole e la discrimi-nazione su di esse, li legano al cupo circolo delle
rinascite nel mondo di nascita e morte; il significato se ne sta tutto solo ed è
una guida per il Nirvana. Il significato è ottenuto dall’apprendimento, e il
vero apprendimento è raggiunto diventando abili nel capire il significato e non
con le parole; quindi, si spera che i ricercatori della verità si avvicinino con
riverenza a coloro che sono saggi ed evitino gli individui pedanti che sanno
solo aricolare parole.
Quanto agli insegnamenti: vi sono preti e predicatori popolari che sono portati
per i rituali e cerimonie e che sono specializzati in vari incantesimi e
nell'arte dell’eloquenza; questi non dovrebbero essere frequentati né dovrebbero
essere onorati riverentemente, perché ciò che si guadagna con essi è solo
eccitamento emotivo e godimento mondano; non è Dharma. Tali predicatori, con le
loro intelligenti manipolazioni di parole e frasi, i vari ragionamenti ed
incantesimi, che sono come le fandonie di un bambino. Per quanto uno possa
esporre, e non del tutto in accordo con la verità né col significato, serve
soltanto a risvegliare l'emozione e la sensibilità, mentre intontisce la mente.
Come colui stesso che non capisce il significato di tutte le cose, costui
confonde solo le menti dei suoi ascoltatori con le sue visioni dualistiche. Egli
stesso, non comprendendo che non c'è nient’altro che ciò che è visto dalla
mente, è attaccato alla nozione di auto-natura nelle cose esterne, ed è incapace
di conoscere un sentiero dall’altro, non avendo nessuna vera liberazione da
offrire agli altri. Quindi, questi preti e predicatori popolani che sono abili
nei vari incantesimi e specializzati nell'arte dell’eloquenza, non essendo essi
stessi emancipati da tali calamità come la nascita, la vecchiaia, la malattia,
la sofferenza, i lamenti, la disperazione ed il dolore, portano alla confusione
gli ignoranti per mezzo delle loro varie parole, frasi, esempi, e conclusioni.
Poi vi sono i filosofi materialistici. Nessun rispetto né servizio dovranno
essere mostrati ad essi, perché il loro insegnamento, benché per spiegarlo essi
usino centinaia di migliaia di parole e frasi, non va oltre gli affari di questo
mondo e questo corpo, e alla fine essi conducono alla sofferenza. Poiché il
materialista riconosce che nessuna verità esiste di per sé, essi sono suddivisi
in numerose scuole, e ciascuna si aggrappa al suo proprio modo di ragionare.
Ma c'è anche chi non appartiene al materialismo e non è giunto alla conoscenza
dei filosofi che si aggrappano alle false-immaginazioni e ragionamenti erronei
perché essi non riescono a vedere che, fondamentalmente, non c'è realtà negli
oggetti esterni. Quando viene riconosciuto che non c'è niente oltre quello che è
visto dalla mente, la discriminazione di essere e non-essere cessa e, siccome
non c’è quindi nessun mondo esterno della percezione oggettiva, nulla rimane se
non la solitudine della Realtà. Questa non appartiene ai filosofi
materia-listici, è il dominio dei Tathagata. Se sono immaginate tali cose, come
il ‘va-e-vieni’ del sistema-mente, lo svanire e l’apparire, sollecitazioni,
attaccamenti, le intense affettività, teorie e ipotesi filosofiche, la
permanenza, una concezione sensoria, l’attrazione atomica, l’organismo, la
crescita, la sete, l’afferrarsi –cose appartenenti al materialismo, che non
fanno parte del mio insegnamento. Queste sono cose di interesse mondano, da
sentire, manipolare ed assaggiare; queste sono le cose che appaiono negli
elementi che costituiscono gli aggregati della personalità da cui, a causa della
forza procreativa della concupiscenza, deriva ogni genere di disastri, nascita,
dolore, sofferenza, disperazione, malattia, vecchiaia e morte. Tutte queste cose
concernono interessi e godimenti mondani; esse stanno sul sentiero dei filosofi,
che non è il sentiero del Dharma. Quando la vera ‘mancanza-di-ego’ di cose e
persone è compresa, allora la di-scriminazione cessa di asserire se-stessa; il
sistema-mente inferiore cessa di funzionare; i vari stadi del Bodhisattva si
susseguono uno dopo l'altro; e lo stesso Bodhisattva è capace di completare i
suoi dieci inesauribili voti ed è benedetto da tutti i Buddha. Il Bodhisattva
diventa maestro di se-stesso e di tutte le cose in virtù di una vita spontanea e
radiante e priva di sforzo. Così il Dharma, che è Intelligenza Trascendente,
trascende tutte le discriminazioni, tutti i falsi-ragionamenti, tutti i sistemi
filosofici e tutti i dualismi”.
Allora Mahamati disse al Beato: “Nelle Scritture è fatta menzione dell’Utero dei
Tathagata, ed è insegnato che esso è ciò che è nato brillante e puro per sua
natura, originalmente immacolato e dotato dei trenta-due marchi di eccellenza.
Com’è descritto, esso è una gemma preziosa avvolta in un indumento sporco,
insozzato da avidità, rabbia, follìa e falsa-immaginazione. Ci è stato insegnato
che questa natura-di-Buddha immanente in ognuno è eterna, immutabile, e di buon
auspicio. Non è che ciò che è nato dall’Utero dei Tathagata è identico alla
sostanza-anima, insegnata dai filosofi? Il Divino Atman, come insegnato da essi,
è anche dichiarato essere eterno, inscrutabile, immutabile, imperituro. E’ così,
o c'è qualche differenza?”
Il Beato rispose: “No, Mahamati, il mio Utero dei Tathagata non è lo stesso che
l'Atman Divino insegnato dai filosofi. Ciò che io insegno è lo stato-Tathagata
nel senso del Dharmakaya, Unità Assoluta, Nirvana, vacuità, non-nato,
inquali-ficato, privo di sforzo volontario. La ragione perché io insegno la
dottrina dello stato-Tathagata è di provocare che gli ignoranti e gli ingenui
mettano da parte le loro paure allorchè ascoltano l'insegnamento di
‘assenza-di-ego’ e arrivino a capire lo stato della non-discriminazione e
non-immaginazione. Il religioso insegnamento del Tathagata è proprio come un
vasaio che fa vari vasi con l’ abilità delle sue proprie mani e con l'aiuto di
creta, acqua e corde, così pure il Tathagata con l’aiuto di mezzi abili
scaturiti dalla Nobile Saggezza, con i vari termini, espressioni, e simboli,
predica la duplice ‘assenza-di-ego’ per rimuo-vere l'ultima traccia di
discriminazione che impedisce ai discepoli di ottenere l’auto-realizzazione
della Nobile Saggezza. La dottrina dell’Utero dei Tathagata è svelata per
risvegliare i filosofi dal loro aggrapparsi alla nozione di un Divino Atman come
Personalità Trascendente, così che le loro menti che si sono legate alla
immaginaria nozione di un’ "anima" come se fosse un qualcosa di auto-esistente,
possono essere rapidamente risvegliate ad un stato di illuminazione perfetta.
Tutte queste nozioni come causazione, successione, atomi, elementi primari che
costituiscono la personalità, l’anima personale, lo Spirito Supremo, il Dio
Sovrano, il Creatore, sono tutte finzioni dell'immaginazione e manifesta-zioni
della mente. No, Mahamati, la dottrina dell’Utero dei Tathagata non è la stessa
dell'Atman dei filosofi.
E’ detto che il Bodhisattva abbia ben afferrato l’insegnamento dei Tathagata
quando, tutto solo in un luogo solitario, per mezzo della sua Intelligenza
Tra-scendente, percorre il sentiero che conduce al Nirvana. Con ciò, la sua
mente si distenderà percependo, pensando, meditando e, dimorando nella pratica
della concentrazione, finché non raggiunga la "rivoluzione" al sorgere
dell’energia-abitudine, egli da li in avanti condurrà una vita di eccellenti
azioni. Con la sua mente concentrata sullo stato di Buddha, egli diverrà
completamente pratico con la nobile verità dell’auto-realizzazione; egli
diventerà perfetto maestro della sua propria mente; egli sarà come una gemma che
irradia molti colori; egli sarà capace di assumere corpi di trasformazione; egli
sarà in grado di entrare nelle menti degli altri per aiutarli; e; alla fine,
salendo gradualmente gli stadi, egli si stabilirà nella perfetta Intelligenza
Trascendente dei Tathagata.
Tuttavia, l'Intelligenza Trascendente (Arya-jnana) non è la Nobile Saggezza (Arya-prajna)
stessa; ma solo una consapevolezza intuitiva di essa. La Nobile Saggezza è un
perfetto stato di assenza di immaginazioni; è l'Utero della stessa "Talità"; è
la Mente Divina che tutto-conserva (Alaya-vijnana), e che nella sua pura Essenza
permane per sempre in perfetta pazienza e imperturbata tranquillità”.
Capitolo VII° Auto-Realizzazione
Allora Mahamati disse: “Prego, o Beato, puoi dirci cos’è la natura della
Auto-realizzazione in virtù della quale noi saremo capaci di ottenere
l'Intelligenza Trascendente?”
Il Beato rispose: “L'Intelligenza Trascendente sorge quando la
mente-intellet-tuale giunge al suo limite e, se c’è una realizzazione delle cose
nella loro vera ed essenziale natura; i suoi processi mentali, che sono basati
su idee particolari, le discriminazioni e i giudizi, devono essere trascesi
facendo appello ad una facoltà più alta di cognizione, se vi sia tale facoltà
più alta. Vi è tale facoltà nella mente intuitiva (Manas), come abbiamo visto,
nel collegamento tra mente intellettuale e Mente Universale. Mentre non c’è un
organo individualizzato come la mente intellettuale, c’è ciò che è meglio, - una
diretta dipendenza dalla Mente Universale. Mentre l'intuizione non dà
informazioni che possono essere analizzate e discriminate, dà qualcosa che le è
assai superiore, - l’auto-realizza-zione attraverso l’identificazione”.
Mahamati chiese poi al Beato: “Ti prego, o Beato, puoi dirci quale chiara
comprensione un serio discepolo dovrebbe avere per ottenere il successo nella
disciplina che conduce all’auto-realizzazione?”
Il Beato rispose: “Vi sono quattro cose dal cui adempimento un serio discepolo
può ottenere l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza e divenire
Bodhisattva-Mahasattva: primo, egli deve avere una chiara comprensione che tutte
le cose sono solamente manifestazioni della stessa mente; secondo, deve
eliminare le nozioni di nascita, permanenza e scomparsa; terzo, deve capire
chiaramente l’assenza di ego di cose e persone; e quarto, deve avere una reale
concezione di ciò che costituisce l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza.
Grazie a queste quattro comprensioni, i bravi discepoli possono divenire
Bodhisattva e ottenere l’Intelligenza Trascendente.
Riguardo alla prima comprensione; si deve riconoscere ed essere pienamente
convinti che questo triplice mondo non è nient’altro che una manifestazione
complessa della propria attività mentale; che è privo di un ‘sé’ e di ciò che
gli appartiene; che non c’è alcun sforzo, nessun andare e nessun venire. Occorre
riconoscere ed accettare il fatto che questo triplice mondo è manifestato ed
immaginato come vero solamente a causa dell'influenza dell’energia-abitudine che
è stata accumulata fin dagli infiniti tempi passati tramite la memoria, la
falsa-immaginazione, il falso-ragionamento, gli attaccamenti alle molteplicità
di oggetti ed a causa delle reazioni in stretta relazione e in conformità alle
idee di proprietà-e–permanenza- del corpo.
Quanto alla seconda; si deve riconoscere ed essere convinti che tutte le cose
devono essere considerate come forme viste in una visione o in un sogno, vuote
di sostanza, non-nate e senza auto-natura; tutte quelle cose esistono solamente
in ragione di una complicata rete di cause, grazie alle quali la discriminazione
e l'attaccamento devono il loro sorgere e che vanno a sfociare nell’insorgenza
del sistema-mente e nelle sue caratteristiche e sviluppi successivi.
Quanto alla terza; si deve riconoscere e pazientemente accettare il fatto che la
propria intelligenza e personalità è anche costruita dalla mente, che è vuota di
sostanza, non-nata e priva di un ‘sé’. Con queste tre cose chiaramente in mente,
il Bodhisattva sarà in grado di penetrare la verità di non-immaginazione.
E infine, riguardo alla quarta; si deve avere una reale concezione di ciò che
costituisce l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza. Prima di tutto, essa non
è paragonabile alle percezioni raggiunte dalla mente sensoriale, e neppure essa
è paragonabile alla cognizione della mente discriminante e intellettuale.
Questi, presuppongono entrambi una differenza tra ‘sé’ e ‘non-sé’ e la
conoscenza così ottenuta è caratterizzata da individualità e generalità.
L’auto-realizzazione è basata su identità e unicità; non c'è niente riguardante
essa che debba essere discriminata né affermata. Ma per penetrarla, il
Bodhisattva deve essere libero da tutti i presupposti e dagli attaccamenti alle
cose, alle idee ed al proprio ‘sé’.”
Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Ti prego, o Beato, puoi parlarci riguardo
alle caratteristiche del profondo attaccamento all’esistenza e riguardo a come
noi possiamo essere liberati dall’esistenza?”
Il Beato rispose: “Quando si tenta di capire il significato delle cose per mezzo
di parole e discriminazioni, inevitabilmente ne conseguono radicati
attacca-menti all’esistenza. Per esempio: vi sono attaccamenti radicati ai segni
dell'in-dividualità, alla causalità, alla nozione di essere e non-essere, alla
discrimina-zione di nascita e morte, di fare e non-fare, all'abitudine della
discriminazione stessa, su cui i filosofi sono così dipendenti.
Vi sono tre attaccamenti che sono radicati in modo speciale in tutte le menti:
l'avidità, la rabbia e l'infatuazione che sono basate su brama, paura ed
orgoglio. Dietro a questi vi è la discriminazione del desiderio, che è
procreativo e accom-pagnato da eccitamento, cupidigia e attrazione di conforto e
desiderio per un vivere eterno; e, a seguire, vi è una succesione di rinascite
sui cinque sentieri di esistenza ed una continuazione degli stessi attaccamenti.
