"Tu non sei i Buddha, e neppure i Buddha lo
sono" (dal Denkoroku)
Un brano tratto dal Denkoroku, uno dei più importanti
testi classici dello zen:
"Punyayashas si fermò davanti a Parshva.
Parshva gli chiese: «Da dove vieni?».
Punyayashas disse: «La mia mente non è in movimento».
Parshva disse: «Dov'è la tua dimora?».
Punyayashas disse: «La mia mente non è ferma».
Parshva disse: «Non sei incerto?».
Punyayashas disse: «Anche i Buddha lo erano».
Parshva disse: «Tu non sei i Buddha, e neppure i Buddha lo sono».
Udendo queste parole, Punyayashas passò tre settimane coltivando la pratica e
realizzò l'accoglimento dell'increato. Disse: «Neppure i Buddha lo sono, e
neppure tu»".
Punyayashas fa l'errore di considerae la
propria mente: proferisce giudizi su di essa, elabora valutazioni intorno al suo
stato. La sua risposta alla domanda di Parshva che gli chiede da dove viene -
"La mia mente non è in movimento" - ci appare troppo affettata, stonatamente
artificiosa. Da un punto di vista intellettuale Punyayashas sembra essere con
tutte le carte in regola. Eccolo che si presenta come colui che ha superato i
dualismi: prima dice che la sua mente è ferma e subito dopo dice che non lo è.
Ma Parshva sente che la sua è una posa, è semplicemente un'etichetta come
un'altra: in questo caso, l'etichetta "zen". Sembra che Punyayashas abbia
sentito qualche discorso di un maestro zen e che lo stia ripetendo come un
pappagallo. Allora Parshva scherza: "Non sei incerto?". È una battuta, ma con un
suo senso. Quello di Parshva è uno scoperchiare l'illusione fondamentale di
Punyayashas. Dove sta la sua mancanza? Cose c'è in lui che ci costringe subito a
sospettare che ci sia qualcosa che non va? Il fatto che sia troppo pieno di
sentenze preconfezionate, di opinioni redatte una volta per sempre e sputate
fuori appena si presenti l'opportunità. È un agire da manuale, con il libretto
delle istruzioni in mano.
Punyayashas crede che basti vestire l'abito dei Buddha, che basti aderire a un
certo linguaggio, a un comportamento particolare, a una filosofia astrusa. Egli
vive attraverso la mediazione di un filtro, attraverso un modello ritenuto
ideale. Dice: ecco i Buddha, erano in un certo modo, agivano seguendo certe
regole. E allora anche io farò così! Invece no: "Tu non sei i Buddha, e neppure
i Buddha lo sono". Non ti incatenare, non ti imbalsamare in un modello. I Buddha
stessi erano quello che erano, perché avevano abbandonato le regole, i principi,
l'aderenza a dettami. I Buddha non erano i Buddha: non erano intrappolati nella
macchietta di se stessi, erano invece completamente svincolati e per questo
liberi, autentici, sciolti.
A commento della realizzazione di Punyayashas, poco dopo si dice nel testo:
"Dimenticò la sua mente e si liberò dai Buddha". Punyayashas praticava
precedentemente attraverso ciò che gli dettava la propria conoscenza e la
propria percezione. Entrare nella propria mente è dimenticare la mente, seguire
il Buddha significa liberarsi dal Buddha. Praticare e realizzare è superare
l'orizzonte della conoscenza e della percezione: esse imprigionano, producono
concetti, idee e giudizi, confondendoli con il percorso di liberazione. È tutto
da rigettare, da abbandonare: lasciare la presa, svuotarsi, farla finita. È un
accogliere, non un conquistare; è un realizzare, non un trasformare. Se lasci la
via della continua valutazione mentale, se ti dai pace, se acquieti il tuo
malato insistere, come potrai non sentire quell'oceano pacifico sottostante,
come potrai non liberarti dai Buddha?
Che imbarazzante prospettiva... Invece di ideali, modelli, regole, morale, ....,
l'increato. Cosa dice? cosa fa? cosa propone? E tu cosa sei? "Neppure i Buddha
lo sono"! Chiedersi ancora cosa si è! Che follia... Che gioco infinito, senza
senso. Oggi sai qualcosa, e domani butti giù tutto per ricostruire. Finché si
resta a quel livello, c'è solo del buon materiale per scriverci un libro.