(Cosa c'è dietro la metafora del giardino d'inverno?)
In questa
piccola città nera, la tua città, dove anche i treni si fermano senza voltar la
testa, senza distogliersi dai destini finali, nel parco, a dispetto di ombre e di caligini, c'è un grigio edificio dall'interno perlato.
Dimentica la neve, i duri attacchi del gelo, qui ti accoglie l'umida antologia dell'aria
tropicale e il misterioso fruscio di foglie smisurate avviluppate come pigri serpenti - neppure un egittologo saprebbe decifrarle.
Dimentica la tristezza delle strade anonime e
degli stadi, il peso delle domeniche riuscite male. Accogli il respiro caldo che soffia dalle
piante. Un profumo lieve di lampi scoloriti ti avvolgerà, ti condurrà laggiù, lontano.
Forse vedrai le vele rugginose di navi
all'ancora, isole ricamate di nebbia rosa, torri di templi
diroccati; vedrai ciò ch'è perduto, ciò che non c'era, ma pure quanti vivono la tua stessa vita.
Vedrai d'un tratto il mondo sotto una diversa
luce, i cancelli di case estranee per un istante si
apriranno, i pensieri nascosti diverranno visibili, le
feste meno fastidiose, la gioia altrui sarà più comprensibile, più
belli i volti.
Dimentica te stesso, lasciati abbagliare
dall'incanto, dimentica tutto e forse tornerà una memoria più profonda e una più profonda fratellanza, e dirai: non so, non so com'è successo - le palme hanno aperto il mio avido cuore.