La cura è la
meditazione: l'esperienza di Jon Kabat-Zinn
di Lawrence Pintak
Dal centro più decaduto e povero della città alla suite di lusso, negli
ospedali e nelle prigioni, i corsi del dott. Jon Kabat-Zinn aiutano migliaia di
persone malate di stress, di rabbia o tossicodipendenti.
John Coolidge era
rimasto solo con la sua mente. Paralizzato e sordo a causa di una malattia del
sistema nervoso, gli occhi di Coolidge erano il suo unico collegamento col
mondo. E ora, per proteggerli, i dottori avevano prescritto che venissero
coperti ogni notte con una garza.
Veniva lasciato in completo isolamento, impossibilitato a sentire,
impossibilitato a muoversi, a udire, a vedere, impossibilitato anche a respirare
senza l’aiuto del respiratore che lo manteneva in vita. Ora ricordando la sua
esperienza, Coolidge dice: "La cosa bella era che la mia mente funzionava
bene. La cosa brutta era che la mia mente funzionava bene".
Durante le lunghe ore della notte, Coolidge giaceva sveglio e solo, troppo
terrorizzato per dormire. Per un altro sarebbe stato come prescrivergli il
panico. Ma John Coolidge sapeva come trovare rifugio nell’unica sensazione
fisica che gli era rimasta, il respiro.
"Mi era stata insegnata una tecnica di meditazione in cui osservi il
respiro: entra l’aria pulita, esce quella impura. Il respiratore muoveva il
mio torace su e giù, ed era l’unica cosa solida che mi fosse rimasta",
ricorda. A Coolidge la semplice azione di concentrare la consapevolezza sul
flusso dell’aria nel suo corpo fornì l’àncora che gli permise di mantenere
la mente sotto controllo.
Consapevolezza, concentrazione e controllo: è il mantra di un movimento che
oggi aiuta migliaia di americani che si trovano ad affrontare dolore e stress
emotivi che, come è confermato anche dalla scienza medica, contribuiscono alla
malattia. Le fondamenta di questo movimento sono state create vent’anni fa da
un microbiologo convinto che la scienza non finisse alla porta del laboratorio.
Interessatosi a fondo da studente alle arti marziali, allo yoga e alla
meditazione Zen, il dott. Jon Kabat-Zinn si rese conto che c’è molto in
comune tra gli yogi buddhisti e i ricercatori occidentali.
"Entrambi investigano la natura della realtà, la natura della mente, la
natura dell’essere umano" dice Kabat-Zinn "e non vedevo una grande
differenza tra i due modi di investigare".
Kabat-Zinn prese un anno sabbatico dalla medicina per guidare il centro Zen di
Cambridge, e più la sua meditazione andava approfondendosi, più si convinceva
del ruolo cruciale della meditazione nel processo di guarigione. Il punto era
provarlo.
"Si trattava di qualcosa di estremamente potente, che nessuno si impegnava
ad esaminare da un punto di vista scientifico", dice Kabat-Zinn, un uomo
massiccio con la faccia da lottatore di strada di Brooklyn. "Ma poi venni a
sapere che la ricerca veniva da anni portata avanti dai meditanti e dagli yogi".
Nel libro di grande successo Full Catastrophe Living, (Meditazione
come terapia, RED edizioni) Kabat-Zinn ha descritto con precisione e
autorevolezza come usare la mente per aiutare il corpo a guarire. "È stato
uno dei primi a ispirarsi alle discipline orientali e a misurarne i risultati da
una prospettiva clinica", spiega Garret Sarley, direttore esecutivo
dell’Omega Institute di Rhinebeck, New York, uno degli stati in cui sono sorti
centri per seminari e ritiri sul funzionamento del corpo-mente. "A un
medico per uscire allo scoperto e creare quel sentiero occorreva molto
coraggio".
La consapevolezza del respiro è il cuore della specificità della medicina del
corpo-mente di Kabat-Zinn. "La presenza mentale è un modo di vivere la
propria vita e di non perdere niente della propria esperienza" afferma,
seduto nel suo ufficio del Center for Mindfulness in Medicine, Health Care and
Society all’UMass Medical Center di Worcester. "Questo genere di
pratiche, come lo yoga consapevole e la meditazione, creano dei risultati sul
corpo in direzione di una maggiore salute e benessere".