Ma se questi attacca-menti vengono eliminati, non rimarrà alcun segno di
attaccamenti né di distacco, perché essi sono basati su cose che sono
non-esistenti; quando questa verità sarà capita chiaramente, la rete degli
attaccamenti sarà spazzata via.
Ma dipendendo e attaccandosi alla triplice combinazione che opera all’unisono vi
è l’insorgere e il continuare del sistema-mente funzionante incessantemente, ed
a causa di esso c’è l’asserzione continua e profondamente sentita del
volere-continuare-a-vivere. Quando la triplice combinazione che provoca il
funziona-mento del sistema-mente cessa di esistere, vi è la triplice
emancipazione e non c'è nessun ulteriore insorgere di alcun’altra combinazione.
Quando l'esistenza e la non-esistenza del mondo esterno sono riconosciute come
insorgenti dalla mente stessa, allora il Bodhisattva è pronto per penetrare
nello stato di non- immaginazione e quindi per vedere la vacuità che
caratterizza tutte le discrimi-nazioni e tutti gli attaccamenti radicati che ne
risultano. Da ciò egli non vedrà più alcun segno di profondo attaccamento né di
distacco; da ciò egli non vedrà più nessuno in schiavitù e nessuno che sia
emancipato, eccetto coloro che si trattengono fortemente nella schiavitù o
nell'emancipazione, perché in tutte le cose non è alcuna "sostanza" che possa
essere mantenuta.
Ma finché queste discriminazioni sono fortemente trattenute dagli ignoranti e
dagli ingenui, essi continueranno ad attaccarsi ad esse e, come i bachi da seta,
continueranno ad arrotolare il loro filo della discriminazione e ad avvolgere se
stessi e gli altri, e saranno incantati col loro stesso veleno. Ma per il saggio
non c’è alcun segno di attaccamento né di distacco; tutte le cose sono viste
dimoranti nella loro solitudine, in cui non c'è evolversi della discriminazione.
Mahamati, quando tu e gli altri Bodhisattva capirete bene la distinzione tra
l'attaccamento e il distacco, voi sarete in possesso di abili mezzi per evitare
di divenire attaccati alle parole, e con ciò potrete procedere a capire i
significati. Liberi dal dominio delle parole, sarete capaci di stabilirvi là
dove ci sarà la "rivoluzione", nel luogo più profondo della coscienza, per mezzo
di cui voi raggiungerete l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza e sarete in
grado di entrare in tutte le Terre del Buddha e nelle Assemblee. Ivi sarete
marchiati col timbro di potere, autocontrollo, facoltà psichiche, e sarete
dotati della saggezza e del potere dei dieci voti inesauribili, diventerete
radianti con i variegati raggi dei Corpi di Trasformazione. Con questi voi
risplenderete senza sforzo come la luna, il sole, il magico gioiello dei
desideri, ed ad ogni stadio vedrete le cose in una perfetta unione con voi,
non-contaminate da nessuna auto-coscienza interpretativa. Vedendo che tutte le
cose sono come un sogno, sarete in grado di entrare nel livello dei Tathagata e
di discorrere sul Dharma, agli esseri del mondo, in accordo con le loro
necessità, e sarete in grado di liberarli dalle nozioni dualistiche e dalle
false discriminazioni.
Mahamati, vi sono due modi di considerare l’auto-realizzazione: vale a dire, gli
insegnamenti su di essa, e la realizzazione vera e propria. Gli insegnamenti
variamente dati nelle nove divisioni della dottrina, perché le istruzioni di
quelli sono dirette verso esse, facendo uso di mezzi abili ed espedienti,
intendono risvegliare in tutti gli esseri una vera percezione del Dharma. Gli
insegnamenti sono stati progettati per dirottare le persone da tutte le nozioni
dualistiche di essere e non-essere, e di unicità ed alterità.
La realizzazione vera e propria è all'interno della coscienza interiore. Essa è
un'esperienza interiore che non ha collegamenti col sistema-mente inferiore e le
sue discriminazioni di parole, idee e speculazioni filosofiche. Essa risplende
con la sua propria luce chiara per rivelare l'errore e la follìa di insegnamenti
costruiti nella mente, per rendere impotenti le cattive influenze dell’esterno,
e per guidare infallibilmente uno al reame del bene non-fuoriuscente. Mahamati,
quando il serio discepolo ed il Bodhisattva è fornito di questi requisiti, la
Via è aperta al suo perfetto ottenimento dell’auto-realizzazione della Nobile
Saggezza, ed al pieno godimento dei frutti che ne derivano”.
Allora Mahamati chiese al Bhagavan: “Ti prego, o Beato, parlaci del Veicolo
Unico che caratterizza il conseguimento interiore dell’auto-realizzazione della
Nobile Saggezza. Cosa disse il Beato, riguardo ad esso”?
Il Beato rispose: “Per eliminare facilmente le discriminazioni e i ragionamenti
erronei, il Bodhisattva dovrebbe ritirarsi da solo in un luogo quieto e isolato,
dove possa riflettere all'interno di sé senza contare su qualcun altro, e lì
eserci-tarsi a fare ulteriori avanzamenti lungo gli stadi del sentiero; questa
solitudine è la raffigurazione caratteristica dell’ottenimento interiore
dell’auto-realizzazione della Nobile Saggezza.
Io chiamo questo il Veicolo Unico, non perché è l’Unico Veicolo, ma perché è
solo nella solitudine che uno è capace di riconoscere e realizzare il Sentiero
del Veicolo Unico. Finché la mente è distratta e sta facendo uno sforzo
cosciente, non ci può essere un culmine riguardo ai vari veicoli; è soltanto
quando la mente è quieta e da sola, che è capace di abbandonare le
discriminazioni del mondo esterno e cercare la realizzazione di un reame interno
in cui non vi sia alcun veicolo né qualcuno che lo percorra. Io parlo dei tre
veicoli per portarvi gli ignoranti. Io non parlo molto del Veicolo Unico, perché
non c'è nessun modo per cui i bravi discepoli e maestri possano realizzare da
soli il Nirvana. Secondo gli insegnamenti dei Tathagata, i bravi discepoli
dovrebbero starsene rinchiusi e disciplinati addestrandosi nella
meditazione-dhyana, con ciò essi saranno aiutati dai molti strumenti ed
espedienti per realizzare l'emancipazione. Poiché i bravi discepoli ed i maestri
non hanno ancora completamente distrutto l’energia-abitudine del karma e gli
ostacoli della conoscenza discriminativa e le passioni umane, essi spesso sono
incapaci di accaettare la duplice assenza-di-ego e l’inconcepibile
trasformazione-morte. Perciò io predico il veicolo triplice e non il Veicolo
Unico. Quando i bravi discepoli si saranno sbarazzati delle loro cattive
energie-abitudini e saranno capaci di realizzare la duplice assenza-di-ego,
allora essi non saranno più intossicati dalle beatitudini del Samadhi e si
risveglieranno al supremo reame del bene non-fuoriuscente. Essendo risvegliati
al reame del bene non-fuoriuscente, essi saranno in grado di unificare tutti i
requisiti per l’ottenimento della Nobile Saggezza, che è oltre la concezione ed
è il potere supremo. Ma, in verità, Mahamati, non vi sono veicoli, e così io
parlo del Veicolo Unico. Mahamati, il pieno riconoscimento del Veicolo Unico non
è mai stato raggiunto né dai bravi discepoli, né dai maestri, e neppure dal
grande Brahma; esso è stato raggiunto solo dai Tathagata stessi: questo è il
motivo per cui è conosciuto come il Veicolo Unico. Io non parlo molto su di
esso, perché non c’è modo che i bravi discepoli possano realizzare il Nirvana,
se non vengono aiutati”.
Allora Mahamati chiese al Bhagavan: “Quali sono i passi che condurranno un
discepolo risvegliato verso l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza?”
Il Beato rispose: “Tutto comincia con il riconoscimento che il mondo esterno è
solamente una manifestazione delle attività della mente stessa, e che la mente
lo conosce come un mondo esteriore semplicemente a causa della sua abitudine
alla discriminazione ed al falso-ragionamento. Il discepolo deve prendere una
nuova abitudine nell’osservare veramente le cose. Egli deve riconoscere il fatto
che il mondo non ha alcuna auto-natura, che è non-nato, che è come una nube
passeggera, come una ruota immaginaria fatta con un rotante tizzone ardente,
come il castello dei Gandharva, come la luna riflessa nell'acqua, che è come una
visione, un miraggio, un sogno. Egli deve arrivare a capire che la mente nella
sua essenza-natura non ha niente a che fare con la discriminazione né con la
causalità; Egli non deve dare ascolto a dissertazioni basate su qualificazioni e
termini immaginari; egli deve capire che la Mente Universale nella sua pura
essenza è uno stato di non-immaginazione, e che la-proprietà-e-dimora-del corpo
sembrano essere le sue manifestazioni solo a causa delle contaminazioni
accumulate sulla sua superficie, che nella sua propria pura natura essa è
non-soggetta né assoggettabile a cambiamenti come l’insorgere, il permanere e lo
scomparire; egli deve pienamente capire che tutte queste cose arrivano con il
risveglio della nozione di un'ego-anima, e dalla sua mente che è conscia di ciò.
Perciò, Mahamati, fa sì che quei discepoli che desiderano realizzare la Nobile
Saggezza seguendo il Veicolo dei Tathagata, desistano dal discriminare e dal
ragionare erroneo sulla personalità e sul senso del mondo, o su tali idee come
la causazione, l’insorgere, la permanenza e distruzione, e si esercitino nella
disciplina del dhyana che conduce alla realizzazione della Nobile Saggezza.
Per praticare il dhyana, il bravo discepolo deve ritirarsi in un luogo quieto e
solitario, ricordando che le abitudini di lunghe vite di discriminativi pensieri
non possono essere facilmente né rapidamente spazzate via. Vi sono quattro tipi
di meditazione concentrativa (dhyana-ch’an): Il dhyana praticato dagli
ignoranti; il dhyana dedicato all'esame del significato; il dhyana con "talità"
(tathata) come oggetto, ed il dhyana del Tathagata.
Il dhyana praticato dall'ignorante è quello a cui fanno ricorso coloro che
stanno seguendo l'esempio di discepoli e maestri, ma che non capiscono il suo
scopo e, perciò, esso diviene "solo-sedersi" con una mente svagata. Questo
dhyana è anche praticato da quelli che, disprezzando il corpo, lo vedono come
un'ombra o un scheletro, pieno di sofferenza e impurità, e però si aggrappano
ancora alla nozione di un ego, cercando di ottenere l'emancipazione dalla mera
cessazione del pensiero.
Il dhyana dedicarono all'esame del significato, è quello praticato da coloro
che, percependo l'insostenibilità di tali idee come il ‘sé’, l’altro ed
entrambi, che sono sostenute dai filosofi, e che sono andati oltre la
duplice-assenza-di-ego, dedicano il dhyana ad un esame del significato di
‘assenza-di-ego’ e delle differenziazioni degli stadi dei Bodhisattva.
Il dhyana con oggetto il Tathata, o "Talità", o Unicità, o Nome Divino, è
praticato da quei bravi discepoli e maestri che, pur riconoscendo pienamente la
duplice ‘assenza-di-ego’ e la non-immaginazione del Tathata, si aggrappano
ancora alla nozione di un Tathata Assoluto.
Il dhyana del Tathagata è il dhyana di quelli che sono entrati nello stadio del
Tathagata e che, dimorando nella triplice beatitudine che caratterizza
l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, stanno dedicandosi alla salvezza di
tutti gli esseri, nel compimento di un’incomprensibile opera per la loro
emancipazione. Questo è il puro dhyana del Tathagata. Quando tutte le minime
cose ed idee sono trascese e dimenticate, e resta soltanto un perfetto stato di
non-immagi-nazione in cui Tathagata e Tathata si fondono nella Perfetta Unicità,
dopodiché i Buddha verranno insieme da tutte le loro Terre-di-Buddha e con mani
brillanti tenute in alto sulle loro fronti daranno il benvenuto ad un nuovo
Tathagata”.
Capitolo VIII° Conseguimento dell’Auto-Realizzazione
Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Per favore, puoi dirci qualcosa in più su
ciò che costituisce lo stato dell’auto-realizzazione?”
Il Beato rispose: “Nella vita di un bravo discepolo, bisogna distinguere due
aspetti: ossia, lo stato di attaccamento all’auto-natura derivante dalla
discrimi-nazione di se-stesso e del suo campo di coscienza a cui egli si
riferisce; e lo stato elevato ed eccellente di auto-realizzazione della Nobile
Saggezza. Lo stato di attaccamento alle discriminazioni dell’auto-natura di
cose, idee e di ‘sé’, è accompagnato da emozioni di piacere o di avversione,
secondo l’esperienza o come è impostato nei libri di logica. Adattandosi all'assenza-di-ego
delle cose e mantenendo retrovisioni errate riguardo al suo ego, egli dovrebbe
abbandonare questi pensieri e dovrebbe mantenersi fermamente al percorso
continuamente ascendente dei livelli del Sentiero.
Lo stato esaltato di auto-realizzazione, come è riferito ad un bravo discepolo,
è uno stato di concentrazione mentale nel quale egli cerca di identificarsi con
la Nobile Saggezza. In quello sforzo, egli cerca di annichilire tutti i pensieri
e le nozioni vaganti che appartengono all'esteriorità delle cose, e tutte le
idee di individualità e generalità, di sofferenza e di impermanenza, e coltiva
invece le più nobili idee di assenza-di-ego, vacuità e non-immaginazione; in
questo modo egli otterrà una realizzazione di verità, che è libera da passione,
e sarà sempre sereno. Quando questo attivo sforzo alla concentrazione mentale
avrà avuto successo e sarà seguito da un più passivo e ricettivo stato di
Samadhi, in cui il bravo discepolo entrerà nella felice dimora della Nobile
Saggezza, egli sperimenterà la sua consumazione delle trasformazioni di
Samapatti. Questa è la prima esperienza di un bravo discepolo dello stato
esaltato di realizzazione, ma siccome non c'è ancora eliminazione
dell'energia-abitudine, non è giunto ancora alla esenzione dalla trasformazione
della morte.
