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"Un monaco chiese a Lung-ya: «Che cosa raggiunsero gli antichi maestri quando entrarono nella fase finale?». «Erano come scassinatori che si introducono di soppiatto in una casa vuota», fu la risposta". Qui il monaco pensa ai maestri come a dei
personaggi dalle capacità straordinarie, come individui completamente separati
dalle persone 'normali'. Per di più egli vuole raggiungere la comprensione
finale, essendo però ancora a una fase precedente: è impaziente, pretende di
arrivare (ma dove?). Camminò sulla lama di una spada; Ma attenzione: qui si tratta di metafore,
no? Cioè non cadiamo nell'errore di intendere il tesoro come 'qualcosa': così
facendo, cadremmo nello stesso errore del ladro. Non si tratta di un gioiello
che non trovi nella casa che sei andato a svaligiare e che poi scopri essere in
qualche angolo del tuo appartamento: no, si tratta di una casa vuota e
nient'altro! Altrimenti il personaggio della poesia non riuscirebbe a
contemplare i raggi del sole mattutino, la luna, le stelle...: starebbe lì in
casa, succube del suo gioiello (il suo tesoro), contemplandolo dall'alba al
tramonto. Il fatto che qui ci sia il riferimento al sole del mattino, alla luna
e alle stelle della notte significa l'eliminazione di qualsiasi atteggiamento
totemico, idolatra: non una cosa o un fenomeno da contemplare, da preferire, di
cui partecipare pienamente, ma l'intero flusso della realtà da vivere nella sua
sinfonica bellezza. Quando c'è l'alba godi di essa, quando arrivano le stelle
godi di esse, e così via. Non puoi fare altro. Cosa vorresti? Pensare alle ferie
appena scorse durante le ore in ufficio?! Che mente in schiavitù! Ed è
altrettanto significativo che si parli - nell'ultimo verso - di tesori al
plurale. Il solito discorso: li possiedi non perché ne fai collezione, bensì
perché riesci a fruirne liberamente. Cogli la bellezza anche della loro
impermanenza e quindi della loro preziosità.
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