Huang Po, nel suo Ch'uan-hsin fa-yao
scrive: "L'uomo comune si aggrappa all'oggetto, colui che cerca predilige il
cuore. Chi ha dimenticato entrambi - cuore e oggetto - a questi si manifesta la
verità assoluta".
In un altro testo, La raccolta di Lin-Chi (uno dei testi più importanti
della tradizione zen), leggiamo: "«Dimmi, come posso vedere la natura del
Buddha?». Ta-chu rispose: «Il vedere stesso è la natura del Buddha»".
La natura del Buddha è naturalmente un
modo zen per indicare la Verità.
Dunque, in entrambi i brani si parla di Verità e l'invito è quello di
abbandonare un certo concetto comune di verità, e cioè quello che potremmo
chiamare 'oggettivistico', 'sostanzialistico', in ultima istanza: dualistico.
Questo è molto chiaro soprattutto nel testo citato dalla Raccolta di Lin-Chi: il
monaco era alla ricerca della natura del Buddha e addirittura chiede di vederla.
Ma qui sta il sommo errore. Vedere, ascoltare, leggere, ricercare: sono tutte
attività che intendono la verità come un oggetto tra i tanti. Essa invece non è
qualcosa da vedere, neanche da contemplare o da meditare; neppure qualcosa su
cui riflettere, di cui disquisire. La Verità è il vedere stesso. La rivoluzione
va fatta nel vedere; quando questa rivoluzione è compiuta, allora la verità mi
sta davanti, qualsiasi cosa io abbia di fronte a me: un albero, una persona, un
foglio o il Buddha stesso!
Per quanto riguarda invece la citazione da Huang Po, anch'essa ha un suo aspetto
interessante. Si potrebbe pensare - e spesso molti lo dicono - che bisogna
rientrare in noi stessi per scoprirvi la Verità. Ah, quante volte abbiamo
sentito dire frasi di questo genere, in tutte le minestre! "Entra in te stesso,
cerca in te stesso: lì è la verità!", ecc. Ora, Huang Po non segue questa via.
C'è il cuore e c'è l'oggetto. Di solito ci si da' agli oggetti, al godimento che
ne possiamo trarre, e via di questo passo. Poi qualcuno realizza che questo tipo
di vita è uno stato di schiavitù: non posso essere così dipendente dagli oggetti
da relegare la mia felicità ad essi, diventandone quindi succube. Questo è
tutto, tranne che libertà. Un oggetto può essere un bell'orologio, ma anche
un'emozione, un'idea, una persona, ecc. E allora ci si dirige verso il cuore.
Ah, ecco di nuovo lo stesso meccanismo che fa capolino: il meccanismo della
ricerca, del dualismo, dell'intendere la verità come un oggetto tra i tanti. Non
la trovo tra le cose? E allora la troverò in me stesso. Capito? Siamo ancora
all'interno di una logica di mancanza, di ricerca. E infatti Huang Po dice:
"Colui che cerca predilige il cuore". Ma finché cerchi, non trovi proprio
niente. Solo abbandonando la ricerca, ecco che soffia la Verità. Sembra
semplice, vero? Ma lo sappiamo tutti: è la cosa più ardua. La nostra mente si
ribella: vuole sempre alimentarsi, vuole fagocitare tutto: non è abituata a
starsene quieta.
Povera schiava...