"Ci sono due tipi di pratica" (Charlotte Joko Beck)
"Ci sono due tipi di pratica" (Charlotte Joko Beck)
Continuiamo a leggere da Niente di speciale. Vivere lo zen di Charlotte
Joko Beck:
"Mentre sediamo, è essenziale mantenere la massima
immobilità. Essere consapevoli della lingua nella bocca, dei bulbi oculari,
dell'irrequietezza delle dita. Se le dita si muovono, è importante esserne
consapevoli. Quando nasce lo stimolo a pensare, ci sono dei movimenti nei bulbi
oculari. I modi per sfuggire a noi stessi sono estremamente sottili. L'assoluta
immobilità è un'istruzione restrittiva e sgradita. [...] Dopo un po' che sono
seduta, voglio fare qualcosa, mettere in ordine qualcosa, occuparmi di qualcosa.
Non dobbiamo diventare rigidi e duri, ma semplicemente mantenere l'immobilità
per quanto ci è possibile. Essere semplicemente ciò che siamo è l'ultima cosa
che vogliamo.
Tutti abbiamo forti desideri: la comodità, il successo, l'amore,
l'illuminazione, la buddhità. I desideri si presentano e ci mettiamo al lavoro,
tentando di trasformare la vita in qualcosa di diverso da ciò che è. Perciò
l'ultima cosa che vogliamo fare è rimanere immobili. Nell'immobilità assoluta
diventiamo consapevoli del nostro scarso interesse a essere ciò che siamo in
questo preciso istante. È una seccatura, non ci va di farlo. Il maestro Rinzai
ha detto: «Non sprecate un solo pensiero nella ricerca della buddhità». Ciò
significa essere ciò che già siamo, momento per momento, attimo per attimo.
Questo è tutto ciò che ci serve, ma il desiderio va sempre all'inseguimento di
qualcosa. Vogliamo vedere alcuni esempi di cose che inseguiamo mentre siamo
seduti? Studente Stare comodo. Studente Cercare di fermare i pensieri. Joko Cerchiamo di fermare i pensieri invece di essere consapevoli dei
pensieri.
[...] Studente Pace. Studente Essere più svegli, meno addormentati. Oppure sbarazzarci della
rabbia: «Se mi sbarazzo della mia rabbia, sarò più vicino alla buddhità».
Joko [...] Se non avessimo alcun pensiero di inseguire la buddhità, come
saremmo? Studente Senza attaccamenti. Joko Senza attaccamenti e disposti a essere... Studente ... chi siamo e dove siamo. Joko Sì, chi siamo e dove siamo, esattamente qui e precisamente adesso.
Sediamo, e siamo disposti a farlo per circa tre secondi; poi arriva
immediatamente il desiderio di muoverci, di agitarci, di pensare, di fare.
In termini più semplici possibile, ci sono due tipi di pratica. Il primo cerca
di migliorare se stessi. Accresciamo la nostra energia, ci nutriamo meglio,
seguiamo vari sistemi di purificazione, ci sforziamo di avere una mente chiara.
Molti pensano che l'illuminazione sia il prodotto di questi sforzi, ma non è
così. [...]
Dal punto di vista del secondo tipo di pratica, invece, l'idea di trasformarci
in qualcosa di diverso e di migliorare è un controsenso. Perché? Perché essere
così come siamo è perfetto. Ma non ci sentiamo perfetti così come siamo, e di
qui la confusione, la scontentezza, la rabbia. L'affermazione che siamo perfetti
così come siamo non ha alcun senso per noi.
Vediamolo sotto un altro aspetto. Se siamo consapevoli dei nostri pensieri, essi
tendono a scomparire. Non ci può essere consapevolezza del pensiero senza che il
pensiero inizi a chiudere bottega, a scomparire. Un pensiero è semplicemente un
puntino di energia, ma noi vi sovrapponiamo le nostre credenze condizionate alle
quali cerchiamo di stare attaccati. Se li guardiamo con consapevolezza
impersonale, i pensieri scompaiono. Se guardiamo una persona, scompare anche
lei? No, resta. Questa è la differenza tra la realtà e la visione illusoria
della realtà che alimentiamo vivendo nei pensieri. Osservate a fondo, una rimane
e l'altra scompare. La versione personale della vita si dissolve. Noi vogliamo
semplicemente una vita reale, il che è diverso da una vita santa.
Tutti siamo attirati dal primo tipo di pratica: vogliamo diventare diversi da
ciò che siamo. Pensiamo che, facendo una sesshin [periodo di diversi giorni
dedicato totalmente alla pratica], ci rimodelliamo in qualcosa di migliore.
Anche con una maggiore comprensione, resta profondamente in noi il desiderio di
qualcosa di diverso da ciò che c'è. Non occorre sbarazzarci dei pensieri, ci
basta continuare a osservarli, ancora e ancora. Se li osserviamo, svaniscono nel
nulla. Tutto ciò che svanisce nel nulla non è così reale. La realtà non scompare
per il semplice fatto che la osserviamo" (pp.108-110).