Avendo raggiunto questo stato esaltato e felice di realizzazione, così come può
essere raggiunto dai discepoli, il Bodhisattva non deve cedere al godimento
della sua beatitudine, perché ciò significherebbe la cessazione, ma dovrebbe
pensare compassionevolmente agli altri esseri e dovrebbe tener fede ai suoi voti
originari; egli non dovrebbe mai rilassarsi né far uso della beatitudine del
Samadhi.
Però, Mahamati, siccome i bravi discepoli continuano a cercare di avanzare sul
sentiero che conduce alla piena realizzazione, c'è un pericolo contro cui essi
devono essere messi in guardia. I discepoli possono non apprezzare il fatto che
il sistema-mente, a causa della sua energia-abitudine accumulata, sia sempre in
funzione, più o meno inconsapevolmente, finché essi vivono. Talvolta essi
potrebbero pensare di poter accelerare il conseguimento della mèta verso la
tranquillizzazione sopprimendo completamente tutte le attività del
sistema-mente. Questo è un errore, perché perfino se le attività della mente
fossero soppresse, la mente funzionerebbe ancora perché i semi di
energia-abitudine rimarrebbero ancora in essa. Essi pensano all’estinzione della
mente, ma in realtà, essi non dovrebbero più attaccarsi al funzionamento della
mente che crede nel mondo esterno. Vale a dire, la mèta è la tranquilizzazione
che deve essere raggiunta non sopprimendo le attività della mente, ma
sbarazzandosi delle discriminazioni e degli attaccamenti.
Poi vi sono altri che, impauriti dalla sofferenza inerente alle discriminazioni
sulla vita e la morte, incautamente cercano il Nirvana. Essi sono giunti a
vedere che tutte le cose soggette alla discriminazione non hanno alcuna realtà e
così immaginano che il Nirvana debba consistere nell'annientamento dei sensi e
dei loro campi di sensazione; essi non apprezzano il fatto che nascita-e-morte e
il Nirvana non siano disgiunti uno dall'altro. Essi non sanno che il Nirvana è
la Mente Universale nella sua purezza. Perciò, questi stupidi che si aggrappano
alla nozione che il Nirvana sia un mondo in se stesso aldifuori di ciò che è
visto dalal mente, ignorando tutti gli insegnamenti del Tathagata concernenti il
mondo esterno, continueranno a rotolarsi nella ruota di nascita-e-morte. Ma
quando essi finalmente sperimenteranno la "rivoluzione" nella loro coscienza più
profonda, che porterà con sé la perfetta auto-realizzazione della Nobile
Saggezza, allora essi capiranno.
Il vero funzionamento della mente è molto sottile e difficile da essere capito
dai giovani discepoli, perfino i maestri con tutti i loro poteri di
corretta-conoscenza e Samadhi spesso lo trovano confuso. Soltanto i Tathagata ed
i Bodhisattva che sono fermamente stabiliti al settimo livello possono
pienamen-te comprendere il suo operato. Quei bravi discepoli e maestri che
desiderano capire pienamente tutti i differenti aspetti dei livelli della Via
del Bodhisattva, con l’aiuto della loro corretta-conoscenza devono diventare
totalmente convinti che gli oggetti della discriminazione sono visti e
considerati così dalla mente e, così, tenendosi fuori da tutte le
discriminazioni e falsi ragionamenti che sono anch’essi della mente, devono
cercare sempre di vedere veramente le cose (yatha-bhutam), e piantare radici di
bontà nelle Terre del Buddha, che non conoscono i limiti creati dalle
differenziazioni.
Per fare tutto ciò, il Bodhisattva deve tenersi fuori da ogni tumulto, dalle
agitazioni sociali e dalla pigrizia; deve tenersi fuori da tutti i trattati e
scritture filosofiche mondane, e dai rituali e cerimonie del clericalismo
professionale. Si ritiri in un luogo appartato nella foresta e ivi si dedichi
alla pratica delle varie discipline spirituali, perché è solo facendo così che
in questo mondo delle molteplicità, egli diverrà capace di ottenere una vera
intuizione profonda dell’operato della Mente Universale nella sua Essenza. Là,
circondato dai suoi buoni amici del Dharma, tutti i Buddha, il bravo discepolo
diventerà capace di comprendere il significato del sistema-mente e del suo
compito come agente intermediario tra il mondo esterno e la Mente Universale, e
diverrà capace di attraversare l'oceano di nascita-e-morte che sorge
dall'ignoranza, dal desiderio e dalle azioni.
Il Bodhisattva, avendo ottenuta una completa comprensione del sistema-mente,
delle tre auto-nature, la duplice assenza-di-ego, e stabilitosi
nell’auto-realizza-zione successiva a quel conseguimento, tutto ciò che può
essere ottenuto dalla sua corretta-conoscenza, avrà chiara la Via all'ulteriore
avanzamento lungo gli stadi del Sentiero del Bodhisattva. Quindi i discepoli
dovrebbero abbandonare poi la comprensione della mente da essi ottenuta tramite
la loro conoscenza corretta, che rispetto alla Nobile Saggezza è come un asino
zoppo vicino ad un puledro stupendo, ed entrando nell’ottavo stadio del Sentiero
del Bodhisattva, egli deve poi disciplinarsi nella Nobile Saggezza secondo i
suoi tre aspetti.
Questi aspetti sono: il primo, la non-immaginazione che giunge quando tutte le
cose appartenenti alla condizione di discepolo, maestro, e filosofo sono
completamente padroneggiate. Secondo, il potere aggiunto da tutti i Buddha in
ragione del loro voto originario che include l'identificazione delle loro vite,
la condivisione delle loro vite e la condivisione di tutti i loro meriti con
tutti gli esseri senzienti. Terzo, la perfetta auto-realizzazione che quindi è
stata solo compresa in una certa misura. Poiché il Bodhisattva riesce nel
distaccarsi dal vedere tutte le cose, incluso il suo proprio ego immaginato,
nella loro evidente fenomenalità, e realizza gli stati di Samadhi e Samapatti,
da cui egli osserva il mondo come una visione ed un sogno, ed essendo sostenuto
da tutti i Buddha, egli sarà capace di superare in pieno il conseguimento del
livello di Tathagata, che è la stessa Nobile Saggezza. Questa è la
caratteristica della nobile vita, e essendo provvista di questi tre aspetti, la
perfetta auto-realizzazione della Nobile Saggezza è stata raggiunta.
Allora Mahamati chiese al Bhagvan: “O Beato, la purificazione dal male che
fuoriesce dalla mente, e che deriva dall’attaccamento alle nozioni di un mondo
oggettivo ed un'anima empirica, è graduale o istantaneo?”
Il Beato rispose: “Vi sono tre flussi caratteristici che fuoriescono dalla
mente, e cioè il male che fuoriesce a causa del sorgere di brama, attrazione e
attacca-mento; il male che fuoriesce a causa del sorgere delle illusioni della
mente e dalle infatuazioni dell'egoismo; ed il bene non-fuoriuscente che deriva
dalla Nobile Saggezza.
Il male fuori-uscente che ha luogo dal riconoscere il mondo come esterno, che in
verità è solo una manifestazione della mente, e dal divenire attaccati ad esso,
viene purificato gradualmente e non istantaneamente. Un buon comportamento può
venire solo da un processo di sforzi e auto-limitazione. È come quando un vasaio
crea dei vasi, fatti gradualmente con attenzione e sforzo. È come quando si
diventa bravi a recitare, a ballare, cantare, suonare il liuto, scrivere, e in
ogni altra arte; deve essere imparata gradualmente e faticosamente. La
ricompensa sarà un aumento della chiara comprensione della vacuità e
transitorietà di tutte le cose.
Il male fuori-uscente che sorge dalle illusioni della mente e dalle infatuazioni
dell'egoismo, riguarda più direttamente la vita mentale e si manifesta in cose
come paura, rabbia, odio ed orgoglio; queste sono purificate da meditazione e
studio, che pure devono essere raggiunti gradualmente, e non istantaneamente. È
come il frutto dell’amrita che matura lentamente; è come l’erba, gli arbusti, e
gli alberi che crescono gradualmente dalla terra. Ognuno dovrebbe seguire il
percorso di studio e meditazione da sé, gradualmente e con sforzo, ma grazie al
voto originario di tutti i Bodhisattva e dei Tathagata che dedicarono i loro
meriti ed identificarono le loro vite con quella di tutti gli esseri animati che
possono venir emancipati, nessuno rimane senza aiuto ed incoraggiamento;
tuttavia perfino con l'aiuto dei Tathagata, la purificazione del flusso malvagio
della mente è tutt’al più lento e graduale, e richiede zelo e pazienza. Però, la
ricompensa è la graduale comprensione della duplice assenza-di-ego e la sua
paziente accettazione, ed i piedi ben si stabiliscono sul cammino dello stato di
Bodhisattva.
Ma il bene non-fuoriuscente, che giunge con l’auto-realizzazione della Nobile
Saggezza, è una purificazione che arriva istantaneamente per grazia dei
Tatha-gata. È come uno specchio che riflette tutte le forme e le immagini in
modo istantaneo e senza discriminazione; è come il sole o la luna, che rivelano
ogni forma istantaneamente e le illuminano spassionatamente con la loro luce.
Nello stesso modo i Tathagata conducono i bravi discepoli ad uno stato di
non-imma-ginazione; tutte le accumulazioni del karma e di energia-abitudine che
si erano raccolte da tempi senza inizio a causa dell'attaccamento a visioni
erronee e che erano state intrattenute riguardo ad un'ego-anima ed al suo mondo
esterno, alla fine sono spazzate via, rivelando istantaneamente il reame della
'Intelligenza Trascendente’ che appartiene allo stato di Buddha. Proprio come la
Mente Universale contaminata da accumulazioni di karma ed energia-abitudine
rivela la molteplicità di ego-anime ed i loro mondi esterni della
falso-immaginazione, così la Mente Universale purificata dalle sue
contaminazioni tramite le graduali purificazioni dei flussi malvagi, provenienti
da sforzo, studio e meditazione, e dalla graduale auto-realizzazione della
Nobile Saggezza, all’ultimo, risplende istantaneamente come la Dharmata-Buddha
che risplende spontaneamente coi raggi provenienti dalla sua pura auto-natura.
Per questo la mente di tutti i Bodhisattva è maturata istantaneamente: essi si
trovano nelle dimore celestiali dei paradisi Akanistha, essi che irradiano
spontaneamente i vari tesori della ricchezza spirituale”.
Capitolo IX° Il Frutto, o l’Auto-Realizzazione
Mahamati chiese al Bhagavan: “Ti prego di dirci, o Beato, qual’è il frutto che
ne viene con l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza”.
Il Beato rispose: “Prima, arriverà una visione chiara nel significato delle
cose, e in seguito arriverà una visione che spiegherà il significato degli
ideali spirituali (Paramita) grazie ai quali il Bodhisattva sarà in grado di
penetrare più profon-damente nello stato di non-immaginazione e di sperimentare
il supremo Sama-dhi e, gradualmente, di raggiungere gli stadi più alti del
sentiero del Bodhi-sattva.
Dopo avere sperimentato la "rivoluzione" nel sito più profondo della coscienza,
essi sperimenteranno altri Samadhi perfino più alti, il Vajravimbopama, che
appartiene ai Tathagata e alle loro trasformazioni. Essi saranno capaci di
entrare nel reame della Coscienza che sta oltre la coscienza del sistema-mente,
perfino oltre la coscienza dello stato di Tathagata. Essi saranno dotati di
tutti i poteri, facoltà psichiche, autocontrollo, compassione amorevole, mezzi
abili, e la capacità di penetrare nelle altre Terre del Buddha. Prima di aver
ottenuto l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, essi erano stati
influenzati dagli interessi personali dell'egoismo, ma dopo aver raggiunto
l’auto-realizzazione essi si troveranno a reagire spontaneamente agli impulsi di
un grande cuore compassionevole, sinceramente dotati di mezzi abili ed
illimitati, e totalmente dedicati all'emancipazione di tutti gli esseri”.
Disse allora Mahamati: “O Beato, puoi parlarci del sostenente potere del
Tathagata, con cui i Bodhisattva sono aiutati a raggiungere l’auto-realizzazione
della Nobile Saggezza?”
Il Beato rispose: “Vi sono due tipi di poteri sostenenti, che sgorgano dai
Tatha-gata e sono al servizio dei Bodhisattva, che vengono sostenuti dal
prostrarsi di fronte a loro e mostrare il proprio apprezzamento facendo domande.
Il primo tipo di potere sostenente è la venerazione e la fede del Bodhisattva
nei Buddha, in virtù della quale i Buddha sono capaci di manifestarsi e dare il
loro aiuto, per ordinarli con le loro proprie mani. Il secondo tipo di potere
sostenente, è il potere che si irradia dai Tathagata e che abilita i Bodhisattva
a raggiungere e superare i vari Samadhi e Samapatti, senza rimanere inebriati e
intossicati dalla loro beatitudine.
Essendo sostenuti dal potere dei Buddha, perfino i Bodhisattva del primo stadio
saranno capaci di raggiungere il Samadhi noto come la Luce del Mahayana. In quel
Samadhi, i Bodhisattva diverranno consapevoli della presenza dei Tatha-gata,
provenienti da tutte le loro diverse dimore delle dieci direzioni, per dare in
vari modi al Bodhisattva il loro potere sostenente. Poiché il Bodhisattva
Vajragarbha fu sostenuto nel suo Samadhi e poiché molti altri Bodhisattva di
pari grado e virtù sono stati sostenuti, così tutti i bravi discepoli e maestri
e Bodhisattva possono sperimentare questo potere sostenente dei Buddha nei loro
Samadhi e Samapatti. La fede del discepolo e i meriti del Tathagata sono due
aspetti dello stesso potere sostenente e da esso soltanto i Bodhisattva sono
abilitati nel divenire uno con la famiglia dei Buddha.
Qualunque Samadhi, facoltà psichiche ed insegnamenti che siano realizzati dai
Bodhisattva, sono resi possibili solo dal potere sostenente dei Buddha; se fosse
altrimenti, gli ignoranti e gli ingenui raggiungerebbero il medesimo risultato.
