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"Tendere al centro, qualunque cosa facciate" (Dainin Katagiri)

 


"Tendere al centro, qualunque cosa facciate" (Dainin Katagiri)


Continuiamo a leggere alcuni brani tratti da Ritorno al silenzio di Dainin Katagiri:

"Dobbiamo tornare alla vacuità. Come? Attraverso la forma, attraverso la forma di un'azione. [...] Il problema è che noi semplicemente non possiamo percepire questa azione, perché è un'attività della pura unità dell'universo. Ciò che invece possiamo comprendere è l'increspatura, la nostra vita quotidiana, la forma delle azioni. L'unica via per tornare al punto di partenza è tuffarsi nell'oceano e diventare tutt'uno con l'oceano. Ecco perché la forma è importante.
[...] Attraverso la forma tornare al punto di partenza della nostra presenza [...].
[...].
Una volta un maestro zen disse: «Pensate il non-pensiero». Un monaco domandò: «Che vuol dire 'pensare il non-pensiero?'». Il maestro zen rispose: «Non pensare».
Quando siete seduti in zazen, non pensate. [...] Questo non significa distruggere il pensiero o astenervi dal pensare. Riposatevi; non immischiatevi.
Finché vivrete, il pensiero emergerà costantemente; ma  non vi immischiate, non vi contrapponete. Se dite: «Non dovrei pensare», è già pensare. Non dovete far altro che sedervi in pace e in armonia momento per momento. Allora non c'è spazio per pensare. Questo è «pensare il non-pensiero».
Naturalmente, se pensate davvero di non pensare diventerete presuntuosi, perché poi potreste pensare: «Ce l'ho fatta! Mi sono illuminato!». Facilmente verrà fuori un atteggiamento di orgoglio. [...] Allora, che fare? Non pensate. Non pensare significa: [...] sedetevi. Non c'è altro da fare.
[...] Cercate semplicemente di essere presenti nel mondo. Noi lo chiamiamo 'nonpensiero'. [...] Ma fate attenzione. Ogni giorno, momento per momento, fate attenzione, perché la coscienza egocentrica riemerge sempre.
[...]
Una sfera cambia continuamente, rotola, agisce. La vita umana è così. [...]
La sfera [...] agisce, ma anche se sembra in movimento il centro è sempre immobile. Questa immobilità la chiamiamo samādhi [=realizzazione]. [...]
La presenza mentale è strettamente legata al samādhi e alla saggezza. Senza presenza mentale il samādhi, che è perfetta immobilità, è impossibile.
[...] Presenza mentale, consapevolezza, vuol dire tendere al centro, qualunque cosa facciate. Di solito la mente va in molte direzione; invece di uscire all'esterno in ogni direzione andiamo dentro. E cioè: osservate l'azione di camminare [o qualsiasi altra azione facciate] mentre si svolge in questo momento. Questo è tendere a un ideale splendido della vita umana. La pratica buddhista, nello zazen e nella vita quotidiana, è questa" (pp. 32-36).

Diciamo solo alcune parole a commento del primo paragrafo, che è il più denso di questo brano. Tutto è in uno stato di unità con tutto. Ma questa realtà metafisica è arduamente realizzabile nella comprensione della nostre attività quotidiane. È qualcosa che ovviamente travalica il nostro intelletto. Ed è giusto che sia così. Su cosa possiamo lavorare allora? Sulla forma. La forma dell'azione è la mia possibilità di trovare il centro, di sentire l'unità tra centro e circonferenza, di sentire quell'uno-tutto che avvolge me, la mia azione e il mondo intero. Nella presenza all'azione, nell'attenzione e nell'aderenza alla sua forma, alla pulizia del suo realizzarsi, vibra l'assolutezza, l'infinità del momento presente.