Nei vent’anni passati dalla fondazione del Mindfulness Center di Kabat-Zinn,
più di diecimila pazienti, per la maggior parte mandati da medici o da altri
professionisti della salute, si sono sottoposti al suo "programma di
riduzione dello stress". E molti di più hanno partecipato ai corsi nelle
oltre duecento quaranta cliniche per la riduzione dello stress del corpo-mente,
che sono sorte in tutto il mondo sul modello di Kabat-Zinn. Tra i partecipanti
dei corsi che soffrono di svariate malattie croniche e di problemi medici è
frequente un’altissima riduzione dei sintomi fisici ed emotivi, come pure
un’accresciuta capacità di trattare il dolore e lo stress.
Fu in uno di questi programmi di otto settimane che John Coolidge imparò a
osservare il respiro, tre anni prima dell’incidente d’auto in cui il suo
bacino restò schiacciato e innescò l’inizio della sindrome di Guillain-Barre,
un disturbo connesso al trauma che causa una paralisi attaccando il rivestimento
dei nervi.
"Mi
sentivo come se stessi morendo a stadi", ricorda Coolidge, poco dopo essere
stato dimesso da sei mesi di ospedale. "Per tutto il tempo non feci che
meditare a modo mio. I miei parenti vedevano letteralmente diminuire il ritmo
del mio cuore e del mio respiro sui monitor. Si poteva letteralmente vedere il
rilassamento elettronicamente".
Prima che il suo travaglio finisse, Coolidge dovette usare le tecniche per
qualcosa di ben più grave che un semplice controllo dello stress. Quando la
sensibilità lentamente cominciò a tornare negli arti, le iniezioni lombari, i
test in cui degli aghi caricati elettricamente venivano inseriti nei nervi per
rilevarne il ricupero, divennero sempre più dolorose.
"Era come restare agganciato per un’ora a un recinto elettrificato"
ricorda con un fremito. Ancora una volta, Coolidge ricorse alla meditazione sul
respiro. "Mi fu di enorme aiuto per controbilanciare il dolore, di cui
rimani consapevole, senza per questo perdere il controllo del pensiero. Il
dolore o la paura non devono diventare dominanti.
Questo non significa che scompaiano, ma non devono necessariamente esserci solo
loro".
Sarebbe sopravvissuto Coolidge, se non avesse seguito il programma di Kabat-Zinn?
Probabilmente, ma egli ha il sospetto che l’esperienza sarebbe stata molto più
dolorosa. "La meditazione mi permise di concentrare la battaglia che
avveniva in me su zone più produttive," spiega: "potevo combattere la
malattia, la paralisi, la polmonite e non lottare mai contro le circostanze, non
perdendo tempo ad arrabbiarmi".
"Ho visto molti partecipanti del corso diventare più intuitivi, più
capaci di trattare i loro sintomi e talvolta avere effettivamente meno
sintomi" conferma il dott. John K. Zawacki, un gastroenterologo dell’UMass
che ha indirizzato al programma molti pazienti.
Documentare questi cambiamenti è stato uno dei primi obiettivi del Mindfulness
Center.
"Quello che il gruppo ha fatto, e a cui va un plauso, è di aver preso sul
serio la necessità di fare studi a largo raggio ben fatti", dice David
Larsen del National Institute for Healthcare Research con base a Washington, che
ha aiutato a creare corsi di spiritualità in quasi sessanta scuole mediche.
"È davvero riuscito a cambiare la situazione, tanto che ora puoi perfino
trovare delle compagnie di assicurazione che sovvenzionano imprese di questo
genere. È un modello per tutti noi".
Kabat-Zinn e il suo gruppo hanno pubblicato sui maggiori giornali medici più di
una dozzina di studi dettagliati sugli effetti della meditazione di
consapevolezza. Dice Kabat-Zinn: "Se non si fa un resoconto scritto di
queste esperienze nella letteratura medica, in modo scientificamente valido e
che sia riproponibile in ambiti diversi, ci si limiterà a dire: ‘Ho sentito
dire che fanno grandi cose all’UMass Medical Center,’ senza nessun tentativo
di approfondire".
Complessivamente, documentati studi clinici condotti dal Centro hanno verificato
una riduzione dei sintomi dal 29% al 46% tra i partecipanti ai corsi.