Ovunque i Tathagata penetrino col loro potere sostenente, vi sarà musica; non
solamente musica fatta da voci umane e suonata da mani umane sui vari strumenti,
ma vi sarà musica sentita nell'erba, negli arbusti e negli alberi, nelle
montagne e città e palazzi e capanne; vi sarà molta più musica nel cuore di
tutti gli esseri senzienti. I sordi, i muti ed i ciechi saranno guariti dalle
loro infermità e si allieteranno nella loro emancipazione. Tale è la
straordinaria virtù del sostenente potere elargito dai Tathagata.
Con la concessione di questo potere sostenente, i Bodhisattva sono resi abili ad
evitare il male delle passioni, dell’odio e del karma imprigionante; essi sono
abilitati a trascendere il dhyana dei principianti e ad avanzare oltre
l'esperienza e la verità che hanno appena raggiunto; essi sono abilitati a
mettere in atto le sei Paramita; e infine, a raggiungere lo stadio del Tathagata.
Mahamati, se non fosse per questo potere sostenente, essi ricadrebbero nei modi
di pensare dei filosofi, dei discepoli faciloni e mal-disposti, e quindi
cadrebbero ben lontani dalla suprema realizzazione. Per tutti questi motivi, i
bravi discepoli ed i Bodhisattva sinceri sono sostenuti dal potere di tutti i
Tathagata”.
Allora Mahamati disse: “Dal Beato è stato detto che adempiendo alle sei
Para-mita, lo stato di Buddha viene realizzato. Ti prego, puoi dirci che cosa
sono le sei Paramita, e come possono essere adempiute?”
Il Beato rispose: “Le Paramita sono ideali di perfezione spirituale che devono
essere di guida ai Bodhisattva sul sentiero dell’auto-realizzazione. Ve ne sono
sei, ma esse possono essere considerate in tre modi diversi secondo il progresso
del Bodhisattva nei vari stadi. All’inizio, esse devono essere considerate come
ideali per la vita di questo mondo; in seguito, come ideali per la vita mentale;
e, alla fine, come ideali della vita spirituale ed unitiva.
Nella vita mondana, in cui si è ancora tenacemente legati alle nozioni di un
‘ego-anima’ e ciò che lo riguarda, e ci si tiene stretti alle discriminazioni
duali-stiche, anche se solo per benefici mondani, uno dovrebbe curarsi degli
ideali di carità, retta condotta, pazienza, zelo, meditazione e saggezza. Anche
nella vita mondana le virtù di queste pratiche porteranno una ricompensa di
felicità e di successo.
Nel mondo mentale dei bravi discepoli e maestri, la loro pratica porterà assai
più gioie di emancipazione, illuminazione e pace della mente, dato che le
Paramita sono radicate nella corretta-conoscenza, e perciò porteranno pensieri
di Nirvana, anche se per ora il Nirvana dei loro pensieri è per essi stessi. Nel
mondo mentale le Paramita diventano più ideali e più simpatetiche; la carità non
può essere più espressa nel fare regali impersonali ma si manifesterà con i più
preziosi doni di empatia e comprensione; la retta condotta, con qualcosa più di
un esterno conformismo ai cinque precetti, perché alla luce delle Paramita, si
devono praticare umiltà, semplicità, riserbo e il dono di sé. La pazienza si
manifesterà con qualcosa più dell'indulgenza nelle circostanze esterne e con i
temperamenti di altre persone: ora, ci vorrà più pazienza pure con sé-stessi. Lo
zelo sarà per qualcosa più che il dimostrarsi esterno della serietà: ma sarà per
più autocontrollo nel compito di seguire il Nobile Sentiero e nel manifestare il
Dharma nella propria vita. Il meditare darà origine alla consapevolezza, in cui
significati discriminati, razionalizzazioni e deduzioni logiche daranno origine
alle intuizioni spirituali di significato e valore. Infine, la Paramita della
Saggezza (Prajna) non si preoccuperà più di una saggezza pragmatica ed eruditiva,
ma rivelerà se-stessa nella sua vera perfezione di Verità che tutto include, la
quale è Amore.
Il terzo aspetto delle Paramita, visto nell’ideale di perfezione del Tathagata
può essere pienamente compreso solo dai Bodhisattva-Mahasattva che sono devoti
al più alto discepolo spirituale, ed hanno totalmente compreso che nel mondo non
c'è niente che possa esser visto se non ciò che esce dalla mente stessa; in
quelle menti la discriminazione delle dualità ha cessato di funzionare; e sia
l’afferrare che l’aggrapparsi sono divenuti non-esistenti. Così, liberi da ogni
attaccamento agli oggetti ed alle idee individuali, le loro menti sono libere di
poter considerare i modi per beneficiare e dare felicità agli altri, perfino a
tutti gli esseri senzienti. Ai Bodhisattva-Mahasattva l'ideale della carità è
mostrato nell'auto-produzione di speranza del Nirvana del Tathagata, che tutti
possano goderlo insieme. Nella loro relazione con un mondo oggettivo, nelle
menti dei Tathagata non c'è insorgere di discriminazioni tra interessi per sé e
interessi per gli altri, tra il bene ed il male, - c’è solo spontaneità e
attuazione senza sforzo di un perfetto comportamento. Per praticare la pazienza
con piena conoscenza di questo e quello, di afferrare ed afferrato, ma senza
alcun pensiero di discri-minazione né di attaccamento, - questa è la
Paramita-Pazienza dei Tathagata. Esercitarsi con energia dall’inizio alla fine
della notte, in conformità alle misu-re di disciplina, senza che sorgano
discriminazioni sul conforto o sul disagio, - questa è la Paramita-Zelo dei
Tathagata. Non discriminare tra sé e gli altri in pensieri di Nirvana, ma
mantenere la mente fissa sul Nirvana, - questa è la Paramita-Meditazione. Quanto
alla Prajna-Paramita, che è la Nobile Saggezza, chi può parlarne? Quando nel
Samadhi la mente cessa di discriminare e c'è' solo non-immaginazione perfetta e
piena d’amore, e nella propria coscienza intima avrà luogo un’imperscrutabile
"rivoluzione" e si sarà raggiunta l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, -
quella allora sarà la Suprema Prajna-Paramita
Dopodiché Mahamati disse al Bhagavan: “Tu hai parlato di un corpo astrale, un
corpo di "mente-visione" (manomayakaya) che i Bodhisattva sono in grado di
assumere, dicendo che è uno dei frutti dell’auto-realizzazione della Nobile
Saggezza: per favore, puoi dirci, o Beato, che cosa si intende per un tale Corpo
Trascendente?”
Il Beato rispose: “Vi sono tre tipi di cosìddetti corpi trascendenti: primo, ve
n’è uno con cui il Bodhisattva raggiunge il godimento di Samadhi e Samapatti.
Per secondo, c'è quello che è assunto dai Tathagata a seconda della classe di
esseri che essi devono sostenere, e che si realizza e si perfeziona
spontaneamente, senza attaccamento e sforzo. Terzo, c'è quello con cui i
Tathagata ottengono la loro intuizione del Dharmakaya.
La personalità trascendente che subentra nel godimento del Samadhi giunge col
terzo, quarto e quinto stadio non appena le attività del sistema-mente si sono
acquietate e le onde della coscienza non sono più in moto sulla superficie della
Mente Universale. In questo stadio, la mente conscia è ancora consapevole, in
certa misura, della beatitudine che è sperimentata da questa cessazione delle
attività della mente.
Il secondo tipo di personalità trascendente è il genere assunto dai Bodhisattva
e Tathagata come corpi di trasformazione, con cui essi mostrano il loro voto
ori-ginario nell’atto di realizzarsi e perfezionarsi; esso giunge con l'ottavo
stadio del Sentiero del Bodhisattva. Quando il Bodhisattva ha una profonda
penetra-zione nella natura-maya delle cose e comprende il dharma di
non-immagina-zione, egli sperimenterà la "rivoluzione" nella sua più profonda
coscienza e diverrà capace di sperimentare il supremo Samadhi perfino al più
alto livello. Entrando in questi elevati Samadhi, egli ottiene una personalità
che trascende la mente conscia, in virtù della quale ottiene sovrannaturali
poteri di auto-controllo e attività grazie ai quali egli è capace di muoversi a
suo piacimento, così rapidamente come cambia un sogno e così rapidamente come
un'immagine cambia in uno specchio. Questo corpo trascendente non è un prodotto
degli elementi, eppure in esso c'è qualcosa di analogo a quello che è prodotto
in quel modo; è fornito di tutte le referenze appartenenti al mondo della forma,
ma non ha le loro limitazioni; in possesso di questo corpo di "mente-visione",
egli è in grado di essere presente in tutte le assemblee che si tengono in tutte
le Terre di Buddha. Proprio come i suoi pensieri si muovono all’istante e senza
ostacoli al di sopra di muri e fiumi, alberi e montagne, e proprio come egli
nella memoria ricorda e visita le scene delle sue esperienze passate, così,
mentre la sua mente rimane funzionante nel corpo, i suoi pensieri possono essere
a cento miglia di distanza. Allo stesso modo, la personalità trascendente che
sperimenta il Vajra-vimbopama Samadhi sarà dotata di poteri sovrannaturali e
facoltà psichiche ed autocontrollo, in virtù dei quali egli sarà capace di
seguire i nobili sentieri che conducono alle assemblee dei Buddha, muovendosi
liberamente come desidera. Ma i suoi desideri non saranno più né egocentrici né
contaminati da discrimina-zione e attaccamento, perché questa personalità
trascendente noi è il vecchio corpo, ma è l’incarnazione trascendente del suo
voto originario auto-prodotto per condurre tutti gli esseri alla maturità.
Il terzo tipo di personalità trascendente è così ineffabile che è in grado di
otte-nere le intuizioni del Dharmakaya, cioè essa ottiene le intuizioni
dell'illimitata ed imperscrutabile conoscenza della Mente Universale. Appena i
Bodhisattva-Mahasattva raggiungono gli stadi più elevati e diventano abili con
tutti i tesori che si realizzano nella Nobile Saggezza, essi otterranno questo
inconcepibile corpo di trasformazione, che è la vera natura di tutti i Tathagata
del passato, presente e futuro, e parteciperanno alla pacifica beatitudine che
pervade il Dbarma di tutti i Buddha”.
Capitolo X° I Discepoli: Il Lignaggio degli Arhat
Allora Mahamati chiese al Bhagavan: “Prego, puoi dirci quanti tipi di discepoli
vi sono?”
Il Beato rispose: “Vi sono tanti generi di discepoli quanti sono gli individui,
ma per convenienza essi possono essere divisi in due gruppi: discepoli del
lignag-gio degli Arhat, e discepoli noti come Bodhisattva. I discepoli del
lignaggio degli Arhat possono essere considerati sotto due aspetti: il primo, in
base alla quantità di volte che hanno fatto ritorno a questa vita-e-morte; e il
secondo, in base al loro progresso spirituale. Nel primo aspetto, essi possono
essere ancora suddivisi in tre gruppi: “Coloro che sono entrati nella Corrente”,
"Coloro che devono tornare ancora una volta", e "Coloro che Non torneranno più".
Coloro che sono entrati nella Corrente, sono quei discepoli che si sono liberati
dagli attaccamenti alle discriminazioni inferiori, si sono purificati dagli
ostacoli duplici e capiscono chiaramente il significato della duplice assenza di
ego, ma che ancora sono attaccati alla nozione di individualità e generalità ed
al loro proprio ego. Essi avanzeranno lungo gli stadi solo fino al sesto, per
soccombere alla estasiante beatitudine del Samadhi. Essi dovranno rinascere
sette, cinque, o tre volte, prima di essere in grado di superare il sesto
stadio. Coloro che ritornano ancora una volta sono gli Arhat, e Coloro che non
torneranno più sono i Bodhisattva che hanno raggiunto il settimo stadio.
Il motivo di queste tre gradazioni è dovuto al loro attaccamento ai tre livelli
della falsa-immaginazione: vale a dire, la fede nelle pratiche morali, i dubbi,
e la visione della loro personalità individuale. Quando questi tre ostacoli
saranno superati, essi saranno capaci di raggiungere gli stadi più elevati.
Riguardo alla pratica morale: bisogna dire che i discepoli ignoranti e ingenui
rispettano le regole della moralità, pietà e penitenza, in quanto con esse essi
desiderano ottenere vantaggi mondani e felicità, con in più la speranza di poter
rinascere in condizioni più favorevoli. Coloro che sono entrati nella corrente
non sono più attaccati alle pratiche morali perchè non c’è più alcuna speranza
di ricompensa per le loro menti che sono fisse sullo stato elevato
dell’auto-realizzazione; il motivo per cui si dedicano ai dettagli della
moralità è che essi desiderano padroneggiare queste verità in conformità ai
flussi incontaminati. In quanto all’ostacolo del dubbio nell’insegnamento del
Buddha, che continuerà finchè ogni nozione di discriminazione sarà mantenuta nel
cuore, e scomparirà quando essi scompariranno. L’attaccamento alla visione di
una personalità individuale sarà eliminato quando il discepolo ottiene una
comprensione più completa delle nozioni di essere e non-essere, auto-natura ed
assenza di ego, sbarazzandosi con ciò dell’attaccamento al suo proprio sé, che è
unito a quelle discriminazioni. Eliminando e facendo piazza pulita di questi tre
ostacoli, colui che è entrato nella corrente sarà in grado di eliminare ogni
avidità, rabbia e avversione.
Quanto agli Arhat che tornano una sola volta; in essi una volta c'era la
discri-minazione di forma, segni, ed apparenze, ma non appena essi gradualmente
per mezzo della retta-conoscenza impararono a non vedere più oggetti individuali
sotto l'aspetto di qualità e qualificazione, e nonappena essi divennero edotti
con ciò che distingue il conseguimento della pratica di dhyana, essi raggiunsero
lo stadio dell’illuminazione, in cui con una sola rinascita saranno in grado di
porre fine all'adesione ai loro propri interessi personali. Liberi da questo
peso di errore ed i suoi attaccamenti, essi non saranno più assaliti dalle
passioni e gli ostacoli saranno spazzati via per sempre.
I discepoli del secondo tipo possono essere raggruppati, secondo il progresso
spirituale da essi raggiunto, in quattro classi, e cioè discepoli (sravaka),
maestri (pratyekabuddha), Arhat, e Bodhisattva.
