Il giovedì di questa settimana abbiamo continuato a leggere dalle opere di
Osho:
"Il Maestro Zen Gutei
era solito alzare un dito
ogni volta che rispondeva alle domande dei suoi discepoli.
[...]
Prova a osservare la tua vita: se stai facendo qualcosa e tutto a un tratto
smetti, chi se ne accorge? Ti tieni occupato con cose banali dalla mattina alla
sera, e come unico risultato alla sera sei stanco morto e te ne vai a dormire.
Al mattino poi sei pronto a ricominciare tutto da capo - ancora le stesse cose
inutili. È un circolo vizioso: vivi una vita non-essenziale, ti incontri con
altri esseri non-essenziali, ti ci attacchi... Ma hai una tale paura a dare
un'occhiata alla banalità di questa vita, che continui a volgere le spalle, è
troppo deprimente rendersi conto della banalità della tua vita - «Ma che sto
facendo?».
E se poi ti accorgi che tutto quello che stai facendo è assolutamente inutile,
il tuo ego va a pezzi, perché l'ego si sente importante solo quando fai qualcosa
che giudichi di capitale importanza. E così ti inventi dei significati per le
cose insulse che continui a fare. Devi credere che stai facendo il tuo dovere di
cittadino, che stai servendo la patria, la famiglia, l'umanità - come se senza
di te le cose non potessero andare avanti. In realtà niente di quello che stai
facendo è importante, ma tu devi dargli un significato, come potrebbe altrimenti
sopravvivere il tuo ego?
Vivi nell'ignoranza e continui a fare cose non-essenziali. E qualunque cosa tu
faccia, persino le tue meditazioni, le tue preghiere, il tuo andare a messa...
tutto è futile. Anche se preghi non può essere una cosa più profonda che leggere
il giornale, perché il problema non è quello che fai, il problema è
come sei tu. Se tu hai profondità, allora dovunque tu vada, qualunque cosa
tu faccia, le tue azioni saranno essenziali, profonde. Ma se tu sei
superficiale, anche se vai a messa o preghi tutto il giorno, non fa nessuna
differenza: entri in chiesa allo stesso modo in cui entreresti al cinema. Tu
sei lo stesso, perciò che sia un cinema o una chiesa non può fare molta
differenza. [...]
Perché Gutei alzava un dito ogni volta che rispondeva alle domande dei suoi
discepoli? [...]
Tutti i tuoi problemi nascono perché non sei uno, sei frammentato, diviso, in
conflitto. Tutti i tuoi problemi sorgono perché c'è il caso dentro di te, non
c'è nessuna armonia. [...]
Quando la tua mente è divisa non riesci a pregare, non sei in grado di meditare,
perché c'è sempre un conflitto dentro di te. E ricordati questo: la parte in cui
ti stai impegnando di più perde energia ogni momento che passa, e la parte
avversa, che è poi la parte critica, diventa sempre più forte e alla fine sarà
quella che deciderà il tuo comportamento. [...]
Pazienza significa che sei pronto ad aspettare all'infinito. E se sei veramente
pronto ad attendere all'infinito, non ti sfiorerà più il pensiero che non è
ancora successo niente. Non ha più alcun senso chiedersi perché si sta sprecando
tanto tempo... se sei pronto ad aspettare all'infinito non c'è più niente che
vada sprecato, e se la tua attesa è eterna, infinita, l'altra parte non avrà più
niente da dire, viene automaticamente resa impotente.
È necessario raggiungere l'unità, annullare la continua lotta interiore. Ecco
perché Gutei era solito alzare un dito ogni volta che parlava dello Zen. Con
questo gesto intendeva dire: «Sii uno! - e tutti i tuoi problemi saranno
risolti».
Vi sono molte religioni, molti cammini spirituali, molti metodi, ma il punto
essenziale è sempre lo stesso: devi diventare uno. Qualunque cosa tu scelga di
essere diventa uno, e se riesci ad essere infinitamente paziente, se puoi
abbandonarti totalmente, diventerai uno. Se entrerai in silenzio profondo, se
non vi saranno più pensieri e sarai in stato di meditazione, raggiungerai
l'unità. Se preghi Iddio e la tua preghiera diventa così intensa che tu non
esisti più, ti sei completamente dissolto nella preghiera, questo basterà.
Potando il tuo giardino, se riesci a farti assorbire totalmente da quello che
stai facendo, e non vi è più spazio o pensiero per nient'altro - allora sei in
meditazione, allora colui che medita è diventato la meditazione - e
improvvisamente tutte le onde del maya scompaiono, e tutte le illusioni
cadono. Sei pervenuto tutto a un tratto a un livello diverso, hai raggiunto un
differente spazio dell'essere, sei arrivato all'Uno.
Quando tu sei uno, ecco che raggiungi l'Uno, il Supremo. Quando sei molte
persone, quando sei diviso, sei nel mondo. I mondi sono tanti e Dio è Uno. Ma
per conoscere quell'Uno devi prima diventare tu uno, prima d'allora non potrai
mai conoscerlo" (da Dieci storie zen, pp. 119-124).
Abbiamo iniziato con la consapevolezza del respiro.
Poi la camminata.
Successivamente, da seduti, l'osservazione dei movimenti della colonna
vertebrale.
In ultimo: zazen.
A conclusione della lezione del lunedì
abbiamo letto qualcosa dalle opere attribuite a Bodhidharma (clicca
qui).