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Da Lampada a se stessi di Pier Cesare Bori (Tolstoj)

 


Da Lampada a se stessi di Pier Cesare Bori (Tolstoj)


Continuiamo a leggere brani tratti dal testo di Pier Cesare Bori.
Questa volta sono due brani, tratti entrambi da Tolstoj. Il primo riguarda la contemplazione di Andrej ferito in campo di battaglia, in Guerra e pace:

"[...] Ma non vedeva nulla. Sopra di lui non c'era già più nulla se non il cielo: un cielo alto, non sereno ma pure infinitamente alto, con grigie nuvole che vi strisciavano sopra dolcemente. «Che silenzio, che quiete, che solennità! Non è più come quando correvo», pensò il principe Andrej, «non è più come quando correvamo, gridando e battendoci; [...]. Come non lo vedevo prima, questo cielo così alto? E come son felice d'averlo finalmente conosciuto. Sì! tutto è vuoto, tutto è inganno, fuori che questo cielo infinito. Non c'è niente, niente all'infuori di esso. Ma anch'esso non esiste, non c'è nulla al di fuori del silenzio e della tranquillità. E Dio ne sia lodato!»" (p. 46).

Il secondo brano è la chiusa de La morte di Ivan Il'ič, dove si narrano appunti gli ultimi istanti di vita di Ivan Il'ič:

"«Già. Io li tormento», pensò, «provano compassione, ma staranno meglio quando morirò». Avrebbe voluto dirlo, ma non aveva la forza di articolare le parole. «Del resto, perché parlare, se si deve agire», pensò. Indicò alla moglie il figlio e disse: «Portalo via... mi fa pena... e anche tu...» - avrebbe voluto chiederle ancora «perdono», ma invece disse «permesso» e, non trovando la forza di correggersi, fece un gesto con la mano, sapendo che chi avrebbe dovuto comprendere avrebbe compreso. E d'un tratto gli fu chiaro che quello che lo affliggeva e che non riusciva a sgusciare via, aveva d'un tratto trovato l'uscita, e da due lati, da dieci lati, da ogni parte. Provava pena per loro, doveva evitare che soffrissero. Doveva liberare loro e se stesso da quella sofferenza. «Com'è bello, e com'è semplice!» pensò. «E il dolore?» si chiese, «dov'è andato? Allora, dolore, dove sei?».
Restò in attesa.
«Ah, eccolo. Beh, che venga pure».
«E la morte? Dov'è?».
E cercava la precedente paura della morte senza riuscire a trovarla.
Dov'era? Quale morte? Non c'era alcuna paura, perché non c'era neppure la morte.
Al posto della morte c'era la luce.
«Adesso ho capito!» - proferì d'un tratto a voce alta. - «Che gioia immensa!».
Tutto ciò gli capitò in un istante e quell'istante ormai non poteva mutare.
Per i presenti la sua agonia durò ancora due ore. Nel suo petto ribolliva qualcosa; il suo corpo esausto era scosso dai tremiti. Poi il gorgoglio e i rantoli si diradarono.
«È finita!» - disse qualcuno sopra di lui. Egli udì quelle parole e le ripeté dentro di sé. «La morte è finita», si disse, «non esiste più».
Fece un profondo respiro, lo sospese a metà, rilasciò il suo corpo e morì" (pp. 81-82).

In entrambi questi testi è descritta un'esperienza di liberazione.