La prima classe, dei discepoli, significa che essi trovano difficile capire le
idee poco familiari. Le loro menti sono gioiose quando studiando e praticano le
cose che appartengono agli aspetti che possono essere discriminati, ma diventano
confusi dalla nozione di una ininterrotta catena di causalità, e si spaventano
quando devono considerare che gli aggregati che costituiscono la personalità ed
il mondo oggettivo sono illusioni (maya), vacuità e mancanti di un sè. Essi
furono in grado di avanzare al quinto o sesto stadio, dove sono stati capaci di
eliminare il sorgere delle passioni, ma non le nozioni che danno origine alla
passione e, perciò, sono incapaci di liberarsi dall'attaccamento ad un'ego-anima
ed agli attaccamenti, le abitudini e l’energia-abitudine che l’accompagnano. In
questa stessa classe di discepoli, vi sono i validi discepoli delle altre fedi,
che attaccati alle nozioni di cose come l'anima, considerata come un'entità
esterna, l’Atman Supremo, un Dio Personale, cercano ciò che è in armonia con
loro. Ve ne sono altri, con idee più materialistiche, che pensano che tutte le
cose siano esistenti in dipendenza di cause e, perciò, che anche il Nirvana
debba essere in tale dipendenza. Ma di questi, nessuno, per quanto bravo possa
essere, ha rag-giunto una visione profonda nella verità della duplice assenza di
ego e quindi, è di limitato intuito spirituale riguardo alla liberazione e
non-liberazione; per essi non vi è emancipazione. Essi hanno grande sicurezza di
sé, ma non potranno mai ottenere una vera conoscenza del Nirvana finché non
avranno imparato a disciplinarsi nella paziente accettazione della duplice 'assenza-di-ego’.
La seconda classe, è quella dei maestri che hanno ottenuto un alto grado di
comprensione intellettuale delle verità riguardanti gli aggregati che
costituisco-no la personalità ed il mondo esteriore, ma che sono ancora
impauriti quando affrontano il significato e le conseguenze di queste verità e
le domande che sorgono dalla loro cognizione, ovvero, il non rimanere attaccati
al mondo esterno ed alle sue molteplici forme, che comportano conforto e potere,
e elimi-nare gli ostacoli delle loro relazioni sociali. Essi così facendo sono
attratti dalle possibilità raggiungibili, cioè il possesso di poteri miracolosi,
come il dividere la personalità ed apparire in luoghi diversi allo stesso tempo,
o manifestare i corpi di trasformazione. Per ottenere questi poteri essi
ricorrono perfino ad una vita solitaria ed appartata, ma questa classe di
maestri non va mai oltre l'ego-ismo e le seduzioni del loro sapere, ed i loro
discorsi sono sempre conformi a questi limiti e caratteristiche. Fra di essi, vi
sono pure molti bravi discepoli, che mostrano un grado di acume spirituale
caratterizzato da sincerità e una volontà indomabile di andar incontro a tutte
le difficoltà che i livelli presentano a loro. Quando essi vedono che tutto ciò
che costituisce il mondo oggettivo è soltanto una manifestazione della mente,
che è senza auto-natura, non-nato e privo di un sé, l'accettano senza paura, e
quando vedono che la anche loro propria ego-anima è vuota, non-nata e priva di
un sé, essi sono imperturbati e senza paura, con un valido scopo, essi cercano
di adattare la loro vita a tutte le richieste di queste verità, ma non riescono
a dimenticare le nozioni che stanno alla base di questi fatti, specialmente la
nozione del loro proprio consapevole ego-sé, e la sua relazione con il Nirvana.
Essi sono nella classe di Coloro che sono entrati nelal Corrente.
La classe nota come quella degli Arhat, comprende quei seri maestri che
appar-tengono alla classe di Coloro che ritornano un'unica volta. Ma il loro
insight spirituale è già arrivato al sesto e settimo livello. Essi hanno
completamente compreso la verità della duplice assenza-di-ego e la
non-immaginazione della Realtà; non hanno più discriminazioni, né passioni, né
l'orgoglio dell'egoismo; essi hanno ottenuto un’elevata intuizione e visione
dell'immensità delle Terre del Buddha. Avendo raggiunto una percezione interiore
della vera natura della Mente Universale, essi purificano fermamente tutte le
loro energie-abitudine. L'Arhat ha raggiunto l’emancipazione, l’illuminazione,
il Dhyana, il Samadhi e la sua intera attenzione è data al conseguimento del
Nirvana, ma l'idea del Nirvana provoca in lui turbamenti mentali, perché egli ha
un’idea sbagliata del Nirvana. La nozione del Nirvana nella sua mente è divisa:
egli discrimina il Nirvana dal sé, ed il sé dagli altri. Egli ha ottenuto alcuni
frutti dell’auto-realizzazione, ma ancora fa pensieri e discorsi sul Dhyana, sui
soggetti di meditazione, sul Samadhi, e sui frutti. Egli orgogliosamente dice:
"Vi sono gli ostacoli, ma io sono libero da essi". Il suo è un duplice difetto:
denuncia i vizi dell'ego, però si aggrappa ancora alle sue catene. Finchè egli
continuerà a discriminare nozioni di dhyana, di pratica dhyana, soggetti di
dhyana, corretta-conoscenza e verità, vi è ancora uno stato di mente confuso, -
egli non ha ottenuto l'emancipazione perfetta. L'emancipazione giunge con
l'accettazione della non-immaginazione.
Egli è un maestro di Dhyana ed è entrato nel Samadhi, ma per raggiungere gli
stadi più elevati bisogna andare oltre il Dhyana, l'incommensurabile, il mondo
della non-forma, e la beatitudine del Samadhi all’interno del Samapatti, che
conduce alla cessazione stessa del pensiero. Il praticante di Dhyana, il dhyana
stesso, il soggetto del dhyana, la cessazione del pensiero, il ritornare una
volta, il non-ritornare più, tutti questi sono stati di mente divisa e
sconcertata. Finché ogni discriminazione non è stata abbandonata, non vi è
emancipazione perfetta. Così l'Arhat, maestro di dhyana, che partecipa del
Samadhi, senza il sostegno dei Buddha, si abbandona alla beatitudine estasiante
del Samadhi - e passa al suo Nirvana.
Discepoli, maestri ed Arhat possono ascendere fino al sesto-settimo livello.
Essi percepiscono che il triplo mondo non è nient’altro che la mente stessa;
essi percepiscono che non c’è nessuno che diventa attaccato alla molteplicità
degli oggetti esterni, fuorché le discriminazioni e le attività della mente
stessa; essi percepiscono che non c'è un ego-anima; e, perciò, raggiungono una
misura di tranquillizzazione. Ma questa tranquillizzazione non è perfetta in
ogni minuto della loro vita, perché in essi vi è un qualcosa che produce
effetti, alcuni che afferrano e si attaccano, alcuni che si soffermano sulla
dualità e l'egoismo. Benché liberi dall'energia-abitudine delle passioni e,
inebriati con il vino del Samadhi, essi avranno la loro dimora nel reame dei
flussi fuoriuscenti. La perfetta tranquillizzazione è possibile solo dal settimo
livello in poi. Finchè le loro menti sono in confusione, essi non possono
raggiungere un convincimento certo e chiaro come la cessazione di ogni
molteplicità e l’attuazione dell'unicità perfetta di tutte le cose. Nelle loro
menti l’auto-natura di tutte le cose è ancora discriminata come buona o cattiva,
perciò le loro menti sono in confusione e non possono andare oltre il sesto
livello. Ma al sesto livello tutte le discrimina-zioni cessano, appena vengono
assorbite nella beatitudine del Samadhi, in cui essi mantengono con cura il
pensiero del Nirvana e, poiché già al sesto livello il Nirvana è possibile, essi
passano nel loro Nirvana, che però non è il Nirvana dei Buddha”.
Capitolo XI° Lo Stato di Bodhisattva ed i Suoi Livelli
Allora Mahamati chiese al Bhagavan: “O Beato, puoi dirci quali discepoli sono
dei Bodhisattva?”
Il Beato rispose: “I Bodhisattva sono quei seri discepoli che si sono illuminati
grazie ai loro sforzi di ottenere l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza e
che hanno preso su di sé il compito di illuminare gli altri. Essi hanno ottenuto
una chiara comprensione della verità che tutte le cose sono vuote, non-nate e
della natura di maya; essi hanno cessato di vedere le cose in modo discriminato
e di considerarle in relazione ad essi; essi hanno completamente compreso la
verità della duplice assenza di ego e si sono adattatti ad essa con una paziente
accettazione; essi hanno ottenuto una definitiva realizzazione della
non-imma-ginazione; e dimorano nella perfetta-conoscenza che hanno ottenuto
dall’auto-realizzazione della Nobile Saggezza.
Ben improntati dal sigillo della "Talità", essi sono entrati nel primo dei
livelli del Bodhisattva. Il primo stadio è chiamato Pramudita (della Gioia).
Entrare in questo stadio è come passare dal reame dell’ombra alla sfolgorante
luce di "non-ombra"; è come passare dal rumore e dal tumulto di una affollata
città alla quiete della solitudine. Il Bodhisattva sente al suo interno il
risvegliarsi di un grande cuore di compassione ed esprime i suoi dieci voti
originari: Onorare e servire tutti i Buddha; diffondere la conoscenza e la
pratica del Dharma; dare il benvenuto ai prossimi Buddha; praticare le sei
Paramita; persuadere tutti gli esseri ad abbracciare il Dharma; ottenere una
perfetta comprensione di tutto l’universo; ottenere una perfetta comprensione
della mutualità di tutti gli esseri; raggiungere una perfetta auto-realizzazione
dell’unicità nell’auto-natura, scopo e risorse di tutti i Buddha e Tathagata;
diventare edotti in tutti i mezzi abili per eseguire questi voti per
l'emancipazione di tutti gli esseri; realizzare la suprema illuminazione
attraverso la perfetta auto-realizzazione della Nobile Saggezza; e, infine,
ascendere tutti i livelli per entrare nello stato di Tathagata.
Nello spirito di questi voti il Bodhisattva gradualmente sale i livelli, fino al
sesto. Tutti i seri discepoli, i maestri e gli Arhat, sono giunti a questo
punto, ma restando incantati dalla beatitudine del Samadhi e non essendo
sostenuti dal potere dei Buddha, essi passano al loro Nirvana. Lo stesso destino
toccherebbe ai Bodhisattva, se non fosse per il loro potere sostenuto dai Buddha,
con cui essi sono resi capaci di rifiutare di entrare nel Nirvana fino a quando
tutti gli esseri non siano in grado di entrare nel Nirvana con loro. I Tathagata
indicano loro le virtù dello stato di Buddha, che sono oltre la concezione della
mente intellettuale, e incoraggiano e fortificano i Bodhisattva per non cadere
vittime dell’incantesimo della beatitudine del Samadhi, ma per premere su un
ulteriore avanzamento lungo i livelli. Se i Bodhisattva fossero entrati nel
Nirvana a questo livello, e lo avessero fatto senza il potere sostenente dei
Buddha, vi sarebbe stata la cessazione di tutte le cose e la famiglia dei
Tathagata si sarebbe estinta.
Fortificati dalla nuova energia che viene loro dai Buddha e con una più perfetta
visione profonda che è in essi grazie al loro avanzare nell’auto-realizzazione
della Nobile Saggezza, essi riesaminano la natura del sistema-mente, l'assenza
di ego della personalità, e il ruolo che giocano l’avidità, l'attaccamento e
l’energia-abitudine nello spiegamento del dramma della vita; essi riesaminano le
illusioni della quadruplice analisi logica, ed i vari elementi che entrano
nell’illuminazione e nell’auto-realizzazione, e, nel brivido dei loro nuovi
poteri di autocontrollo, i Bodhisattva entrano nel settimo livello Durangama
(andare-lontano).
Sostenuti dal potere sostenente dei Buddha, i Bodhisattva entrano a questo
stadio nella beatitudine del Samadhi della perfetta tranquillizzazione. Grazie
ai loro voti originari essi sono trasportati da emozioni di amore e compassione
fino a diventare consapevoli della parte che devono compiere nell'eseguire i
loro voti per l'emancipazione di tutti gli esseri. Così essi ignorano di entrare
nel Nirvana, sebbene in verità essi siano già dentro il Nirvana, perché nelle
loro emozioni di amore e compassione non c’è l’insorgere della discriminazione;
d'ora innanzi, in essi, la discriminazione non ha più luogo. Una sola concezione
è presente grazie all'Intelligenza Trascendente – quella che promuove la
realiz-zazione della Nobile Saggezza. Questo è chiamato il Nirvana del
Bodhisattva - il perdersi nella beatitudine della perfetta auto-donazione.
Questo è il settimo stadio, il livello di Durangama.
L'ottavo stadio è il livello del Non-indietreggiare (Acala). In questo stadio, a
causa delle contaminazioni sulla superficie della Mente Universale causate dall'
accumulazione di energia-abitudine fin da tempi senza inizio, il sistema-mente e
tutto ciò che lo riguarda si è evoluto. Il funzionamento del sistema-mente è
stato sostenuto dalle discriminazioni su un mondo oggettivo esterno a cui esso
si è attaccato e da cui è stato perpetuato. Ma con il conseguimento dell’ottavo
stadio del Bodhisattva arriva una "rivoluzione" all’interno del più profondo
recesso della coscienza, che dall'egocentrico egoismo porta alla compassione
universale per tutti gli esseri, per mezzo della quale egli ottiene la perfetta
auto-realizzazione della Nobile Saggezza. C'è un istantanea cessazione delle
illuso-rie attività dell’intero sistema-mente; la danza delle onde
dell’energia-abitudine sulla superficie della Mente Universale viene bloccata
per sempre, rivelando nella sua propria inerente quiete e solitudine, l'Unicità
dell'inconcepibile ‘Utero del Tathagata’.
D'ora in avanti, non c’è più un guardare all’esterno, da parte dei sensi e delle
menti sensoriali, su un mondo esteriore, né discriminazione di particolareggiati
concetti, idee e proposizioni da parte di una mente intellettuale, più nessuna
avidità, né attaccamento, né orgoglio dell'egoismo, né energia-abitudine. D'ora
innanzi c'è soltanto l’esperienza interna della Nobile Saggezza, ottenuta con
l’ingresso nella sua perfetta Unicità.