Classificandoli per genere di disagio, le persone con malattie di cuore
sperimentano una riduzione dei sintomi del 45%; per la pressione alta si
verifica un 43% di riduzione del sintomo; per il dolore 25%; e per lo stress
31%. Questo è il genere di cifre che attrae l’attenzione degli addetti alla
salute che cercano di contenere i costi. Le compagnie di assicurazione ora si
assumono almeno in parte le spese di circa un quarto dei partecipanti al
programma.
I partecipanti ai corsi di riduzione dello stress non si limitano a sedersi e a
osservare il respiro. Vengono loro insegnati semplici movimenti yoga e viene
presentata una tecnica di "esplorazione del corpo", ripresa dalla
meditazione Vipassana, in cui vengono guidati su diverse parti anatomiche,
spostando il fuoco della consapevolezza.
L’essenziale di tutto il percorso è "essere presenti nel proprio
corpo", come costantemente ricordano gli istruttori agli studenti, allo
scopo di "vedere ciò che accade con più chiarezza e più
direttamente" e quindi consciamente "controllare ciò che è
controllabile e lasciar andare il resto".
"La maggior parte delle persone non ascolta affatto il corpo" afferma
un medico iscritto a un corso di recente. "Sono così indaffarati e presi
da quello che fanno che non pensano a quello che il corpo gli dice che
dovrebbero o non dovrebbero fare".
Ad ogni studente del corso, che si svolge tre ore a settimana per otto
settimane, viene assegnata una serie di audiocassette con meditazioni guidate e
si viene invitati a fare almeno quarantacinque minuti di pratica ogni sera.
I corsi nei quartieri poveri del centro città sono gratuiti per coloro che non
hanno assicurazione e non possono permettersi di pagare, e sono la maggioranza.
Sono inviati dalle cliniche, dai gruppi di sostegno e dai ricoveri della città.
I trasporti gratuiti e la custodia dei bambini incoraggiano la partecipazione.
Gli istruttori fanno telefonate frequenti e continuative a quelli che mancano ai
corsi, che vengono tenuti anche in spagnolo.
"Possiamo usare la meditazione per essere presenti alla situazione che
viviamo e usare la consapevolezza per spezzare le nostre catene", spiega
l’istruttrice Melissa Blacker, una psicologa che prima di far parte del
Mindfulness Center svolgeva attività di sostegno per il lutto.
Ma ci si riesce? C’è un punto in cui il peso da portare è troppo gravoso?
Chiarisce Kabat-Zinn: "In otto settimane non pretendiamo che le persone
arrivino fino in fondo a qualcosa. Ma gran parte del nostro lavoro consiste nel
piantare semi. Anche se abbandoni il corso, ma hai sentito dire da qualcuno:
‘Ho fatto la tal cosa e il dolore è sparito’ oppure: ‘Ho risposto in modo
positivo a una situazione molto difficile’, questo può cambiarti la
vita".
Un programma di addestramento alla consapevolezza, della durata di quattro anni,
che Kabat-Zinn e il suo gruppo svolgono nell’istituzione carceraria del
Massachusetts ha portato a rilevanti diminuzioni del livello di ostilità e di
confusione tra i detenuti che partecipavano al corso, questo finché il
finanziamento non fu tolto nel bel mezzo della campagna elettorale dello stato
nel 1996.
"Lo Stato ha speso un sacco di soldi per lo yoga ai carcerati "
recitava il titolo di testa del Boston Herald che ha affondato il programma.
Il giornale riportò: "Uno studio ha dimostrato che il programma in pratica
non valeva niente". Kabat-Zinn ricorda tristemente: "Non abbiamo
potuto rispondere, perché allora non avevamo ancora proceduto a
un’elaborazione dei dati". La risposta dettagliata sarà presto
pubblicata su uno dei maggiori giornali di giustizia criminale. Sulla base di
mille prigionieri che hanno preso parte al corso, il gruppo di lavoro ha
documentato un aumento del 38% nell’autostima e un 9% di caduta dell’ostilità
tra le donne, e un 28% di aumento dell’autostima e una diminuzione del 7%
dell’ostilità tra gli uomini.
