"Due denominatori comuni a tutte le vie spirituali" (Arnaud Desjardins)
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"Due denominatori comuni a tutte le vie spirituali" (Arnaud Desjardins)


Giovedì abbiamo continuato a leggere da L'audacia di vivere di Arnaud Desjardins:

"Interrogando monaci cristiani in Francia, monaci zen in Oriente, maestri tibetani e sufi, saggi induisti, ho sempre ritrovato due denominatori comuni a tutte le vie spirituali: il primo è ciò che chiamiamo vigilanza. La vigilanza corrisponde all'assorbimento cosciente dei diversi nutrimenti nel momento in cui questi provocano in noi desideri, paure, amore o odio e tutte le reazioni abituali. Il fatto di essere coscienti permette di digerire e di assimilare questi nutrimenti in un modo diverso, e quindi permette il raffinamento dell'energia così accumulata che invece non può prodursi quando siamo identificati con le nostre emozioni. [...] I dialoghi di San Gregorio Magno su san Benedetto [...] sono eloquenti a questo riguardo: «Ogni volta che una preoccupazione troppo viva ci trascina fuori di noi, noi restiamo certamente noi stessi, e tuttavia non siamo più con noi stessi, perdiamo di vista noi stessi e ci disperdiamo nelle cose esterne. Al contrario, ho potuto vedere che quest'uomo venerabile (San Benedetto) abitava presso di sé, sempre attento e vigile su di sé, si teneva sempre in presenza del suo Creatore, si esaminava senza sosta e non lasciava che lo sguardo della sua anima venisse distratto dall'esterno».
L'insegnamento del Buddha insiste allo stesso modo sulla necessità dell'attenzione: «Coloro che sono attenti hanno già ottenuto la vita eterna, coloro che non sono attenti sono già morti». Ci sarebbe da comporre un'intera antologia su questo tema attingendo a tutte le grandi tradizioni. È la prima differenza capitale dalla vita ordinaria in cui non ci si accorge di essere identificati, confusi, in cui il soggetto è assorbito dall'oggetto, in cui non c'è alcuna discriminazione tra lo 'spettatore' e lo 'spettacolo', tra il testimone e il fenomeno (sensazione, emozione, pensiero).
E il secondo denominatore comune si fonda sul primo, se non ci sono tracce del primo non ce ne saranno del secondo, e rappresenta un atteggiamento radicalmente nuovo rispetto al meccanismo di attrazione e repulsione, «amo, non amo, invidio, non invidio» [...]. Che voi la chiamiate sottomissione alla volontà di Dio o accettazione di ciò che è, di tratta sempre di un atteggiamento insolito, che contrasta con la vita ordinaria. [...]
Ogni volta che ricevete coscientemente un'impressione, che vivete coscientemente una situazione, diminuite il consumo di energia e assimilate molto meglio l'energia ricevuta. [...] Ogni volta che svolgerete questo lavoro sulle emozioni per cui, grazie alla vigilanza, ritornerete a ciò che è e non sarete più trasportati dalle emozioni negative né dipendenti dalle emozioni positive, spingerete più lontano questa alchimia interiore che è la trasformazione dell'energia.
Innanzi tutto risparmiamo l'energia, in seguito la trasformeremo in materia sempre più sottile e infine fisseremo questa materia sottile in noi. [...] Quando non sprechiamo più la nostra energia nelle emozioni ordinarie, nei pensieri ordinari e nei loro meccanismi grossolani, trasformiamo la materia grossolana in materia sottile (da L'audacia di vivere, cap. 2).

Abbiamo iniziato con la consapevolezza del respiro.
Poi la camminata.
Zazen.
In ultimo: l'esercizio sulla consapevolezza delle tensioni del corpo, da sdraiati.

A conclusione della lezione del lunedì, abbiamo continuato a leggere brani tratti dal primo volume dei Saggi sul Buddhismo Zen di Daisetz Teitaro Suzuki (clicca qui).