"Bisogna oltrepassare sia il dilettantismo che la tecnica"
(Jerzy Grotowski)
Continuiamo a leggere brani di Grotowski tratti da
Jerzy Grotowski Testi 1968-1998:
"Anche la tecnica può servire da paravento. Possiamo
praticare vari sistemi di mezzi, di trucchi, possiamo esserne grandi maestri e
usarli come abili giocolieri per mostrare la tecnica, ma non svelare noi stessi.
Paradossalmente, bisogna oltrepassare sia il dilettantismo che la tecnica.
Dilettantismo vuol dire mancanza di rigore. Il rigore è lo sforzo per sfuggire
all'illusione. Quando non si è sinceri, dando a intendere a noi stessi di
compiere l'atto, si fa soltanto qualcosa di inarticolato, di magmatico. Dovremmo
prendere dalla tecnica solo ciò che sblocca i processi umani. [...]
Tutti gli esercizi da noi mantenuti erano indirizzati senza eccezione ad
annientare le resistenze, i blocchi, gli stereotipi individuali e professionali.
Si trattava di esercizi-ostacolo. Per superare gli esercizi, che sono come una
trappola, bisogna scoprire il proprio blocco. In fondo tutti questi esercizi
avevano un carattere negativo, servivano cioè a scoprire che cosa non si
dovrebbe fare. [...] Quando sentivamo che le fonti non agivano in noi (o su di
noi), che le resistenze ci bloccavano, ci chiudevano, [...] allora tornavamo
agli esercizi. E trovavamo le cause. Non le soluzioni, ma le cause. [...]
[La] contraddizione fra spontaneità e precisione è naturale e organica. Poiché
entrambi questi aspetti sono poli della natura umana, per questo quando si
intersecano siamo interi. In un certo senso la precisione è il campo d'azione
della consapevolezza, la spontaneità - invece - dell'istinto. In un altro senso
- al contrario - la precisione è il sesso, mentre la spontaneità è il cuore. Se
il sesso e il cuore sono due qualità separate, allora siamo scissi. Solo quando
esistono insieme, non in quanto unione di due cose, ma come una cosa unica, solo
allora siamo interi. Negli istanti di pienezza ciò che in noi è animale non è
unicamente animale, ma è tutta la natura. Non la natura umana, ma tutta la
natura nell'uomo. Allora diventa attuale, nello stesso tempo, l'eredità sociale,
l'uomo in quanto homo sapiens. Ma non si tratta di dualismo. È l'unità
dell'uomo. E allora non agisce «io» - agisce «questo». Non «io» compie l'atto,
il «mio uomo» compie l'atto. Io e il genus humanum insieme. L'intero
contesto umano - sociale e di ogni altro tipo - iscritto in me, nella mia
memoria, nei miei pensieri, nelle mie esperienze, nel mio comportamento, nella
mia formazione, nel mio potenziale.
Quando si parla di spontaneità e di precisione, nella formulazione stessa
rimangono ancora due concetti contrapposti che dividono... Ingiustamente. [...]
Ci sono istanti nella vita in cui le persone sono vere. Quando l'amore le
pervade davvero [...]. Quando la gioia le pervade davvero, quando le loro
reazioni sono ignote anche a esse. Quando la disgrazia davvero le spezza, benché
talvolta non tanto loro, quanto la loro maschera interumana. E allora
comprendere che ciò non spezza loro, ma il loro modo di recitare, può essere il
punto cruciale" (pp. 50-57).
La devi smettere di bluffare, di fingere, di sostenere una
parte. Devi rompere la maschera, devi scardinare il personaggio. Devi
distruggere, fare cadere tutto, fino alla tua normalità, alla tua naturale
semplicità.
Ma hai paura.
Perché? A cosa ti ha portato tutto questo?