Solo sedeva un uomo nella cella dei rei,
pauroso, scostante, in una cella a due.
E dalla cuccetta di ferro, la più bassa,
studiava il posto dov'era, come fa il reo.
La cella aveva degli angoli, era pulita, provvista
di scodella, sapone grigio e sabbioso, asciugamani di carta,
un materasso pieno di nodi e non troppo macchiato,
e anche un w.c. per i bisogni del reo.
Riusciva a vedere distintamente quanto c'era da vedere,
e più tardi quando le luci si spensero alle nove
vide non meno distintamente quanto c'era da vedere:
un ordine senza colore né massa o linea.
E allora seppe esattamente dov'era seduto.
Poiché pur non potendo venir meno le ricchezze totali
- mattone rosso sbiadito, fontane, glicine - queste
contenevano ancora il silenzio di una prigione,
La prigione conteneva una cella, la cella conteneva
una scatola, una semplice sospensione, al centro,
dove non rimaneva nulla da capire,
e dove egli doveva rientrare e rientrare senza fine.