Stabilendosi così all'ottavo stadio della non-recessione, il Bodhisattva entra
nella beatitudine dei dieci Samadhi, ma evita il Sentiero dei discepoli e
maestri che si abbandonarono alla beatitudine estasiante e si stabilirono nel
Nirvana personale, e sostenuto dai suoi voti e dall'Intelligenza Trascendente,
nonché dal potere dei Buddha, egli entra nei sentieri più alti che conducono
allo stato del Tathagata. Egli passa attraverso la beatitudine del Samàdhi per
assumere il corpo di trasformazione di un Tathagata, affinché tramite lui, tutti
gli esseri possano essere emancipati. Mahamati, se non ci fosse stato nessun
Utero del Tathagata e nessuna Mente Divina, allora non ci sarebbe stato nessun
insorgere e svanire degli aggregati che costituiscono la personalità ed il suo
mondo esterno, nessun insorgere e svanire di persone ignoranti né di persone
sante, e nessun compito per i Bodhisattva; perciò, camminando nel Sentiero
dell’auto-realizzazione ed entrando nei godimenti del Samadhi, tu non devi
abbandonare mai di lavorare duro per l'emancipazione di tutti gli esseri ed il
tuo dedicarti all’amore non sarà mai invano. La concezione dell’Utero del
Tathagata sembra priva di purezza ai filosofi e sporcata da queste
manifestazioni esterne, ma non è intesa così dai Tathagata, - per essi non è
certo un proposito filosofico, ma un’intuitiva esperienza tanto reale come se
fosse un frutto di amalaka tenuto sul palmo della mano. Con la cessazione del
sistema-mente e di tutte le sue discriminazioni evolventi, vi è la cessazione di
ogni sforzo e lotta. È come un uomo che in un sogno si immagina di attraversare
un fiume e che si esercita al massimo per farlo, finché è svegliato
improvvisamente. Essendo sveglio, lui pensa: "Ma era vero o era un sogno
irreale?" Ora, essendo illuminato lui sa che non è vero né irreale. Così perfino
quando il Bodhisattva arriva all'ottavo stadio, egli è in grado di vedere tutte
le cose veramente in questo modo e, in più, egli è in grado di capire
completamente il significato di tutte le cose della sua vita come simili al
sogno, come arrivano e poi come esse svaniscono. Fin da tempi senza inizio il
sistema-mente ha percepito la molteplicità di forme, condizioni e idee, che la
mente pensante ha discriminato e la mente empirica ha sperimentato,
affer-randole ed attaccandovisi. Da tutto ciò è sorta l’energia-abitudine che
con la sua accumulazione ha condizionato le illusioni di esistenza e
non-esistenza, individualità e generalità, ed ha perpetuato in questo modo lo
stato di sogno della falsa-immaginazione. Ma ora, ai Bodhisattva dell'ottavo
stadio, la vita è passata ed è ricordata come veramente era - un sogno
passeggero.
Finché il Bodhisattva non aveva superato il settimo stadio, anche se egli aveva
raggiunto una comprensione intuitiva del vero significato della vita e della sua
natura di maya, e però la mente continuava ancora le sue discriminazioni e gli
attaccamenti, tuttavia, egli continuava a mantenere strette le nozioni di queste
cose. Quindi, anche se egli non sperimentava più dentro di sé alcun desiderio
ardente per le cose né alcun impulso per attaccarvisi ancora, tuttavia le
nozioni che le riguardavano persistevano e profumavano i suoi sforzi di
praticare gli insegnamenti dei Buddha e di lavorare per l’emancipazione di tutti
gli esseri. Ora, nell'ottavo stadio, anche le nozioni svaniscono, ed ogni lotta
e sforzo sono ritenuti non più necessari. Il Nirvana del Bodhisattva è perfetta
tranquillizza-zione, ma non è estinzione né inerzia; benché vi sia una totale
assenza di scopo e discriminazione, vi sono libertà e spontaneità di
potenzialità ottenute col conseguimento e la paziente accettazione delle verità
di assenza di ego e non-immaginazione. Ecco la perfetta solitudine,
non-disturbata da eventi di gradua-lità e succesione continue, ma raggiante con
la potenza e libertà della sua auto-natura che è l’auto-natura stessa della
Nobile Saggezza, felicemente pacificata con la serenità dell'Amore Perfetto.
Entrando sull'ottavo livello, con la "rivoluzione" nel più profondo recesso
della coscienza, il Bodhisattva diverrà consapevole di aver ricevuto il secondo
tipo di corpo transcendente (Manomayakaya). La transizione dal corpo mortale al
corpo trascendente non ha niente a che fare con la morte mortale, perché il
vecchio corpo continua a funzionare e la vecchia mente continua a servire alle
necessità del vecchio corpo, ma ora è libera dal controllo della mente mortale.
Vi è stata una inconcepibile trasformazione-morte (acintya-parinama-cyuti) con
cui la falsa-immaginazione della particolareggiata personalità individuale è
stata trascesa da una realizzazione della sua unicità con l’universalizzata
mente del Tathagata, da cui non vi sarà più retrocessione. Con questa
realizzazione egli si troverà dotato ampiamente con tutti i poteri, le facoltà
psichiche e l’auto-controllo del Tathagata, e proprio come la buona terra è di
supporto a tutti gli esseri nel mondo del desiderio (karmadathu), così i
Tathatagata diventano il sostegno di tutti gli esseri del Trascendente Mondo di
Non-forma.
I primi sette livelli del Bodhisattva erano nel reame della sua mente, mentre
l'ottavo, trascendendo la mente, era solo in contatto con lui; ma nel nono
stadio dell'Intelligenza Transcendente (Sadhumati), in virtù della perfetta
intelligenza e dell’intuizione nella non-immaginazione della Mente Divina,
ottenuta con l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, egli è ora nel reame
del Tathagata. Gradualmente il Bodhisattva realizzerà la sua natura-Tathagata ed
il possesso di tutti i suoi poteri, facoltà psichiche, autocontrollo,
compassione amorosa e mezzi abili, e per mezzo di essi entrerà in tutte le Terre
del Buddha. Facendo uso di questi nuovi poteri, il Bodhisattva assumerà vari
corpi di trasformazione e personalità nell'interesse e per il beneficio degli
altri. Proprio come nella sua prima vita mentale, l'immaginazione era sorta
dalla conoscenza relativa, così ora i mezzi abili sorgono spontaneamente
dall'Intelligenza Trascendente. È come una magica gemma che riflette
istantaneamente appropriate risposte ai propri desideri. Il Bodhisattva
partecipa a tutte le assemblee dei Buddha e li ascolta quando essi riferiscono
della natura di sogno di tutte le cose e quando trattano le verità che
trascendono tutte le nozioni di essere e non-essere, che non hanno relazione con
nascita e morte, né con eternalismo ed estinzione. Stando così di fronte ai
Tathagata quando essi parlano della Nobile Saggezza che è aldilà delle capacità
mentali di discepoli e maestri, egli otterrà centomila Samadhi, ovvero,
centomila corpi di Samadhi, e nello spirito di questi Samadhi egli passerà
immediatamente da una Terra-Buddha ad un altra, rendendo ossequio a tutti i
Buddha, rinascendo in tutte le magioni celesti, manifesterà i corpi-di-Buddha, e
facendo egli stesso discorsi sul Triplice Tesoro ai Bodhisat-tva minori, che
possono anch’essi partecipare al frutto dell’auto-realizzazione della Nobile
Saggezza.
Il decimo stadio appartiene ai Tathagata. Così, passando oltre l'ultimo stadio
del Sentiero, il Bodhisattva diviene egli stesso un Tathagata, dotato con tutta
la libertà del Dharmakaya. Qui il Bodhisattva si troverà seduto su un trono-di-
loto, in uno splendido palazzo adornato di gioielli e circondato da Bodhisattva
di uguale rango. Buddha provenienti da tutte le Terre-Buddha si riuniranno
intorno a lui e con le loro pure e fraganti mani giunte sulla fronte gli daranno
l’ordinazione ed il riconoscimento come uno stesso di loro. Poi assegneranno a
lui una Terra-di-Buddha che egli potrà possedere e perfezionare a sua dimora.
Il decimo stadio è chiamato Dharmamegha, la Grande Nuvola del Dharma, ed è
inconcepibile e imperscrutabile. Solamente i Tathagata possono realizzare la
perfetta Non-immaginazione e l'Unicità e la Solitudine. Esso è Mahesvara, la
Terra Raggiante, la Terra Pura, la Terra Lontana; che circonda, superandoli, gli
inferiori mondi di forma e desiderio (karmadathu), ed in cui il Bodhisattva si
troverà in un momento. I raggi della Nobile Saggezza, che è della stessa-natura
dei Tathagata, multicolori, estasianti, di lieto auspicio, trasformano il
triplice mondo come gli altri mondi sono stati trasformati in passato, ed altri
mondi ancora saranno trasformati in futuro. Ma nell’Unicità Perfetta della
Nobile Saggezza non c’è gradazione, né sforzo e neppure successione. Il decimo
stadio è il primo, il primo è l’ottavo, l'ottavo è il quinto, il quinto è il
settimo: che gradazione può esservi là dove la perfetta Non-immaginazione e
l'Unicità prevalgono? E quale è la realtà della Nobile Saggezza? C’è
l'ineffabile potenza del Dharmakaya; non ci sono confini né limiti; esso supera
tutte le Terre del Buddha, e pervade il paradiso Akanistha e le dimore
celestiali di Tushita”.
Capitolo XII° Lo Stato di Tathagata, che è la Nobile Saggezza
Poi Mahamati disse al Bhagavan: “O Beato, è stato insegnato nei libri canonici
che i Buddha non sono soggetti a nascita né a distruzione, e tu hai detto che il
"Non-nato" è uno dei nomi dei Tathagata; ciò significa forse che il Tathagata è
una non-entità?”
Il Beato rispose: “Il Tathagata non è una non-entità e neppure egli deve essere
concepito come le altre cose, che sono né nate e né soggette a scomparsa, egli
non è soggetto a causalità, e né egli è senza significato; eppure io mi
riferisco a lui come il "Non-nato". C'è ancora un altro nome per il Tathagata.
"La Sola Mente-che-Appare" (Manomayakaya), in cui il suo corpo-Essenza
volontaria-mente assume trasformazioni inerenti alla sua opera di emancipazione.
Questo è oltre la comprensione dei comuni discepoli e maestri, ed anche oltre la
piena comprensione di quei Bodhisattva che rimangono fermi al settimo stadio.
Sì, Mahamati, il "Non-nato" è sinonimo di Tathagata”.
Allora Mahamati disse ancora: “Se i Tathagata sono ‘non-nati’, sembra che non vi
sia qualcosa da sostenere come - nessuna entità - o c'è qualcosa che porta un
altro nome oltre l'entità? E come può questo "qualcosa" essere?”
Il Beato rispose: “Vi sono oggetti spesso conosciuti con nomi diversi, secondo i
diversi aspetti che essi mostrano,- il dio Indra talvolta è noto come Shakra, e
talvolta come Purandara. Questi nomi differenti sono talvolta usati come
inter-cambiabili e talvolta sono discriminati, ma non si devono immaginare
oggetti diversi a causa di nomi diversi, essi non sono senza individuazione. Lo
stesso si può dire di me quando appaio in questo mondo di pazienza davanti a
persone ignoranti e dove io sono conosciuto con innumerevoli nomi. Essi si
rivolgono a me con diversi nomi, non realizzando che essi sono tutti nomi
dell’unico Tathagata. Alcuni mi riconoscono come Sole o come Luna; alcuni come
una reincarnazione degli antichi saggi; alcuni come uno dei “dieci-poteri”;
alcuni come Rama, alcuni come Indra, e alcuni come Varuna. Vi sono ancora altri
che parlano di me come il Non-nato, come Vacuità, come "Talità" come Verità,
come Assoluto, come Realtà, come l'Ultimo Principio; altri ancora mi
conside-rano il Dharmakaya, il Nirvana, l'Eterno; alcuni parlano di me come
Identità, come Non-dualità come Non-morente, come Senza-forma; alcuni pensano a
me come la dottrina della Buddha-causa, o della Emancipazione, o del Nobile
Sentiero; ed altri pensano a me come Mente Divina e Nobile Saggezza. Così in
questo mondo e negli altri mondi io sono noto con questi innumerevoli nomi, ma
tutti loro vedono me come una luna vista nell'acqua. Benchè tutti essi mi
onorino, mi ossequiano e mi stimano, essi non capiscono in pieno il significato
delle parole che usano; non avendo una loro propria auto-realizzazione della
Verità, essi si aggrappano alle parole dei libri canonici, oppure a ciò che è
stato detto loro, o a quello che essi immaginano, e non vedono che il nome che
essi stanno usando è solo uno dei molti nomi del Tathagata. Nei loro studi essi
seguono le mere parole del testo, vanamente cercando di capire il significato
reale, invece di avere fiducia nell’unico "testo" in cui è rivelata la Verità
che si auto-afferma, cioè avere fiducia nell'autorealizzazione della Nobile
Saggezza”.
Poi Mahamati disse ancora: “Per favore, o Beato, puoi dirci qualcosa
sull’auto-natura del Tathagata?”
Il Beato rispose: “Se il Tathagata deve essere descritto da tali espressioni
come creato o non-creato, effetto o causa, noi dovremmo descriverlo né come
creato, né non-creato, né effetto, né causa; ma se noi lo descrivessimo così,
saremmo colpevoli di discriminazione dualistica. Se il Tathagata fosse qualcosa
di creato, egli sarebbe instabile; e se fosse instabile, qualsiasi cosa creata
sarebbe un Tathagata. Se fosse qualcosa di non-creato, allora ogni sforzo di
realizzare il Tathagata sarebbe inutile. Che poi sia né un effetto né una causa,
né un essere né un non-essere, e che non sia un essere né un non-essere insieme
è al di fuori delle quattro proposizioni. Le quattro proposizioni appartengono
all’uso mon-dano; il che al di fuori di esse non è niente più di una parola,
come il figlio di una donna sterile; e così devono essere compresi tutti i
termini che riguardano il Tathagata.
