'Consapevolezza' è la parola chiave per quanto riguarda
la meditazione. La pratica meditativa, se rettamente attuata, deve condurre ad
un accrescimento della consapevolezza.
Viviamo continuamente in uno stato di distrazione: ci spostiamo da una camera
all'altra e non ci ricordiamo più cosa dovevamo fare, siamo in auto e pensiamo
a quello che ci aspetta in ufficio, pranziamo e rimuginiamo la discussione che
abbiamo avuto la mattinata, ecc.
La meditazione invece è la coltivazione dello stato di attenzione. Non
un'attenzione contratta, coatta, che costringa ad una patologia concentrazione
perpetua; bensì un'attenzione pacifica e pacificata, lucida, ma distesa,
silenziosa e presente.
Abbiamo letto qualche passo dal Satipattana Sutta:
"E ancora, monaci, un monaco, quando cammina, sa
«sto camminando»; quando è fermo, sa «sto fermo»; quando si siede sa «sono
seduto»; quando giace sa «sto giacendo»; o comunque sia atteggiato il corpo,
ne è cosciente.
...
E ancora, monaci, un monaco, nell'avanzare e nel tornare indietro, applica la
chiara comprensione; nel guardare e nel distogliere lo sguardo, applica la
chiara comprensione; nel chinarsi e nell'estendersi, applica la chiara
comprensione; nell'indossare l'abito e nel portare la ciotola, applica la chiara
comprensione; nel mangiare, nel bere, nel masticare e nel gustare, applica la
chiara comprensione; nell'adempiere alle funzioni naturali, applica la chiara
comprensione; nel camminare, nello stare in piedi, nel sedersi,
nell'addormentarsi, nel destarsi, nel parlare e nel tacere, applica la chiara
comprensione".
'Chiara comprensione' significa avere la piena
cognizione della situazione in cui si è nel momento presente. Cogliere il 'qui
ed ora', essere unificati con essi: la presenza mentale conduce all'essere
semplicemente presenti al momento che ci chiama, senza ulteriori filtri,
pensieri o fantasticherie.