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Il Discorso del Dharma sulla Mente Unica di Bassui - 1 (Philip Kapleau)



Il Discorso del Dharma sulla Mente Unica di Bassui - 1 (Philip Kapleau)


Abbiamo iniziato a leggere dal Discorso del Dharma sulla Mente Unica di Bassui Tokusho (1327-1387), tradotto da Philip Kapleau nel suo testo I tre pilastri dello zen:

"Se volete liberi dai dolori del samsara, dovete apprendere la via diretta per raggiungere la condizione di Buddha. Questa via non è altro che la comprensione della propria Mente. Ma che cos'è la Mente? È la vera natura di tutti gli esseri senzienti, è ciò che esisteva già prima che nascessero i nostri genitori e dunque prima ancora della nostra nascita e che continua a esistere al presente, immutabile ed eterno. Per questo lo chiamiamo il nostro Volto prima della nascita dei genitori. Questa Mente è intrinsecamente pura. Quando veniamo alla luce non viene creata dal nulla, quando moriamo non perisce. Non è distinta in maschio e femmina, non è caratterizzata dal bene o dal male. Non può essere paragonata a nulla e per questo è chiamata Natura di Buddha. Tuttavia, da questa Natura del Sé nascono innumerevoli pensieri come onde che salgono dall'oceano o immagini riflesse in uno specchio.
Per comprendere questa Mente bisogna innanzitutto volgere lo sguardo alla fonte che genera tutti i pensieri. Mentre si dorme e mentre si lavora, quando si sta in piedi o seduti, bisogna chiedersi con intensità: «Che cos'è la mia Mente?», con ardente desiderio di risolvere questo problema. [...] Ciò che chiamiamo zazen non è altro che il volgere lo sguardo alla propria Mente. È molto meglio ricercare con devozione la natura della Mente che leggere e recitare ogni giorno per lunghissimi anni infiniti sutra e dharani. [...]
Chi è quel maestro che in questo preciso istante vede dei colori coi suoi occhi e ode delle voci con le sue orecchie, che solleva le mani e muove i piedi? Sappiamo che queste sono funzioni mentali, ma nessuno sa precisamente in che modo vengono compiute. Si può sostenere che al di là di queste azioni non c'è alcuna entità, ma è ovvio che in qualche modo vengono compiute volontariamente. Viceversa, si può affermare che queste sono azioni proprie di una qualche entità; e che tuttavia l'entità in oggetto è invisibile. Se questo problema lo consideriamo insolubile, tutti i tentativi di rispondere falliranno e ci si troverà nell'impossibilità di sapere che cosa fare. In questo stato di grazia, portate avanti instancabilmente la ricerca fino al limite estremo. Quando questo interrogarsi penetra nel profondo fino a far dischiudere la coscienza, non si avrà più il minimo dubbio sul fatto che la Mente è lo stesso Buddha, l'Universo-Vacuità" (pp. 171-172).