Quando è detto che tutte le cose sono prive di ego, si intende che tutte le cose
sono prive di un sé-autonomo. Ogni cosa può avere una sua propria individua-lità
– l’essere di un cavallo non è la natura di un bue - ed è come se fosse di una
sua propria natura, e così è discriminato dall'ignorante, ma, tuttavia, la sua
vera natura propria è della natura di un sogno, o apparenza. Ecco perché gli
ingenui e gli ignoranti che sono abituati a discriminare le apparenze, non
riescono a capire il significato di ‘assenza-di-ego’. E finché non si saranno
liberati della loro discriminazione, questo fatto che tutte le cose sono vuote,
non-nate e senza auto-natura non può essere apprezzato.
Mahamati, tutte queste espressioni applicate ai Tathagata, sono senza alcun
significato, perchè ciò che non è nessuna di queste, è qualcosa rimosso da ogni
misurazione, e ciò che è rimosso da ogni misurazione si trasforma in una parola
senza-significato; ciò che è una mera parola è qualcosa non-nato; e ciò che è
non-nato non è soggetto a distruzione; ciò che non è soggetto a distruzione è
come lo spazio e lo spazio non è né causa né effetto; ciò che non è né effetto
né causa è qualcosa di incondizionato; e ciò che è incondizionato è oltre ogni
ragionamento; e ciò che è oltre ogni ragionamento, - quello è il Tathagata.
L’auto-natura dello stato di Tathagata è ampiamente rimossa da tutti i predicati
e misurazioni; l’auto-natura dello stato di Tathagata è la Nobile Saggezza”.
Allora Mahamati disse al Bhagavan: “I Tathagata sono permanenti o instabili?”
Il Beato rispose: “I Tathagata non sono né permanenti né impermanenti; se è
asserita una delle due, vi è un errore connesso con i fattori creativi perché,
secondo i filosofi, i fattori creativi sono qualcosa di increato e permanente.
Ma il Tathagata non è collegato con i cosìddetti fattori creativi ed in quel
senso egli è impermanente. Se poi si dice che sia impermanente, allora egli è
connesso con cose che sono create, per cui anch’esse sono impermanenti. Per
queste ragioni, i Tathagata non sono né permanenti né impermanenti.
Né si può dire che i Tathagata siano permanenti nel senso in cui si dice che lo
spazio sia permanente, o come si dice che le corna di una lepre siano
per-manenti perché, essendo irreali, essi escludono ogni idea di permanenza o di
impermanenza. Ciò non si applica ai Tathagata, perché essi vengono al di fuori
dall'energia-abitudine dell’ignoranza che è connessa col sistema-mente e gli
elementi che costituiscono la personalità. Il triplice mondo è originato dalla
discriminazione di irrealtà e dove c’è la discriminazione lì vi sono la dualità
e la nozione di permanenza ed impermanenza, ma i Tathagata non sorgono dalla
discriminazione di irrealtà. Quindi, finché c'è la discriminazione ci sarà la
nozione di permanenza ed impermanenza; quando la discriminazione se ne sarà
andata via, verrà stabilita la Nobile Saggezza, che è basata sul significato
della solitudine.
C'è comunque, un altro senso in cui si può dire che i Tathagata siano
perma-nenti. L’Intelligenza Trascendente che sorge col conseguimento
dell’illumina-zione è di natura permanente. Questa Verità-essenza che è
scopribile nell’illu-minazione di tutti coloro che sono illuminati, è
realizzabile come un principio di Realtà regolante e sostenente, che permane per
sempre. L’lntelligenza Tra-scendente ottenuta intuitivamente dai Tathagata dalla
loro autorealizzazione della Nobile Saggezza, è una realizzazione della loro
propria auto-natura,- e in questo senso i Tathagata sono permanenti.
L'impensabile-eterno dei Tathagata è la "talità" della Nobile Saggezza
realizzata al loro interno. È sia eterna che oltre il pensiero. Essa si adatta
all'idea di una causa eppure è oltre l’esistenza e la non-esistenza. Poiché è lo
stato supremo della Nobile-Saggezza, essa ha il suo proprio carattere. Poiché è
la causa della più elevata Realtà, è la sua propria causalità. Il suo
eternalismo non è dedotto da ragionamenti basati sulle nozioni esteriori di
essere e non-essere, né di eternalità e non-eternalità. Essendo classi-ficata
come spazio, cessazione, Nirvana, essa è eterna! Poiché non ha niente a che fare
con esistenza e non-esistenza, non è un creatore; poiché non ha niente a che
fare con la creazione, né con l’essere e il non-essere, ma è rivelata sol-tanto
nello stato supremo della Nobile Saggezza, essa davvero è eterna!.
Quando le duplici passioni sono distrutte, e ci si sbarazza dei duplici
ostacoli, ed è pienamente compresa la duplice assenza-di-ego, ed è raggiunta
l’inconce-pibile morte-trasformazione del Bodhisattva - ciò che resta è
l’auto-natura dei Tathagata. Quando gli insegnamenti di Dharma sono pienamente
compresi e perfettamente realizzati dai discepoli e maestri, ciò che è
realizzato nella loro coscienza più profonda è la loro propria natura-Buddha,
che si rivela come il Tathagata.
In un senso vero, vi sono quattro tipi di identità relative alla natura-Buddha:
vi è identità di lettere, identità di parole, identità di significato, e
identità di Essenza. Il nome di Buddha, lettera per lettera, è: B-U-D-D-H-A;
esse sono le stesse usate anche per ogni altro Buddha o Tathagata. Quando i
Brahmani insegnano, usano varie parole, e quando insegnano i Tathagata, essi
usano le stesse parole; per quanto riguarda le parole, tra noi vi è identità.
Negli insegna-menti di tutti i Tathagata c'è un'identità nel significato. Fra
tutti i Buddha vi è un'identità di significati. Tutti loro hanno i trentadue
segni di eccellenza e gli ottanta segni minori di perfezione del corpo; non c'è
distinzione fra essi, se non nel modo come manifestano le loro varie
trasformazioni, in accordo alle diverse disposizioni degli esseri che devono
essere disciplinati ed emancipati dai vari metodi. Nell'Essenza Ultima che è il
Dharmakaya, tutti i Buddha del passato, presente e futuro, sono della stessa
identità”.
Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Dal Beato è stato detto che dalla notte
dell’Illuminazione alla notte del Parinirvana, il Tathagata non ha emesso parola
né mai emetterà una sola parola. Qual è il vero significato profondo di ciò?”
Il Beato rispose: “Il significato è vero per due profonde ragioni: alla luce
della Verità auto-realizzata per la Nobile Saggezza; e nella Verità di una
Realtà eter-namente-dimorante. L’auto-realizzazione della Nobile Saggezza da
parte di tutti i Tathagata è identica alla mia propria stessa autorealizzazione
della Nobile Saggezza; non c'è niente di più, niente di meno, nessuna
differenza, e tutti i Tathagata sono testimoni che lo stato di
auto-realizzazione è libero da parole e discriminazioni e non ha niente a che
fare col modo di parlare dua-listico, ovvero, tutti gli esseri ricevono gli
insegnamenti dei Tathagata attra-verso l’auto-realizzazione della Nobile
Saggezza, non attraverso le parole della discriminazione.
Inoltre, Mahamati, c'è sempre stata una Realtà eternamente-dimorante. La
"sostanza" della Verità (dharmadhatu) dimora per sempre, sia che appaia o no un
Tathagata nel mondo. Così la Ragione di tutte le cose (dharmata) dimora in
eterno; quindi la Realtà Assoluta (paramartha) permane e mantiene il suo ordine.
Ciò che è stato realizzato da me e da tutti gli altri Tathagata è questa Realtà
(Dharmakaya), l’eternamente-dimorante auto-ordine della Realtà; la "Talità" (tathata)
di tutte le cose; la vera realtà delle cose (bhutata); la Nobile Saggezza che è
la Verità stessa. Il sole irradia spontaneamente il suo splendore allo stesso
modo su tutto, e senza parole di spiegazione; similmente tutti i Tathagata
irradiano la Verità della Nobile Saggezza senza far ricorso a parole ed a tutti
allo stesso modo. Per questi motivi è affermato da me che dalla notte
dell’illuminazione alla notte del Parinirvana del Tathagata, egli non ha emesso,
né mai la emetterà, assolutamente nessuna parola. E lo stesso è vero per tutti i
Buddha.”
Poi Mahamati disse ancora: “O Beato, tu parli dell'identità di tutti i Buddha,
ma in altri luoghi hai parlato di Dharmata-Buddha, Nishyanda-Buddha e
Nirmana-Buddha, come se essi fossero diversi l'un dall'altro; come possono
essere gli stessi ed ancora essere diversi?”
Il Beato rispose: “Io parlo dei differenti Buddha come opposti alle prospettive
dei filosofi che basano i loro insegnamenti sulla realtà di un mondo esterno ad
essi e che da ciò mantengono discriminazioni e attaccamenti che ne derivano;
contro gli insegnamenti di questi filosofi io dischiudo il Nirmana-Buddha, il
corpo di Trasformazione-Buddha. Nelle molte trasformazioni dei livelli del
Tathagata, il Nirmana-Buddha stabilisce questioni come carità, moralità,
pazienza, riflessione, e tranquillizzazione: con la retta-conoscenza egli
insegna la vera comprensione della natura di maya degli elementi che
costituiscono la personalità ed il suo mondo esterno; egli insegna la vera
natura dell’intero sistema-mente e nelle distinzioni delle sue forme, funzioni e
modi di operare. In un senso più profondo, il Nirmana-Buddha simboleggia i
principi di diffe-renziazione e integrazione in virtù dei quali tutto ciò che
compone le cose è distribuito, tutte le complessità semplificate, tutti i
pensieri analizzati; al tempo stesso esso simboleggia l’armonizzante e
unificante potere di comprensione e compassione; rimuove tutti gli ostacoli,
armonizza tutte le differenze, e porta all'Unicità perfetta le molte discordie.
I Bodhisattva ed i Tathagata assumono i corpi di trasformazione e adoperano
molti strumenti abili per l'emancipazione di tutti gli esseri – e questo è il
lavoro del Nirmana-Buddha.
L'Inconcepibile è reso realizzabile per l’illuminazione e il sostegno dei
Bodhi-sattva lungo gli stadi del Sentiero. Il Nishyanda-Buddha, il "Buddha-che-fluisce",
tramite l'Intelligenza Trascendente rivela il vero significato di appa-renze,
discriminazione ed attaccamento; come pure del potere dell’energia-abitudine
accumulata da essi e che li condiziona; e ancora, della non-nascita, la vacuità,
l'assenza di ego di tutte le cose. In virtù dell'Intelligenza Trascendente e con
la purificazione del male fuori-uscente della vita, ogni non-dualistica
auto-realizzazione della Nobile Saggezza e della vera Non-immagi-nazione è resa
manifesta. L’inconcepibile gloria dello stato di Buddha è resa manifesta nei
raggi della Nobile Saggezza; La Nobile Saggezza è l’auto-natura di tutti i
Tathagata. Questo è il lavoro del Nishyanda-Buddha. In un senso più profondo, il
Nishyanda-Buddha simboleggia la comparsa dei principi di intelligenza e di
compassione, anche se ancora indifferenziati, e di un perfetto equilibrio,
potenziale benché non manifesto. Visto dal punto di partenza del Bodhisattva, il
Nishyanda-Buddha è visto nei corpi glorificati dei Tathagata; visto dal punto di
arrivo dello stato di Buddha, il Nishyanda-Buddha è visto nelle radianti
personalità dei Tathagata, pronti ed ansiosi di manifestare l'ine-rente Amore e
Saggezza del Dharmakaya.
La Dharmata-Buddha è lo Stato-di-Buddha nella sua auto-natura di perfetta
unicità in cui prevale la Tranquillità assoluta. Come la Nobile Saggezza, la
Dharmata-Buddha trascende ogni conoscenza differenziata, è la mèta
dell’in-tuitiva auto-realizzazione, ed è anch’essa l’auto-natura dei Tathagata.
Come la Nobile Saggezza, la Dharmata-Buddha è il Principio Ultimo di Realtà da
cui tutte le cose derivano il loro vero essere, ma che in se-stesso trascende
tutti i predicati. La Dharmata-Buddha è il sole centrale che sostiene tutto,
illumina tutto. La sua Essenza inconcepibile è resa manifesta nella gloria
"fuori-fluente" del Nishyanda-Buddha e nelle trasformazioni del Nirmana-Buddha”.
Allora Mahamati disse: “Ti prego, o Beato, puoi dirci di più sul Dharmakaya?”
Il Beato rispose: “Noi possiamo parlare di esso in termini di stato-di-Buddha,
però esso è imperscrutabile ed oltre ogni predicato; possiamo ben parlare di
esso proprio come corpo-di-Verità, o principio-di-Verità della Realtà Ultima (Paramartha).
Questo Principio di Realtà Ultima può essere considerato, nel modo com’è
manifestato, sotto sette aspetti: il primo Citta-gochara, è il mondo
dell'esperienza spirituale e la dimora dei Tathagata nella loro iniziale
missione di emancipazione. È la Nobile Saggezza manifestata come principio di
irradia-mento ed individuazione. Il secondo, come Jnana, è la mente-mondana ed
il suo principio di intellettività e coscienza. Il terzo, come Dristi, è il
reame della dualità che è il mondo fisico di nascita e morte, in cui sono
manifestati tutti i desideri, le differenziazioni, l'attaccamento e la
sofferenza. Il quarto aspetto, a causa di avidità, rabbia, infatuazione,
sofferenza, e bisogni del mondo fisico inerenti a discriminazione ed
attaccamento, rivela un mondo oltre il reame della dualità in cui esso appare
come il principio integrante della carità e della comprensione simpatetica. Il
quinto, in un reame ben più alto, che è la dimora dei livelli del Bodhisattva,
ed è analogo al mondo mentale, in cui gli interessi dell’udito trascendono
quelli della mente, esso appare come il principio della compassione e del donare
se-stessi. Il sesto, nel reame spirituale in cui i Bodhi-sattva ottengono lo
stato-di-Buddha, esso appare come il principio dell’Amore perfetto (Karuna).
Qui, l'ultimo aggrapparsi ad un ego-sé è abbandonato, ed il Bodhisattva entra
nella sua realizzazione della Nobile Saggezza che è la beati- tudine del
perfetto godimento del Tathagata nella sua natura intima. Il settimo, come
Prajna, è l'aspetto attivo del Principio Ultimo, dove i principi iniziali e
finali sono similmente potenziali e manifesti, e dove la Saggezza e l’Amore sono
in perfetto equilibrio, armonia ed Unicità.
