"La gioia libera" (Alexandre Jollien)
Oggi abbiamo iniziato a leggere qualcosa tratto dal testo di Alexandre Jollien,
Il filosofo nudo. Piccolo trattato sulle passioni. Jollien ha un grave
handicap cerebrale-motorio per un parziale strangolamento causatogli dal cordone
ombelicale. Ha trascorso 17 anni in un centro specializzato per handicappati,
avendo difficoltà a camminare, leggere e parlare.
"La gioia libera. [...]
L'invito di Spinoza: «Comportarsi bene e mantenersi nella gioia». [...]
In Umano, troppo umano Nietzsche apre una via regale: «La gioia deve
contenere forze edificanti e risanatrici anche per la natura morale e dell'uomo:
come avverrebbe altrimenti che la nostra anima, non appena riposi nel sole della
gioia, si prometta involontariamente: 'essere buona!', 'diventare perfetta!' e
che in ciò sia presa, come da un brivido beato, da un presentimento di
perfezione?». Luminoso invito che potrebbe fare della gioia una guida, un motore
lungo il cammino dell'esistenza. [...]
Pensare che la gioia si palesa solo al termine del cammino vuol dire ritardarla
di continuo e privarsi crudelmente dei frutti che essa offre in abbondanza. Essa
è l'unico bagaglio che devo portare con me. [...]
La gioia suprema non ha inizio [...] Per definizione la gioia incondizionata
accade immediatamente, senza condizioni! [...]
Devo [...] svelare la gioia che scaturisce da un nuovo rapporto con l'esistenza,
con il Tutto che circonda, che apre, che dilata il nostro essere. [...]
Più siamo attaccati, incatenati a noi stessi, più siamo votati alla sofferenza e
ci allontaniamo dalla gioia. Meno siamo trasparenti a noi stessi, più
idealizziamo o degradiamo gli altri. È la stessa cosa, in fondo.
Nell'infelicità una specie di riflesso condizionato ci porta, ahimé, a questa
dipendenza...
Mentre la felicità è simile alla ricerca di un ideale mai raggiunto, secondo me
la gioia corrisponde a un'adesione semplice e sobria alla realtà. Al contrario
della felicità, che sembra escludere alti e bassi, ricadute e mancanze, la gioia
potrebbe coabitare con le mie ferite e gli incidenti di percorso. [...]
Il nodo del problema, il suo cuore, è sempre il rifiuto della realtà. [...]
Più di ogni altra cosa diffido dei buontemponi della domenica, della dittatura
dell'euforia, di tutti coloro che negano la difficoltà di vivere e la precarietà
della nostra condizione. Anche nel mezzo dei tormenti devo persistere nel tenere
presente la gioia [...]. La gioia è il modo di vivere tutto questo senza
acredine. Amore della vita potrebbe essere l'altro suo nome. [...] Se si
è nella gioia la realtà non pone più problemi: una volta liberati da ogni
velleità di cambiamento, perché resisterle? [...]" (Alexandre Jollien, Il
filosofo nudo - Piccolo trattato sulle passioni, pp. 21, 31-33, 35-36, 10).
Allora la gioia come origine del nostro sentire, del pensare,
dell'agire. La gioia - la sua condizione interiore - come la vera e primaria
sede di liberazione, non più cercata in un modello di comportamento, in una
morale, in una regola, in un comandamento. È nello stato di gioia che, come
ricorda Nietzsche, nasce nell'uomo, del tutto naturalmente e spontaneamente,
quel senso di bontà di per sé, quella bontà da fare propria, quel forte
desiderio di pulizia dentro. E allora la gioia si fa - insieme - origine del
nostro cammino e questo stesso camminare.
La gioia non come evento di passaggio, stato emozionale prodotto da questo o
quel momento. La gioia invece come struttura emotiva stessa all'interno della
quale si produce l'eventuarsi dei suoi stati. Si tratta di una nuova interiore
apertura alla realtà, appunto un nuovo rapporto con l'esistenza: trasparenza
fatta di leggerezza e fiducia, fiducia che è allora immersione semplice nel
reale.
Non è uno stupido ripetersi che tutto comunque va sempre bene. A volte le cose
non vanno affatto bene. A volte c'è la morte, a volte la sciagura, a volte la
guerra, a volte la tristezza, ... È invece una amorevole disponibilità a ciò che
è. Sì, mantenere sempre questa disponibilità, questa apertura, questo morbido
sentire.