"La conseguenza più importante è che, se sei meno ostile, è meno
probabile che tu ti sfoghi sugli altri", spiega con entusiasmo Kabat-Zinn
"e, se hai più fiducia in te stesso, può essere più probabile che tu
trovi un lavoro anziché rubare e drogarti, il che alla fine si traduce in una
riduzione della percentuale di recidività".
Seduto nel suo ufficio all’ospedale, decorato con diplomi medici e mandala,
Kabat-Zinn, con lo sguardo sul cuscino di meditazione, riflette sui vent’anni
dedicati alla medicina del corpo-mente: "Crea una sorta di sobria
eccitazione pensare che questi due diversi mondi si siano incontrati. Ancora non
è stato scritto il libro su quanto in definitiva è possibile fare".
La meditazione di consapevolezza ha le sue radici in un’antica tradizione
probabilmente estranea alla maggior parte degli americani, ma quello che hanno
fatto Kabat-Zinn e altri come lui è di ricondurla a un’essenza comprensibile
a tutti. "È il cuore delle pratiche meditative buddhiste, il cuore delle
pratiche Sufi, il cuore di tutte le pratiche spirituali", afferma.
"Facciamo riferimento a qualcosa che vive nel cuore, non da qualche parte
nella storia".
È Buddhismo o come pretendono alcuni critici un ennesimo esempio di Buddhismo
diluito? "Non stiamo cercando di formare buddhisti", insiste
Kabat-Zinn, i cui istruttori vengono da background che includono il Buddhismo,
come il Sufismo, lo Yoga e la Teosofia. "Cerchiamo di cogliere la
fondamentale legge universale che proviene dalla tradizione buddhista e di
vedere se sia valida nelle nostre vite di normali americani, che non sono
interessati a diventare qualcosa d’altro, ma che possono essere molto
interessati a diventare chi realmente sono".
Il che significa, dice, che i suoi clienti arrivano con una serie di aspettative
molto diverse. "Nessuno di loro arriva con il bagaglio che le persone
spesso portano con sé a un centro di meditazione, del tipo: ‘Mi illuminerò’
o ‘Mi siederò ai piedi del guru’. La gente viene a causa della sua
sofferenza, più semplice di così!".
Kabat-Zinn lo chiama Dharma americano: "Ho sempre pensato che stia
arrivando il momento di fare delle pratiche buddhiste qualcosa che rientri nel
senso comune e che faccia parte del repertorio americano, di modo che non siano
considerate pratiche straniere, né asiatiche, ma americane".
"Jon è un ottimo esempio di persona che lavora duramente per essere
traduttore, nel vero senso del termine, senza annacquare l’insegnamento",
afferma Sharon Salzberg, co-fondatrice dell’Insight Meditation Society.
"Qualcuno può sentirsi attratto dall’insegnamento buddhista per
risolvere un problema di mal di testa, per poi scoprire altre cose di sé, della
capacità della sua mente o della sua abilità di provare compassione. Può
essere più trasformante di quanto abbia mai immaginato, ma il contatto iniziale
ha avuto a che fare con la salute".
E anche se alcuni studenti continuano a dedicarsi a studi più avanzati delle
pratiche buddhiste, è un fatto che per molti gli insegnamenti vengono ridotti
all’essenziale, il che li rende più preziosi.
"È meraviglioso avere una pratica, sedere su un cuscino, e ricavarne tutto
quanto ti è possibile", osserva Friedman, un altissimo dirigente
aziendale. "Ma per me il vero pregio sta nell’integrare tutto questo
nella vita quotidiana".
"Mi entusiasma il fatto che il respiro sia qualcosa che sta sempre con
me", conviene Janet, una casalinga del Massachusetts. "Che io non
abbia bisogno di una borsa in più per portarlo, che non abbia bisogno di
pagare, né di chiedere qualcosa a qualcuno per respirare. È uno strumento che
ho qui con me e a cui posso fare ricorso ogni qual volta ne abbia bisogno".
John Coolidge, il cui respiro l’ha aiutato a sopravvivere all’isolamento
della paralisi, può testimoniarlo.
Lawrence Pintak è un giornalista che si occupa di tematiche riguardanti le
relazioni tra corpo, mente e spirito. Lo ringraziamo vivamente per aver
consentito la traduzione di questo suo articolo apparso su: Shambala Sun,
settembre 1999.