Questi sono i sette aspetti del Principio Ultimo del Dharmakaya, in virtù dei
quali tutte le cose sono rese manifeste e perfezionate e quindi reintegrate, e
con tutto che rimane all'interno della imperscrutabile Unicità, senza segni di
indivi-duazione, né di inizio, né di continuità, né di fine. Noi così lo
chiamiamo il Dharmakaya, il Principio Ultimo, lo Stato-di-Buddha, il Nirvana;
quale problema c’è? Essi sono tutti soltanto altri nomi per la Nobile-Saggezza.
Mahamati, tu e tutti i Bodhisattva-Mahasattva dovreste evitare il ragionamento
erroneo dei filosofi e cercare solamente di ottenere l'autorealizzazione della
Nobile Saggezza.
Capitolo XIII° Nirvana
Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Puoi parlarci, per favore, del Nirvana?”
Il Beato rispose: “Il termine, Nirvana, è usato con molti diversi significati,
da diverse persone, e queste persone possono essere divise in quattro gruppi; vi
sono persone che stanno soffrendo, o che hanno paura di soffrire, e che pensano
al Nirvana; vi sono filosofi che tentano di discriminare il Nirvana; c’è una
classe di discepoli che pensano al Nirvana in relazione a se-stessi; e infine
c'è il Nirvana dei Buddha.
Quelli che stanno soffrendo o che temono di soffrire, pensano al Nirvana come a
una fuga o una ricompensa. Essi immaginano che il Nirvana consista nel futuro
annientamento dei sensi e delle menti sensoriali; essi non sono consa-pevoli che
questo mondo di vita-e-morte e il Nirvana non sono affatto separati. Questi
ignoranti, invece di meditare sulla non-immaginazione del Nirvana, parlano di
diversi modi di emancipazione. Essendo ignoranti, o non riuscendo a capire gli
insegnamenti dei Tathagata, essi si aggrappano ad una nozione del Nirvana che è
fuori di essi, che è vista dalla mente e, così, continueranno a rotolarsi
insieme nelle ruote di vita e morte.
Quanto al Nirvana discriminato dai filosofi: in realtà non ce n’è nessuno.
Infatti alcuni filosofi credono che il Nirvana debba essere trovato là dove il
sistema-mente non opera più, in virtù della cessazione degli elementi che
costituiscono la personalità ed il suo mondo; oppure che è trovato là dove vi
sia indifferenza assoluta verso il mondo oggettivo e la sua impermanenza. Alcuni
concepiscono che il Nirvana debba essere uno stato in cui non c’è più
collegamento tra il passato ed il presente, proprio come una lampada quando è
estinta, o quando un seme è bruciato, o quando un fuoco si spegne; dato che
quindi c'è la cessa-zione di ogni substrato, che dai filosofi è spiegato come il
non-sorgere della discriminazione. Ma questo non è il Nirvana, perché il Nirvana
noi consiste in un semplice annientamento o vacuità.
Ancora, alcuni filosofi spiegano la liberazione come se fosse il mero fermarsi
della discriminazione, come quando il vento smette di soffiare, o come quando
uno con i propri sforzi si libera della visione dualistica di conoscitore e
cono-sciuto, o si libera delle nozioni di permanenza ed impermanenza; o anche si
libera delle nozioni di buono e cattivo; o quando supera le passioni per mezzo
della conoscenza; - per essi il Nirvana è Liberazione. Ve n’è altri che, vedendo
nella "forma" ciò che reca dolore, allarmati dalla nozione di "forma", cercano
la felicità in un mondo di "non-forma". Alcuni poi concepiscono che in
consi-derazione dell'individualità e generalità riconoscibili in tutte le cose
interne ed esterne, che non essendoci distruzione, e mantenendo tutti gli esseri
per sempre il loro essere, allora essi, in questa eternalità, vedono il Nirvana.
Altri vedono l’eternità delle cose nella concezione di Nirvana, come
l’assorbimento di un’anima-limitata nel supremo Atman; o quelli che vedono tutte
le cose come una manifestazione della forza-vitale di qualche Spirito Supremo a
cui tutto fa ritorno: ed alcuni, che sono specialmente sciocchi, dichiarano che
vi sono due cose principali, una sostanza primaria ed un'anima primaria, che
reagiscono differentemente l'una dall'altra e così producono tutte le cose dalla
trasforma-zione delle qualità; alcuni pensano che il mondo sia nato da azione ed
intera-zione e che nessuna altra causa sia necessaria; altri pensano che Ishvara
sia il libero Creatore di tutte le cose; aggrappandosi a queste sciocche
nozioni, non c'è risveglio, ed essi tutti considerano che il Nirvana consista
nel fatto che non c'è alcun risveglio.
Alcuni immaginano che il Nirvana sia dove l’auto-natura esiste per suo proprio
diritto, non impedito da altre auto-nature, come le penne variegate di un pavone
o i vari cristalli, o la punta di una spina. Alcuni concepiscono l’Essere come
il Nirvana, alcuni il ‘non-essere’, mentre altri concepiscono che tutte le cose
ed il Nirvana non sono distinti l'uno dall'altro. Alcuni, pensando che il tempo
sia il creatore e che, poiché l’origine del mondo dipende dal tempo, essi
credono che il Nirvana consista nel riconoscimento del tempo come Nirvana. Altri
pensano che quando le "venticinque" verità saranno generalmente accettate ci
sarà il Nirvana, o quando il Re osserverà le sei virtù, e alcuni bigotti pensano
perfino che il Nirvana sia il conseguimento del paradiso.
Queste visioni severamente avanzate dai filosofi coi loro vari ragionamenti non
vanno d’accordo con la logica né sono accettabili dal saggio. Tutti loro
infatti, concepiscono il Nirvana dualisticamente e in una qualche connessione
causale; da queste discriminazioni i filosofi immaginano il Nirvana, ma dove non
c'è nessun sorgere e nessun scomparire, come ci può essere discriminazione? Ogni
filosofo facendo affidamento sui propri testi da cui egli trae le sue
compren-sioni, pecca contro la verità, perché la verità non è dove egli immagina
che sia. L'unico risultato è che egli permette che la sua mente vada errando e
divenga più confusa, poiché il Nirvana non deve essere trovato da una ricerca
mentale, e più la sua mente è confusa, più lui confonderà le altre persone.
Quanto alla nozione del Nirvana sostenuta da discepoli e maestri che ancora si
aggrappano alla nozione di un ego-sé, e che tentano di trovarlo andando a stare
nella solitudine: la loro nozione del Nirvana è una eternità di beatitudine per
se-stessi come la beatitudine del Samadhi. Essi riconoscono che il mondo è
soltanto una manifestazione della mente e che ogni discriminazione proviene
dalla mente, e così abbandonano le relazioni sociali e praticano varie
discipline spirituali ed in solitudine cercano l'autorealizzazione della Nobile
Saggezza con il solo loro sforzo. Essi coltivano gli stadi fino al sesto, ed
ottengono la beatitudine del Samadhi, ma poiché essi ancora si aggrappano
all'egoismo, non raggiungono la "rivoluzione" nel luogo più profondo della
coscienza e, quindi, non si liberano dalla mente pensante e dall'accumulazione
della loro energia-abitudine. Così, attaccandosi alla beatitudine del Samadhi,
essi passano nel loro Nirvana personale, che non è il Nirvana dei Tathagata.
Essi sono coloro che sono "entrati nella corrente"; ma essi dovranno fare
ritorno a questo mondo di vita e morte”.
Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Quando i Bodhisattva producono la loro
scorta di meriti per l'emancipazione di tutti gli esseri, essi spiritualmente
diven-tano uno con tutti gli esseri animati; essi stessi possono esserne
purificati, però negli altri il male ed il karma non-maturato rimane ancora
inesaurito. Puoi dirci, o Beato, come i Bodhisattva determinano la sicurezza del
Nirvana? E poi, quale è il Nirvana dei Bodhisattva?”
Il Beato rispose: “Mahamati, questa sicurezza non è una certezza numerica né
logica; non è la mente che viene assicurata, bensì il cuore. La sicurezza dei
Bodhisattva viene con la dimostrativa intuizione di essersi sbarazzati dal
colti-vare gli ostacoli delle passioni, purificati degli ostacoli di conoscenza,
perce-pita chiaramente ed accettata pazientemente l’assenza di ego. Nonappena la
mente mortale cessa di discriminare, non c'è più brama per la vita, non più
desiderio per il sesso, non più sete di conoscenza, non più sete per un vivere
eternamente; con la scomparsa di queste quattro brame, non c'è più nessuna
accumulazione di energia-abitudine; senza più accumulazione di energia e di
abitudini, le contaminazioni sulla superficie della Mente Universale vengono
spazzate via, ed il Bodhisattva ottiene l'auto-realizzazione della Nobile
Sag-gezza, che è l'assicurazione del cuore del Nirvana. Vi sono Bodhisattva quì
ed in altre Terre-di-Buddha che sono sinceramente dedicati alla missione
Bodhi-sattvica eppure non sanno ancora completamente dimenticare la beatitudine
del Samadhi e la pace del Nirvana-personale. L'insegnamento del Nirvana, in cui
non ci sia più un sostrato portato ancora con sé, è rivelato secondo un segreto
significato nell'interesse di quei discepoli che ancora si aggrappano al
pensiero di un Nirvana personale, affinché essi possano essere ispirati per
esercitarsi nella Bodhisattvica missione di emancipare tutti gli esseri.
I Buddha della Trasformazione insegnano una dottrina del Nirvana per venire
incontro alle condizioni, così come essi le trovano, e dare incoraggiamento sia
ai timidi che agli egoisti. Per trascinare via i loro pensieri da se-stessi, e
per incoraggiarli ad una compassione più profonda e maggior zelo per gli altri,
ad essi è data assicurazione per il futuro dal sostenente potere dei Buddha
della Transformazione, ma non dalla Dharmata-Buddha.
Il Dharma che stabilisce la Verità della Nobile Saggezza appartiene al reame
della Dharmata-Buddha. Ai Bodhisattva del settimo ed ottavo livello,
l'Intelli-genza Trascendente è rivelata dalla Dharmata-Buddha, ed a loro è
indicato il Sentiero che essi devono seguire. Nella perfetta autorealizzazione
della Nobile Saggezza che segue l’inconcepibile trasformazione-morte
dell’individualizzato controllo volontario del Bodhisattva, egli non vive più
per se-stesso, ma la vita che egli vivrà da allora in poi è la vita
universalizzata del Tathagata, manife-stata nelle sue trasformazioni. In questa
auto-realizzazione perfetta della Nobile Saggezza, il Bodhisattva comprende che
per i Buddha non c'è Nirvana.
La morte di un Buddha, il grande Parinirvana, non è morte né distruzione, anzi
sembrerebbe essere nascita e continuazione. Se fosse distruzione, essa sarebbe
un effetto-produttore di un atto, e ciò non può essere. Neppure essa è una
sparizione o un abbandono, né essa è un ottenimento, né un non-ottenimento; né è
di un significato né di nessun significato, perché non c’è alcun Nirvana per i
Buddha.
Il Nirvana del Tathagata è là dove si riconosce che non c'è niente se non quello
che è visto dalla mente stessa; è là dove, riconoscendo la natura della
propria-mente, uno non ci tiene più alle dualità della discriminazione; è là
dove non c'è più sete né brama; è là dove non c'è più attaccamento alle cose
esterne. Il Nirvana è là, dove la mente pensante con tutte le sue
discriminazioni, attacca-menti, avversioni ed egoismo è per sempre messa via; il
Nirvana è là dove non ci si afferra più a misurazioni logiche, viste come
inerti; è là dove anche la nozione di verità è trattata con indifferenza, in
quanto causa ancora confusione; è là dove, liberandosi delle quattro
proposizioni (essere, non-essere, sia essere che non-essere, e sia non-essere
che non non-essere), vi è l’intuizione profonda della Realtà. Il Nirvana è là,
dove le duplici passioni sono sottomesse e i du-plici ostacoli vengono eliminati
e la duplice assenza di ego è pazientemente accettata; è là dove, col
raggiungimento della "rivoluzione" nel luogo più profondo della coscienza,
l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza è entrata pienamente all’interno,-
cioè nel Nirvana del Tathagata. Il Nirvana è là dove gli stadi del Bodhisattva
vengono superati uno dopo l'altro; è là dove il sostenente potere dei Buddha
eleva il Bodhisattva alla beatitudine del Samadhi; è là dove la compassione per
gli altri trascende tutti i pensieri per sé-stessi; è là dove il livello del
Tathagata è finalmente realizzato.
Il Nirvana è il reame della Dharmata-Buddha; esso è là dove la manifestazione
della Nobile Saggezza, che è lo stato-di-Buddha, esprime in se-stesso l’Amore
Perfetto per tutti; è là dove la manifestazione di Amore Perfetto, che è lo
stato-di-Tathagata, si esprime nella Nobile Saggezza per l’illuminazione di
tutti gli esseri - là, davvero, è il Nirvana!
Vi sono due classi di coloro che non possono entrare nel Nirvana dei Tatha-gata:
e sono, coloro che hanno abbandonato gli ideali del Bodhisattva, dicendo che
essi non sono in conformità con i Sutra, con i codici di moralità, né con
l’emancipazione. Poi vi sono dei veri Bodhisattva che, in base ai loro originali
voti, fatti per l’interesse di tutti gli esseri, dicono e pensano, "Finché tutti
gli esseri non otterranno il Nirvana, io non voglio ottenerlo per me-stesso", e
volontariamente si tengono fuori dal Nirvana. Ma nessun essere sarà lasciato
fuori per volontà dei Tathagata; ed ogni giorno, tutti saranno influenzati dalla
saggezza e dall’amore dei Tathagata della Trasformazione, a fare la scorta dei
meriti e salire su per i livelli. Ma, se soltanto essi lo realizzassero,
sarebbero già nel Nirvana del Tathagata perché, nella Nobile Saggezza, tutte le
cose sono già il Nirvana fin dall'inizio.
Da: www.centronirvana.it
| |
|