"Tutto nasce dalla spaziosità dello sperimentare" (Charlotte Joko Beck)
"Tutto nasce dalla spaziosità dello sperimentare" (Charlotte Joko Beck)
Continuiamo a leggere da Niente di speciale. Vivere lo zen di Charlotte
Joko Beck:
"Studente Cercare di mantenere la consapevolezza mi dà
ansia. Joko Il tentativo di voler mantenere la consapevolezza è un pensiero.
Parliamo di consapevolezza, e subito è trasformata in qualcosa di
speciale. Se non pensiamo [...] il corpo si rilassa e possiamo udire e notare
tutto ciò che c'è. In quel minuto di sospensione del pensiero, siamo
consapevoli. La consapevolezza non è qualcosa che dobbiamo cercare di essere, è
l'assenza di qualcosa. [...]
La consapevolezza è la nostra vita quando non stiamo facendo qualcos'altro.
[...] Studente Forse la differenza tra i pensieri ordinari in cui crediamo e la
consapevolezza è che un pensiero a cui diamo fede non è mantenuto nella
consapevolezza, non è riconosciuto come un semplice pensiero. Joko Esatto. Non è visto come un semplice frammento di energia. Lo
consideriamo reale e ci crediamo. Così a guidare lo spettacolo è quel pensiero,
e non la consapevolezza come invece dovrebbe essere. [...]
Non possiamo star male se la mente non ci porta via dal presente, nei pensieri
irreali. Star male significa star fuori. Abbiamo trascurato qualcosa e siamo
come un pesce fuor d'acqua. Se siamo presenti, totalmente consapevoli, è
impossibile che sorgano pensieri come «Ah, che vita tremenda! Così priva di
senso!». Se sorgono, significa che abbiamo tralasciato qualcosa. [...]
Tutto nasce dalla spaziosità dello sperimentare, dal mantenere i sensi aperti.
[...] Nella vita abbiamo un luogo dove riposare, un luogo in cui collocarci per
funzionare bene. Questo luogo di riposo [...] è semplicemente qui e ora: vedere,
udire, toccare, odorare, gustare la vita così com'è. [...]
Questa è la pratica di cui abbiamo bisogno. Alla minima irritazione, la prima
cosa da fare non è cercare di risolverla col pensiero, ma chiedermi
semplicemente: «Sto ancora sentendo le automobili nella strada?». Se fondiamo
bene un senso, ad esempio l'udito, li abbiamo fondati bene tutti, perché tutto
funzionano assieme nel momento presente. Una volta ristabilita la
consapevolezza, sapremo cosa fare nei riguardi di quella situazione. L'azione
che sgorga dall'esperienza desta è quasi sempre soddisfacente. Funziona.
[...]
Ogni istante della vita è assoluto. È esattamente quello che c'è. Non c'è niente
al di fuori del momento presente; non c'è passato, non c'è futuro, c'è soltanto
questo. Se non diamo attenzione a ogni minuscolo questo, perdiamo
la totalità. Questo può essere qualunque cosa. Questo può essere
stendere la stuoia sotto il cuscino, tagliare una cipolla, andare a trovare una
persona che non vorremmo vedere. Non importa il contenuto del momento, ogni
momento è assoluto. In esso c'è tutto quello che c'è, e che ci sarà sempre.
[...] Supponiamo che sia stata condannata alla ghigliottina. Sto salendo i
gradini del patibolo. Posso mantenere l'attenzione al momento? Posso essere
consapevole di ogni passo, uno dopo l'altro? Posso sistemare per bene la testa
nella tacca per facilitare il compito al boia? Se sono capace di vivere e di
morire così, non ci saranno problemi.
I problemi nascono quando subordiniamo questo momento a qualcosa di diverso, ai
pensieri egocentrici: non solo questo momento, ma ciò che vorrei. Per
tutto il giorno applichiamo al momento le nostre preferenze personali, e così
nascono i problemi. [...]
È un errore credere che la soluzione sia che io faccio attenzione. Non 'io
scopo il pavimento', 'io taglio le cipolle', 'io guido la
macchina'. Anche se va bene in uno stadio preliminare, questa modalità conserva
il pensiero egocentrico nel definire se stessi come un 'io' al quale si presenta
un'esperienza. Quando si comprende più profondamente, c'è semplice
consapevolezza: solo sperimentare, sperimentare, sperimentare. Nella pura
consapevolezza non c'è frattura, non c'è spazio in cui possano nascere i
pensieri egocentrici" (pp. 111-112, 116-117, pp. 122-123).