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"Gioire del mondo" (Franz Kafka)
Ma è come se quella frase tenesse dentro di sé un segreto esoterico, ovvero la sua soluzione, la quale è: per non essere del mondo bisogna pienamente essere nel mondo. E la pratica in fondo consiste in questo: scovare tutte quelle tecniche e strategie che io metto in campo per non essere nel mondo. Soprattutto nei momenti di sofferenza cerco infiniti modi che mi sospendano dal mondo: sogno di essere da qualche altra parte. E ci sono tante spiritualità o presunte tali che hanno creato un castello di insegnamenti riguardo a questa fuga che hanno chiamato risveglio, illuminazione, santità, ecc. Ma la vera pienezza è in esso, nella mia uscita da qualsiasi fantasticheria di fuga dal mio abitarlo: “Come si può gioire del mondo se non quando ci si rifugia in esso?” (Franz Kafka). Diciamolo in altre parole: essere nel mondo è essere nel sentire; essere del mondo è la propria partecipazione al motivo della nostra sofferenza. Quindi, riguardo ad esempio al dolore: vi può essere uno stare nel dolore, senza essere del dolore. Come? Appunto uscendo da tutti quei goffi tentativi di non abitazione del dolore, oppure di abitazione del dolore attraverso le categorie mentali, linguistiche, psicologiche. Jean Klein lo dice in modo molto chiaro: “L'agitazione che constatate è innanzitutto una caratteristica del corpo. Non nominate, guardate soltanto il movimento. Sentitelo, non respingetelo, trovate il punto in cui si localizza, interrogatelo. Vi porrete così in stato di ascolto, e non sarete più complice di ciò che vi turba. Ammettetelo questo movimento e anzi, amatelo. Lasciategli piena libertà e vedrete quello che avverrà”. |
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