"Essere guidati dalle cose stesse" (Nishida Kitarō)
la meditazione come via
tra tantrismo, vipassana e zen




 

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"Essere guidati dalle cose stesse" (Nishida Kitarō)
 

La pratica è l'abitazione del reale prima del pensarlo. Con il pensiero io voglio dominare il reale, usarlo, farne mio strumento. Abitarlo è lasciare che esso mi prenda e mi conduca verso i suoi segreti sentieri. Allora l'esperienza santa della realtà vorrà dire abdicare a quella dimensione di me che si pone rispetto alla realtà in un atteggiamento predatorio e violento.
Non ho più un'esperienza mentale (e quindi valutativa) della realtà. Ma se la realtà di cui faccio esperienza non è più valutata dal mio mentale, allora la realtà mi si manifesterà veramente in una modalità completamente altra da quella da me solitamente conosciuta. Cosa sarà l'esperienza dell'albero senza la conoscenza mentale "albero"? O l'esperienza di un sapore senza la conoscenza di quel sapore?

Nishida Kitarō, in questo passaggio del suo Studio sul bene, scrive:

Sperimentare significa conoscere le cose come sono. Significa conoscerle mettendo completamente da parte i propri artifici ed essere guidati dalle cose stesse. Dal momento che, di solito, quando si parla di esperienza si comprende anche una certa attività mentale, qui si indicherà con «pura» la condizione dell'esperienza come davvero essa è, senza l'aggiunta del benché minimo pensiero o della benché minima riflessione. Per esempio, quando vediamo un colore o sentiamo un suono, l'esperienza pura è quella del momento precedente non soltanto all'aggiunta del nostro giudizio circa la provenienza esterna di ciò che vediamo o sentiamo o a qualunque sensazione che noi proviamo, ma è precedente persino all'identificazione stessa del colore o del suono. Esperienza pura è dunque sinonimo di esperienza diretta. […] Non c'è soggetto né oggetto; il conoscere e l'oggetto della conoscenza sono la stessa identica cosa. Questa è la più pura forma di esperienza”.